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Meningite, bimbo di 22 mesi morto al Meyer di Firenze. Un decesso sospetto anche a Napoli. Il virologo: “Nessun allarme in Italia”

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Un bimbo di 22 mesi è morto all'Ospedale Meyer di Firenze colpito da meningite. Il laboratorio di immunologia del Meyer ha confermato la diagnosi di sepsi da meningococco di tipo "C". Il piccolo era giunto all'ospedale pediatrico fiorentino nella tarda serata di mercoledì, a bordo di un'ambulanza dalla Lucchesia. Le sue condizioni, al momento dell'arrivo, erano disperate: i medici hanno tentato a lungo di rianimarlo, ma purtroppo il bimbo non ce l'ha fatta. Da quanto risulta il bambino non era stato vaccinato. I familiari del piccolo, che aveva febbre alta, si sono rivolti ai sanitari dell'ospedale di Lucca che, vista la gravità della situazione e sospettando si trattasse di meningite, hanno disposto il trasferimento all'ospedale pediatrico Meyer.

Un caso sospetto di meningite anche a Napoli

La salma di un 18enne di Agerola, deceduto mercoledì pomeriggio all'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia per cause sconosciute, è in attesa di autopsia nella sala mortuaria del nosocomio. I medici sospettano che possa trattarsi di un caso di meningite e per questo l'obitorio è stato chiuso in via precauzionale. La salma del ragazzo, giunto in stato di incoscienza al pronto soccorso, dovrebbe essere sottoposta ad esame autoptico nella sala del cimitero. Il 18enne, oltre allo stato soporoso, presentava delle piccole macchie di sangue sulla cute. Tutti gli ambienti del pronto soccorso che hanno accolto il giovane sono stati sottoposti a profilassi. Le pareti e i locali sono stati disinfettati mediante nebulizzazione. Anche i parenti e quanti hanno avuto contatti con il ragazzo sono stati sottoposti a profilassi.

Si attende l’esito dell’autopsia

I medici, all'arrivo del ragazzo in ospedale, hanno immediatamente prestato tutte le cure mediche del caso. La Tac non ha rivelato anomalie, ma il ragazzo è deceduto quasi subito e inutili sono stati i tentativi dei medici della rianimazione per tentare di riportarlo in vita. Le ipotesi sulla morte del ragazzo sono tre: "potrebbe trattarsi di meningite - spiega Nello De Nicola, direttore del reparto di Rianimazione dell'ospedale stabiese - di coagulazione travasare disseminata o anche di una forma di intossicazione. I sintomi sono gli stessi". Il prelievo del liquor avrebbe potuto immediatamente confermare eventuale diagnosi di meningite, ma il ragazzo è deceduto prima che l'esame potesse essere effettuato.

Maestra uccisa da batterio senza rischio di trasmissione diretta

In relazione al caso della maestra morta il 26 dicembre scorso presso il Policlinico Gemelli di Roma gli esami effettuati hanno rilevato non trattarsi di meningite meningococcica, ma di una forma dovuta al batterio escherichia coli senza rischio di trasmissione diretta da persona a persona. "In accordo con raccomandazioni internazionali - si legge in una nota della Regione Lazio - si comunica che in seguito alle prime informazioni la Asl Roma 2 ha fatto eseguire la profilassi precauzionale dei contatti stretti (circa una trentina di persone). La donna, che insegnava presso la scuola Cesare Battisti alla Garbatella e aveva poco più di 50 anni, era stata ricoverata il giorno di Natale presso l'Ospedale San Giovanni e successivamente era stata trasferita al Policlinico Gemelli. La profilassi per la famiglia della paziente è scattata il giorno di Natale, mentre per gli alunni, le loro famiglie, e per il personale della scuola in contatto con la donna è scattata il 27 dicembre, a seguito della notifica da parte del Pronto Soccorso dell'Ospedale San Giovanni".

Nel 2016 sette decessi per meningite di tipo C

Nel corso del 2016 i decessi dovuti a meningite sono stati complessivamente 7, ma il dato potrebbe esser aggiornato per via del caso del 18enne napoletano ancora da accertare. Lo scorso anno i decessi per lo stesso ceppo di meningite erano stati 6. A questi si aggiungono un decesso per meningite di ceppo B e la morte, nel novembre scorso, di un paziente colpito da meningite pneumococcica. Complessivamente sono stati 60 i casi di meningite C registrati in Toscana dal 2015 a oggi, 31 lo scorso anno e 29 in quello in corso.

Il virologo rassicura: “Nessun allarme meningite in Italia”

La quasi psicosi in atto ha portato Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento Scienze biomediche per la Salute dell'Università di Milano, a lanciare un invito alla calma. Non c'è un allarme meningite in Italia. Di sicuro, evidenzia l’esperto, "c'è una maggiore attenzione da parte dei media per un problema che esisteva e che è stato rilanciato perché c'è stata una situazione particolare in Toscana dal 2015. Una serie di casi nel territorio determinati da particolari situazioni su una variante del meningococco e di un gran numero di portatori sani in questa Regione. Non c'è un allarme perché ci sono circa mille casi all'anno di meningite, soprattutto di problematiche batteriche, con un 10% di mortalità. Ben venga una maggiore informazione perché rilancia la possibilità di ridurre la diffusione di questa malattia attraverso una vaccinazione che, come tutte le vaccinazioni finora era negletta".

I sintomi che dovrebbero destare preoccupazione

Le persone dovrebbero stare attente al proprio stato di salute e riscontrare. La meningite "all'inizio può essere confusa con un'influenza piuttosto pesante - spiega il ricercatore -. Ma le caratteristiche sono febbre elevatissima, la presenza in particolare di rigidità della nuca, una iper-estensione del collo bloccato, vomito a getto, arrossamento cutaneo e sintomi neurologici". Nel caso in cui si entrasse in contatto con una persona malata non si avrebbero sintomi evidenti per i primi giorni. "In generale - evidenzia Pregliasco - nella scuola i bimbi devono stare attenti per una decina di giorni, che è il tempo di incubazione della malattia e se hanno sintomi devono andare in Pronto Soccorso. Per persone che hanno avuto contatti più stringenti e più duraturi, per più ore, è indicata invece una cosiddetta chemioprofilassi breve, cioè una cura di antibiotici mirati. Il batterio non sopravvive nell'ambiente, quindi non c'è pericolo di contaminazione ambientale. Bisogna seguire le indicazioni della ASL e per semplificare chi è stato a contatto diretto deve prendere una compressa di antibiotico, gli altri devono solo stare attenti alla possibilità di insorgenza di sintomi".

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