La verità sui farmaci per il controllo del colesterolo alto: funzionano su un paziente su due
Per i soggetti c’è inoltre un rischio cardiovascolare più alto. Lo dimostra uno studio condotto su oltre 160mila pazienti

Circa un paziente su due - il 51 per cento - in cura con statine per ridurre il colesterolo alto, non normalizza i propri livelli di colesterolo nel sangue dopo due anni di terapia. E risulta avere un rischio cardiovascolare del 22 per cento maggiore rispetto a pazienti che invece ottengono l'effetto desiderato dalle statine. A rivelarlo è uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Heart da Stephen Weng, ricercatore dell'Università di Nottingham.
Insuccesso terapeutico per 1 paziente su 2
Le linee guida per la terapia con le statine prevedono una riduzione del colesterolo cattivo del 40 per cento; riduzioni inferiori sono considerate subottimali e quindi un insuccesso terapeutico. Gli esperti hanno studiato oltre 161 mila individui in cura con statine e visto che ben il 51 per cento dei pazienti (pari a 84.609 persone) raggiunge una riduzione subottimale del colesterolo nel sangue dopo due anni di terapia con statine.
Rischio cardiovascolare maggiore del 22 per cento
Gli esperti hanno seguito i soggetti nel tempo, registrando gli eventi cardiovascolari avvenuti per tutto il periodo di osservazione. Ciò ha permesso di scoprire anche un altro aspetto particolarmente inquietante: nei casi in cui le statine non producono l'effetto voluto il rischio cardiovascolare dei pazienti è maggiore del 22 per cento. "Questi risultati - sottolineano gli scienziati - contribuiscono al dibattito sull'efficacia delle statine ed evidenziano la necessità di cure personalizzate su misura per il controllo del colesterolo".