Così Al Qaeda si riorganizza in Afghanistan: il rapporto della Cia che lancia l'allarme attentati
Nel giro di uno o due anni l’organizzazione terroristica creata da Osama bin Laden, potrebbe essere in grado di colpire nuovamente gli Stati Uniti e l’Occidente

Quando nella recente audizione al Congresso sul ‘disastro Kabul’ il Segretario di Stato Anthony Blinken ha detto che “non credo che al Qaeda abbia la capacità di condurre attacchi dall’Afghanistan”, nel quartier generale della Cia a Langley in molti hanno scosso la testa.
I documenti elaborati dagli analisti del l’Intelligence Usa negli ultimi mesi - soprattutto nelle ultime settimane, dopo la trionfale vittoria dei Talibani - danno un quadro molto più allarmante. La possibilità che l’organizzazione terroristica creata da Osama bin Laden, responsabile degli attacchi alle Twin Towers e al Pentagono dell’11 settembre 2001, si stia riorganizzando nelle montagne afgane (ed anche nelle città) non è più solo un’ipotesi, è quasi una certezza.
“Stiamo già cominciando ad avere diverse indicazioni di un potenziale movimento di al Qaeda in Afghanistan”. David Cohen, vice direttore della Central Intelligence Agency, ha deciso di parlare pubblicamente, indicando (“è ancora presto per avere un quadro definitivo ma dobbiamo tenere d’occhio strettamente la situazione”) in uno o due anni l’ambito temporale in cui al Qaeda potrebbe essere in grado di colpire nuovamente gli Stati Uniti e l’Occidente.
Una stima che secondo gli uomini dell’Intelligence Usa (non solo la Cia) potrebbe essere rivista, anche accorciando i tempi. Già a inizio anno, il Pentagono aveva inviato alla Casa Bianca e al Congresso un rapporto sulla possibilità che al Qaeda “possa ricostruirsi entro due anni”, ma per Scott D. Barrier - direttore della Defense Intelligence Agency (Dia) - “la valutazione attuale è probabilmente conservativa” e al Qaeda potrebbe essere in grado di colpire anche prima.
Per Barrier (che è un generale) l’aumento della raccolta di informazioni in Afghanistan dovrà avvenire nello stesso tempo in cui le agenzie di Intelligence migliorano la loro capacità di monitorare la Cina e la Russia. “Stiamo pensando a come ottenere l'accesso in Afghanistan con tutti i tipi di fonti possibili, ma dobbiamo stare attenti a bilanciare queste risorse molto scarse con quelle che abbiamo verso la Cina e la Russia”.
Secondo i documenti in mano alla Cia i Talibani avrebbero al momento “una capacità limitata di controllare i confini dell’Afghanistan” e anche se si sono impegnati - nell’accordo di pace del febbraio 2020 con gli Stati Uniti - a non lasciare che il loro paese sia usato da gruppi terroristici, per gli analisti tali promesse vengono considerate “vuote”. Diversi militanti di al Qaeda, che avevano trovato rifugio nelle zone tribali lungo i confini con il Pakistan, sarebbero già entrati in contatto diretto con i Talebani (probabilmente lo erano da tempo) e l'ex capo della sicurezza di Osama bin Laden, Amin al Haq, che ha combattuto con il leader di al Qaeda durante la battaglia di Tora Bora nell’autunno 2001, è stato visto (la sua presenza è confermata da un video) mentre rientra nella provincia afgana di Nangarhar, accolto da una piccola folla acclamante.
Per Avril D. Haines, direttrice della National Intelligence (la Dni è a capo di tutti i diversi servizi segreti Usa), l’Afghanistan non è invece la più grande minaccia terroristica che gli Stati Uniti devono affrontare: “Yemen, Somalia, Siria e Iraq, sono tutte minacce più sostanziali”. Analisi che non trova affatto d’accordo Michael Morell, ex direttore della Cia (2011-2013) durante gli anni di Obama alla Casa Bianca. Per lui il caotico ritiro del presidente Biden dall'Afghanistan e la successiva presa di potere dei talebani hanno “assolutamente ispirato i jihadisti e incoraggiato i terroristi in tutto il mondo”. Al Qaeda “tornerà in Afghanistan, rendendo la regione più pericolosa di altri punti del pianeta”.