Minnie indossa i pantaloni ed è subito polemica
Uno dei personaggi iconici della Disney cambia look per il mese dedicato alle donne ma non piace a tutti
“Volevo i pantaloni”. Nel 1989 uscì in Italia per Mondadori un libro con questo titolo dell’allora esordiente Lara Cardella, uno di quelli destinato a far parlare di sé e a divenire, nel giro di poco tempo, un best-seller internazionale. In quelle pagine si narrava la tormentata adolescenza di una giovane siciliana che cercava di emanciparsi da un ambiente chiuso e oppressivo in cui le donne – completamente succubi del marito e dei parenti maschi – erano bollate come prostitute quando indossavano i pantaloni. Prima di quella data, tra l’altro, nel 1961, il cardinale Siri, arcivescovo di Genova, si era scagliato contro l’uso femminile “del vestito degli uomini”, che “cambiava la psicologia”, affondando “verso il basso” i rapporti tra uomo e donna. Fino agli anni Settanta la riprovazione verso le ragazze che portavano quel capo “peccaminoso” era diffusa in quasi tutto il territorio italiano, ma non nei paesi di lingua anglosassone, molto più disinvolti in fatto di abbigliamento e non solo. A distanza di anni, però, si torna a discutere (purtroppo) sull’argomento e questa volta per ‘colpa’ di Minnie. Sì, proprio lei, l’eroina dei fumetti creata da Walt Disney che in occasione del trentesimo anniversario del parco divertimenti Disneyland Paris, si è mostrata sul profilo ufficiale Instagram in una nuova veste. Pardon, con nuove vesti: con i pantaloni, appunto.
L’outfit gender fluid firmato Stella McCartney
Un nuovo outfit gender fluid per la Topolina più amata al mondo creato appositamente per lei dalla stilista britannica Stella McCartney. Un tailleur pantalone su fondo blu navy, decorato da pois neri. “Volevo che Minnie indossasse il suo primo completo pantalone a Disneyland Paris” - ha spiegato la stilista – “quindi ho disegnato uno dei miei costumi iconici, uno smoking blu, utilizzando tessuti di provenienza sostenibile e responsabile”. McCartney le ha regalato così una nuova interpretazione dei suoi caratteristici pantsuits rendendola simbolo del progresso di una nuova generazione e sarà proprio lei ad indossarlo nel parco a tema, tra qualche giorno, a marzo, in onore del mese delle donne.
Le reazioni
Una scelta “très chic”, è stato il commento di Hillary Clinton, ma non la pensa come lei Candance Owens, conduttrice e commentatrice del canale conservatore Fox News per cui i pantaloni di Minnie “distruggono i fondamenti della nostra società”. “Stanno togliendo tutte quelle cose da cui nessuno si sente offeso – ha aggiunto – le eliminano e le distruggono solo perché si annoiano”. Il suo è stato in attacco indiretto ai liberali woke che starebbero eliminano, ai fini del politically correct, tutti quegli elementi che potrebbero risultare problematici o offensivi.
Minnie: la storia
La sua prima apparizione avvenne proprio nel classico corto animato Steamboat Willie del 1928, dove viene introdotta in contemporanea col protagonista Mickey Mouse; in seguito, attraversando fasi alterne di popolarità e di assiduità nei fumetti, è sempre stata un punto fisso nelle avventure di Topolinia, soprattutto grazie alla sua caratterizzazione sempre delicata, gentile, mai troppo ingombrante.
Curiosità
Chi torna a fare questa polemica inutile, dimentica erroneamente che i pantaloni sono nati più di duemila anni fa grazie ai nomadi delle steppe euroasiatiche che – vivendo gran parte della loro vita a cavallo – necessitavano di robusti gambali, a quanto pare indossati sia da uomini che da donne. Da queste popolazioni barbare nacque probabilmente il mito delle leggendarie Amazzoni, rappresentate nella ceramica ellenica con una sorta di tuta aderente che copriva gambe e braccia, moda che nella realtà non fu mai imitata dai greci, che preferivano di gran lunga la sottana per ambo i sessi. Bisogna arrivare ai romani perché i calzoni entrassero nel guardaroba maschile nostrano: quando infatti varcarono le Alpi, i fieri conquistatori del mondo rimasero talmente sbalorditi dal primo impatto con i guerrieri del nord vestiti con strani tubi che coprivano le gambe, che li chiamarono “Galli bracati”, e – se pur con molta diffidenza – finirono per adottare il nuovo indumento proibendolo però a fanciulle e matrone. Non è chiaro per quale motivo le antiche società occidentali – al contrario di quelle orientali – vedessero nell’uso dei pantaloni da parte della donna un intollerabile tentativo di appropriarsi non solo di un modo di vestire, ma anche di prerogative e privilegi squisitamente maschili: forse i nostri antenati – in memoria delle Amazzoni – temevano cosa gli sarebbe successo se l’altra metà del cielo avesse potuto mettere le mani su armi e calzoni. A sancire il divieto fu anche un versetto del Deuteronomio, il quinto libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana che al capitolo 22 recita: “La donna non porti indosso abito d’uomo (…): chiunque fa tali cose è in abominio al Signore Iddio tuo”. Durante il Medioevo, mentre l’abito maschile si accorciò fino a mostrare cosce e perfino glutei, quello femminile rimase giocoforza ancorato alla tradizione del lungo. La stessa Giovanna d’Arco venne mandata al rogo anche per la sua ostinazione a vestirsi da maschio. Insomma, corsi e ricorsi storici, ma per restare in tema, davvero basta con il fuoco. Tornando a Minnie, perché tutto è partito da lì, bisogna poi ribadire che i pantaloni li indosserà solo nel mese dedicato alle donne e che non sarà quello il suo look per sempre. Pertanto, ci la pensa diversamente e in maniera un po’ bigotta, potrà continuare a fare sonni tranquilli, ma – soprattutto – dovrà cercare di sforzarsi di consentirlo anche a tutti gli altri.