[Il retroscena] Tagliare i vitalizi a D’Alema, Veltroni, Mastella e altri 2600 ex parlamentari. Ecco la prima intesa M5s-Lega
Oggi pomeriggio si completa l'Ufficio di presidenza della Camera e può cominciare l'operazione per ricalcolare gli assegni degli ex deputati più ricchi. I pentastellati hanno i numeri per procedere da soli, ma vogliono farlo insieme al Carroccio. Sì di Salvini ad interventi anche "retroattivi". Per evitare pronunciamenti della Corte costituzionale si potrebbe utilizzare lo strumento del contributo di solidarietà
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In pagamento ci sono ben 2600 vitalizi di altrettanti ex parlamentari, in totale sono 190 milioni di euro. Da tempo nel mirino dei Cinquestelle, un simbolo quasi quanto il reddito di cittadinanza. Certo, Ilona Staller, in arte Cicciolina, non resterà senza assegno perché ha ormai raggiunto l’età “pensionabile”, ma chi non è over 60 rischia una stangata e c’è il rischio che anche sui versamenti a favore degli altri stia per calare la scure. Da oggi in poi, ogni giorno sarà buono, a Montecitorio, per intervenire sugli assegni che la Camera dei deputati versa a coloro che ne sono stati membri prima dell’abolizione, nel 2012, dei vecchi “vitalizi”.
“Sicuramente tagliarli non risolleverà le casse pubbliche, ma è un segnale”, ha ammesso il senatore pentastellato Nicola Morra. Così importante che, in attesa di capire se e come ci sarà un governo, il leader del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, anche - o forse proprio - per questo, ha blindato le due posizioni che gli interessavano maggiormente, cioè la presidenza della Camera con Roberto Fico e il ruolo di questore anziano con Riccardo Fraccaro e promette che ora “per i vitalizi non c’è scampo”. Il piano non prevede di cancellarli del tutto, ma di ricalcolarne il valore, riducendolo sensibilmente. Personalità come Ciriaco De Mita, ex premier, che oggi riscuote 5862 euro al mese, Clemente Mastella, che ne incassa 6500, o Walter Veltroni e Massimo D’Alema che si fermano a 5000, potrebbero essere messi pesantemente a dieta.
Oggi pomeriggio Montecitorio si riunisce appositamente per chiudere la composizione dell’Ufficio di presidenza, coinvolgendo un esponente del gruppo Misto, probabilmente di LeU. L’assemblea è convocata per le 14, con all’ordine del giorno la votazione per l’elezione di un segretario di presidenza. Nel Regolamento della Camera, infatti, c’è un articolo - il cinque - che contempla l’ipotesi che, se a seguito dell’elezione di vicepresidenti, questori e segretari per l’Ufficio di Presidenza, “uno o più gruppi non risultino rappresentati, si procede all'elezione di un corrispondente numero di segretari” e, al momento, non è presente alcun rappresentante del Gruppo Misto. Da questo pomeriggio, le strutture di comando del ramo del Parlamento saranno complete e si potrà procedere.
E allora, sembra proprio che si possa iniziare dai vitalizi. “Come questore anziano, sottoporrò da subito al collegio la necessità di intervenire di concerto con l’Ufficio di presidenza. Tutte le forze politiche si sono impegnate in tal senso: confidiamo che si passi subito ai fatti”, ha annunciato il questore pentastellato, che dovrà vedersela col forzista Gregorio Fontana e con quello di Fdi, Edmondo Cirielli. “D’altronde è questa la sede prescelta già dal 2012 con la riforma del sistema contributivo”, ha spiegato al Sole 24 ore. Non si tratta di una grandissima novità: anche la proposta del renziano Matteo Richetti prevedeva lo stesso intervento, ma, nella scorsa legislatura, dopo essere stata approvata alla Camera, è stata lasciata morire al Senato, dove si è scontrata con la ferma opposizione dei dem non renziani. “Mi vergogno per il mio partito”, disse allora il promotore dopo che i suoi compagni avevano fermato tutto. “E’ una questione etica”, aggiunse. Oggi, a rappresentare il suo partito al vertice della Camera c’è Ettore Rosato, il capogruppo uscente, e lui è in corsa per diventare nuovo segretario del Pd.
L’en plein realizzato dai Cinquestelle nell’Ufficio di presidenza di Montecitorio non basta però ad avere la certezza del risultato. Oltre a Fico e Fraccaro, infatti, il M5S può contare su una vicepresidente, Maria Edera Spadoni, e quattro segretari: sette voti che scendono a sei perché il presidente della Camera per prassi non vota. Ecco perché Di Maio sta cercando di evitare un blitz e si muove per ottenere il consenso degli altri gruppi. Il primo canale aperto è quello con la Lega, il partito guidato da quel Matteo Salvini che ormai “sente più di sua madre”, la formazione con la quale sta intavolando la partita per Palazzo Chigi.
Il segretario leghista già il 14 marzo, dopo un colloquio telefonico con il competitore per la presidenza del Consiglio, aveva parlato di un taglio dei vitalizi e delle spese inutili: “Sarà una nostra priorità”. Il leghista si era detto disponibile a discutere anche di un taglio “retroattivo”, una parola che ancora oggi scandalizza molti forzisti, convinti che intervenire su diritti acquisiti potrebbe significare farsi fermare il provvedimento dalla Consulta, dal momento che la Costituzione non ammette interventi retroattivi. Ecco perché la strada maestra potrebbe essere quella del “contributo di solidarietà” a carattere temporaneo sugli assegni più alti, che possono raggiungere pure la cifra ragguardevole di diecimila euro.
I pasdaran dei vitalizi restano comunque gli uomini di Di Maio: “Da sempre il M5S sostiene che vadano anzitutto ridimensionate le spese per i deputati che in totale, tra indennità, benefit e rimborsi, ammontano a circa 280 milioni. Anche le spese generali di funzionamento della Camera, che superano i 200 milioni, andranno vagliate con attenzione per eliminare ogni possibile spreco”, sostiene Fraccaro, che, in quanto questore “anziano” (titolo che si conquista prendendo il maggior numero di voti e non è legato quindi all’età anagrafica), avrà maggiori poteri rispetto agli omologhi. Ci siamo quasi. Si inizia dalla Camera, poi, un giorno, il dibattito approderà anche al Senato dove, però, gli equilibri tra i partiti sono molto diversi e l’esito della partita è molto più incerto.