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"Costruire il resort Rigopiano nel canalone è stato un gravissimo errore". Il parere degli esperti

Il professor Chiaia dell'Ingv: "Aggiornare il Piano idrogeologico". L'ingegnere delle valanghe Pignatelli: "Si faccia subito anche il piano antivalanghe"

Antonella A. G. Loidi Antonella Loi   
'Costruire il resort Rigopiano nel canalone è stato un gravissimo errore'. Il parere degli esperti

Una tragedia annunciata che si poteva evitare? Oppure anche stavolta la fatalità ha colpito l'Italia nelle sue immutabili fragilità? Domande per il momento senza risposta ma che rimbombano nella testa di tutti in queste ore di ansia e lotta contro il tempo: nell'hotel Rigopiano sommerso dalla slavina alle pendici del Gran Sasso si scava ancora fra la neve. "Il fondo di un canalone per definizione è una zona a rischio, rappresenta un percorso preferenziale per un flusso di neve o della frana", dice Bernardino Chiaia, docente al Politecnico di Torino e membro dell'Ingv (Istituto di geofisica e vulcanologia) -. E lì c'erano tutte le condizioni perché fosse prevedibile quanto accaduto", spiega a tiscali.it. Smentendo tra l'altro quanto dichiarato da Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, che dalle colonne della Stampa assolve chi ha permesso che la struttura turistica venisse fatta in quel punto preciso della pendenza del massiccio dell'Appennino, sismico e soggetto a grandi nevicate. E dello stesso parere è Dino Pignatelli, ingegnere aquilano esperto di neve e valanghe che sul caso non ha dubbi. "Il resort lì non ci doveva proprio stare. E' la condizione peggiore che si potesse pensare, proprio alla fine del canale". Ma "nemmeno cento o duecento metri più a monte - afferma in una nostra intervista -. Quella zona va studiata bene".

"Norme inadeguate"

Il tema insomma è quello della normativa che ha permesso la costruzione dell'hotel in quel punto, con ogni evidenza luogo "a rischio". Nonostante il Piano di assetto idrogeologico dell'Abruzzo la escludesse. "Che non fosse zona a rischio secondo la 'zonazione regionale' è possibile nel senso che da un punto di vista normativo si poteva costruire", chiarisce Chiaia. "Ma ciò non esclude che la zonazione sia probabilmente sbagliata perché se c’è un canalone e c’è un pendio con queste caratteristiche relative alla neve, questa andava resa (sulle carte) maggiormente pericolosa oppure andavano inserite delle zone di salvaguardia a protezione della struttura". Impianti paravalanghe in quota, dice il professore, già grandemente "sperimentati nell'arco alpino". 

Puntare insomma sulla prevenzione e fare inversione di marcia sul modus agendi italiano per cui "non si fa mai un’analisi sulle conseguenze di un evento ma si fa un’analisi sulla base degli eventi registrati nel passato". Con la conseguenza pericolosa che "ogni evento viene trattato come 'eccezionale'". E allora "il primo passo è quello di rivedere le zonazioni di rischio e a questo proposito la carta sismica fatta dall'Ingv, una delle migliori al mondo, a mio parere è più robusta di quella idrogeologica". Gli strumenti per scommettere sulla prevenzione e attrezzarsi di conseguenza quindi ci sarebbero.  

"Si faccia subito il Piano antivalanghe"

Anche se, completa il quadro Pignatelli, non si può parlare di prevenzione in montagna se non si realizza un piano antivalanghe. "Saranno più di venti anni che ne parliamo e non c’è ancora una carta delle valanghe", dice Pignatelli che un piano di questo tipo lo ha realizzato per il Terminillo, in provincia di Rieti. "In Abruzzo, regione a vocazione terremoto e neve, non abbiamo piano di sicurezza e questo è allucinante - dice - due anni fa è stato appaltato un piano per una zona del Gran Sasso, ma non si è ancora visto nulla". E forse norma non sarebbe più opportuna, vista anche la concomitanza con la sismicità dei territori.

La tragedia del resort dimostra tutta questa inadeguatezza: il territorio va messo in sicurezza. "Perché si è costruito l'hotel in quel punto - si chiede Pignatelli - senza poi realizzare paraneve diretti o indiretti, a monte o più a valle?". La risposta forse sta nell'imponenza e nei costi delle strutture, piuttosto sostanziosi. "Sì è vero - dice - i costi sono alti, ma costa di più la vita di trenta persone. A un certo punto bisogna scegliere: il sito è valanghivo, se si costruisce devono fare anche gli interventi di protezione".

Antonella A. G. Loidi Antonella Loi   
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