Gli Stati Uniti, l’Ucraina e quella sottile linea “russa” che minaccia i diritti LGBTQI+
In Florida e in Texas cresce l’omotransfobia con proposte di legge volte a minacciare pesantemente la comunità LGBTQI+. Le reazioni della casa Bianca, di Trump che annuncia di ricandidarsi e della Clinton che non demorde
C’è una sottile linea “russa” che unisce e coinvolge una parte degli Stati più conservatori americani, alla base dei quali c’è un forte sentimento di odio e di persecuzione contro la comunità LGBTQI+ che non sembra affatto affievolirsi, soprattutto da quando Putin ha deciso di invadere l’Ucraina. Per molti attivisti, si tratta di una vera e propria crociata transfobica e anti-LGBT che ricorda quanto già fatto dallo ‘statista’ russo nel suo Paese e che in Ucraina rischia adesso di stravolgere i progressi fatti proprio nel mondo dei diritti gay. Nel 2021, infatti, Kiev aveva ospitato un partecipatissimo Pride e ogni anno si teneva la conferenza nazionale LGBTQI+ oltre alla presenza nel paese di molti movimenti di attivisti. Anche lì, poi, si stava lottando per una legge contro l’omotransfobia e adesso, con la Russia alle porte, l’intera comunità si sente minacciata e tutto sembra vano, ma “il nostro obiettivo – scrivono molti di loro sui social – (e non è soltanto il loro), “è sopravvivere”. “Almeno per ora”.
Florida e Texas: dalla proposta 'Don’t Say Gay' alle cure per l’affermazione di genere
Tornando agli Stati Uniti, l’omo-transfobia avanza in Florida, dove il senatore Dennis Baxley ha fatto una proposta di legge - conosciuta come “Dont’Say Gay” - volta a vietare le discussioni sulla sessualità e sulle questioni di genere nelle scuole, oltre a mettere in pericolo la salute mentale degli studenti che non hanno ancora fatto coming out con i genitori, ai quali potrà essere rivelato anche contro la loro volontà. Nelle ultime ore, la Casa dei Rappresentati della Florida ha deciso di approvarla ed è l’ultimo passo che mancava affinché quel disegno possa essere messo in atto ed essere attivo dal prossimo anno accademico.
Anche in Texas, la situazione non è da meno. Lì, il governatore Greg Abbott ha ufficialmente ordinato indagini approfondite sulle cure per l’affermazione di genere, perché per lui le procedure mediche per i giovani transgender sarebbero paragonabili agli abusi sui muri, e come tali andrebbero trattate. “Poiché il Dipartimento della famiglia e dei servizi di protezione (DFPS) del Texas è responsabile della protezione dei bambini dagli abusi – si legge in una sua nota diffusa ufficialmente - con la presente invito la vostra agenzia a condurre un’indagine tempestiva e approfondita su tutti i casi segnalati di queste procedure abusive nello Stato del Texas”.
“Tutti i professionisti autorizzati che hanno contatti diretti con bambini che potrebbero essere oggetto di tali abusi, inclusi medici, infermieri e insegnanti – aggiunge - dovrebbero denunciarlo immediatamente o incorrere in sanzioni penali”. A finire nel mirino di queste indagini saranno i medici, gli stessi ragazzi, ma anche i genitori che permettono o permetteranno ai figli di sottoporsi a questi trattamenti. E ovviamente loro: la popolazione transgender, perché sono i primi a fare trattamenti medici avanzati e cure ormonali. Le dichiarazioni di Abbott hanno messo in allarme gli attivisti, perché ritengono che ci sia il rischio che tutto ciò si trasformi in una legge contro i trattamenti per l’affermazione di genere.
Le reazioni della Casa Bianca, il ritorno di Trump e la difesa dell’Ucraina di Clinton
“Le famiglie dovrebbero avere il diritto di cercare un’assistenza sanitaria che consenta ai giovani di vivere una vita sana e realizzata”, è stata l’immediata risposta della Casa Bianca. “I funzionari conservatori del Texas e di altri stati del paese dovrebbero smettere di inserirsi nelle decisioni sanitarie che creano inutili tensioni tra i pediatri e i loro pazienti. Nessun genitore dovrebbe affrontare l’agonia di un politico che ostacola l’accesso alle cure salvavita per i propri figli”.
Nel frattempo - restando sempre oltre Oceano, in particolare in Florida – nei giorni scorsi sono arrivate anche le dichiarazioni di Donald Trump, che nell’annunciare la sua ricandidatura per le presidenziali del 2024 dal palco della Conservative Political Action Conference di Orlando, è tornato a parlare di Putin. Lo aveva definito “un genio” poche settimane fa e adesso ha ribadito “che non è lui che non è intelligente, ma che i nostri leader sono stupidi”. “Con me alla presidenza – ha aggiunto - non sarebbe mai successo. Per me sarebbe stato facile mettere fine a quello che sta accadendo, a questa farsa, perché sono l’unico presidente del 21mo secolo durante il quale la Russia non ha invaso un altro Paese”. Una dichiarazione che non ha bisogno di commenti.
A sostenere la causa Ucraina c’è Hillary Clinton che attacca i repubblicani tra cui solo uno - Kevin McCarthy, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della California – ha definito Putin “un uomo autoritario che desidera ardentemente un impero” e che, pertanto, “va fermato”. “In qualche modo – dice Clinton – i repubblicani lo vedono a loro affine, perché Putin si presenta come un leader di potere, con alcuni valori a loro analoghi come l’omotransfobia e la poca voglia di democrazia.
Questo è straziante ma anche pericoloso, e penso che sia arrivato il momento affinché chi abbia ancora un po’ di senso nel Partito Repubblicano dica, “OK, aiutateci a difendere l’Ucraina contro Putin’, per replicare a quelle persone che nella politica, nel governo, nei media e altrove nel nostro Paese stanno letteralmente appoggiando e confortando a un nemico della libertà e della democrazia. Non si può continuare a giocare con l’ambizione non solo di Putin, ma anche del presidente cinese Xi Jinping di minare la democrazia, dividere e conquistare letteralmente l’Occidente senza mai invaderci, ma mettendoci l’uno contro l’altro”.