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“Torri, Checche e Tortellini”: quanto è stata avanti Bologna negli anni Ottanta

Sarà visibile gratuitamente fino al 29 marzo il documentario di Andrea Adriatico dedicato alla nascita e alle attività del Cassero, storico locale bolognese. “È la storia di una città che improvvisamente decise di investire sui diritti”

Giuseppe Fantasiadi Giuseppe Fantasia   
La locandina di 'Torri, Checche e Tortellini'
La locandina di "Torri, Checche e Tortellini"

In questi momenti di reclusione e difficili per tutti, oltre ad andarsene per sempre un’icona gay (anche se lui avrebbe detestato sia il termine “icona” che “gay”) come Alberto Arbasino due giorni prima del compleanno di un’altra icona - la neo ottantenne Mina - continuano ad essere ovviamente rimandati o cancellati appuntamenti su appuntamenti, dai saloni letterari ai giorni del Pride, dai festival cinematografici alle uscite dei film nelle sale. Dobbiamo restare a casa, questa è la regola, e uscire solo per motivi urgenti e in caso di necessità. Leggere un libro o vedere un bel film può essere una soluzione, e tra questi, vi segnaliamo la bella iniziativa fatta dalla casa di produzione Cinemare che ha deciso di dare a tutti la possibilità di conoscere un’altra pagina importante della storia dei diritti civili. Come?

Torri, checche e tortellini

Rendendo visibile su vimeo il film di Andrea Adriatico, Torri, checche e tortellini, un documentario che scompaginando sin dal titolo la celebre vulgata turistico-comunicativa di Bologna, le cosiddette “tre T” (torri, tette e tortellini), va a raccontare una pagina storica del movimento LGBT italiano. Diretto dall’aquilano Andrea Adriatico – lo stesso regista de Gli Anni Amari, di cui già vi parlammo pochi mesi fa su queste pagine  - è la storia di tante persone che hanno creduto e continuano a credere in una sorprendente avventura: la nascita del Cassero, il primo centro italiano LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) sorto a Bologna in un edificio monumentale concesso dal Comune. Il “Cassero di Porta Saragozza”, su cui dal 1982 ha cominciato a sventolare la bandiera LGBT, diventò subito leggendario, in Italia e in tutta Europa grazie e soprattutto alle numerose attività culturali e politiche che andarono ad intrecciarsi ad un’idea diversa di aggregazione e socialità, senza dimenticare con il suo gruppo teatrale en travesti di travolgente e delirante.

La storia del Cassero, primo locale LGBT d’Italia

Il cassero è il primo centro italiano Lgbt sorto a Bologna in un edificio monumentale concesso dal Comune grazie all'eccezionalità, ma anche alla pervicacia, con cui il partito comunista bolognese mostrò sensibilità in una insolita battaglia per i diritti civili. La storia, vuole che nel 1978 venne fondato nel capoluogo emiliano il “Circolo di cultura omosessuale 28 giugno“, sull’esperienza nata negli anni precedenti dei movimenti di liberazione omosessuale. Poi la svolta nel giugno del 1982 quando il Comune di Bologna concesse la sede di Porta Saragozza, una delle porte medioevali della città, ad una realtà associativa gay e lesbica, a cui le altre città italiane seguiranno con qualche anno di ritardo.

Eva Robins

Il documentario

“Racconto senza nostalgia, e attraverso frammenti video del passato pressoché inediti e nascosti, il Cassero del ‘900, cioè fino a quando non si trasferisce alla Salara nel 2002 e il Cassero di Porta Saragozza diventa il Museo della Beata Vergine della Madonna di San Luca”, ha spiegato il regista.  A compiere l’impresa culturale più “rivoluzionaria” degli anni ottanta furono i giovani assessori del Pci Walter Vitali e Sandra Soster, ma anche i primi protagonisti che fecero subito diventare quel luogo un concentrato di elaborazione politica e ancor di più culturale: i primi presidenti del circolo 28 giugno che ebbe in gestione la struttura - Marco Barbieri, Beppe Ramina e Diego Scudiero - giornalisti come Domenico Del Prete, intellettuali come Stefano Casi - che fondò il primo Centro di Documentazione Omosessuale in Italia proprio al Cassero di Porta Saragozza - e i tanti attivisti che diedero vita ad una stagione senza precedenti – su tutti, il direttore artistico “la Cesarina”, al secolo Stefano Casagrande - facendo diventare Bologna una meta ambitissima anche dagli omosessuali di ogni parte d’Italia. Nel film non mancano poi testimonianze straordinarie, come una lettera su Bologna di Mario Mieli, grande ideologo del primo movimento omosessuale italiano morto suicida nel 1983, le cui parole sono interpretate da Eva Robin’s, o la toccante attualizzazione cui si è prestato uno scrittore come Marcello Fois nel rileggere un fondo pubblicato da Roberto Roversi su l’Unità in quel fatidico 1982.

Torri, checche e tortellini, è la storia di un momento importante del movimento LGBT, quando si passò dalla rivolta alla rivendicazione di spazi pubblici. E’ la storia di una città, che improvvisamente decise di investire sui diritti. È on line gratuitamente fino a domenica 29 marzo.

 

Giuseppe Fantasiadi Giuseppe Fantasia   
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