La simpatia fra Di Maio e Toti: e se mettessero insieme i gruppi?
Il governatore ligure ieri era a Roma “per un’intensa giornata di lavoro per la nostra amata Liguria”. Ma certamente c’è stato anche il tempo di sentirsi con il ministro degli Esteri, i cui rapporti con Toti sono ottimi da molto tempo

Oggi è stato dichiarato cessato il gruppo di Coraggio Italia alla Camera dei deputati e quello al Senato della Repubblica, che pure è da un mesetto che ha tutte le caratteristiche per poter nascere a norma di regolamento, è ancora strutturato “solo” come componente del misto.
Insomma, Giovanni Toti, che di quel gruppo (insieme al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro con cui è rimasto un patto federativo, ma non il partito comune) è il dominus, in questi giorni è una delle persone più felici del mondo.
Tranquilli, il presidente della Regione Liguria non soffre di disturbi bipolari e non festeggia cattive notizie.
Il punto è che tutto ciò che sta succedendo nelle ultime settimane va esattamente nella direzione prevista e auspicata da Toti, con le autostrade sul centro dello schieramento politico che si aprono e quindi – gruppi autonomi o no – tutti i tasselli stanno andando dove vuole il governatore ligure.
Andiamo per ordine: prima Paolo Damilano, candidato sconfitto al ballottaggio nel capoluogo piemontese con la sua “Torino bellissima”, che ha aggiunto la sua forza al progetto totiano di federare tutte le liste civiche.
Il trionfo di Bucci
Poi il trionfo di Marco Bucci alle comunali di Genova, con quasi il 35 per cento del primo cittadino genovese sul 55 per cento di voti totali appannaggio alle tre civiche, le due di Bucci e quella di Toti, con solo il 20 per cento a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, cioè al centrodestra tradizionale. E alla Spezia storia analoga al sindaco totiano Pierluigi Peracchini. In più tutto questo, a Genova, ha portato a una giunta pronta in pochissimi giorni, superando anche i problemi con Fratelli d’Italia e l’arrivo di forze nuove in maggioranza con Italia Viva e, seppur non ufficialmente, Azione e +Europa. Tanta roba.
E infine, soprattutto, l’uscita di Luigi Di Maio dal MoVimento Cinque Stelle con la demolizione dell’”uno vale uno” che è stata la rovina della politica italiana negli ultimi anni. Quell’”uno non vale l’altro” detto da Di Maio, oltre ad essere un onestissimo mea culpa, è la vera rivoluzione politica, testo e contesto.
Ecco, Toti è stato il primo al centro – ora si è aggregato anche Berlusconi che, appena scappa dai cerchi magici si trova in sintonia col suo ex consigliere politico – a sdoganare Di Maio mesi fa. Ma, come spesso accade, avere ragione troppo in anticipo rischia di non essere compreso sempre da tutti e per qualcuno equivale addirittura ad avere torto.
Il contatto con Di Maio
Alla luce di questo e del costante contatto con Di Maio, sempre rimasto vivo in questi mesi, oltre ad un feeling forte con Mario Draghi e a una stima di fondo con Beppe Sala (oltre che a buoni rapporti con Matteo Renzi e Carlo Calenda, perché Toti è talmente paciarotto e privo di spigoli, rotondo in ogni senso, da essere adatto a tutti, in un’area di primedonne), il presidente di Regione Liguria è in prima fila nei contatti col ministro degli Esteri e anche nella possibilità di costituire gruppi parlamentari comuni.
Ovviamente, al centro, che – ride Toti – “è come l’abito grigio. Non passa mai di moda ed è indispensabile”.
Intendiamoci, ufficialmente Toti è attendista e non c’è ancora nulla di fatto. Anzi, ha frenato su alcuni punti, spiegando che vanno comprese le posizioni del nuovo partito del ministro su mille punti, dai termovalorizzatori all’economia: “Di Maio dimostri di essere cambiato”.
L’imprimatur di Draghi fa curriculum
Ma, detto questo, l’imprimatur di Draghi fa curriculum: "A mio modo di vedere – ha spiegato Toti a Radio24 - in base alla via che ha preso, certamente Di Maio può diventare un interlocutore del nuovo centro allargato. Ora occorrerà vedere quali connotati prenderà, su un tema molto importante per la collocazione di un partito come la politica estera Di Maio ha preso delle posizioni molto nette e simili alle nostre. Dopodiché su Di Maio occorre vedere bene che cosa farà nel senso che il Di Maio del balcone della povertà sconfitta e dei navigator è un qualcosa di molto diverso da adesso, se ha preso la strada della responsabilità e della cultura di governo ne sono particolarmente lieto perché va a ingrossare le fila che da anni cerco di mettere insieme per ridare un po' di equilibrio alla politica italiana".
Tutto questo si combina con i movimenti parlamentari degli ultimi giorni, definitivi almeno fino a lunedì, che raccontano alcune storie di magmaticità in quest’area.
L’unica cosa indolore sono le dimissioni dal mandato di deputato del leghista Massimiliano Capitanio, che ha lasciato Montecitorio perché eletto componente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ruolo incompatibile con quello di membro della Camera. Al posto suo è entrata la prima dei non eletti Marina Romanò, che ha optato per il gruppo della Lega. Quindi, almeno in questo caso, uno vale uno nella contabilità parlamentare.
Poi, seppur non ufficializzato, c’è il caso di Elio Vito, ex ministro azzurro di scuola radicale e numero uno nel diritto parlamentare a Montecitorio, che ha annunciato (ma al momento non ancora formalizzato) l’addio al gruppo di Forza Italia e proprio al Parlamento, con le dimissioni che però devono passare dall’aula, che probabilmente, almeno la prima volta, voterà contro visto la stima assoluta di cui Vito gode alla Camera. A domanda specifica di un suo follower, Elio ha negato di andare con Di Maio.
Quindi, è toccato a Michela Rostan, ex bersaniana di Liberi e Uguali, e poi ex renziana di Italia Viva, e poi ex Misto perché era favorevole a Conte e quindi lasciò Renzi, andare fra le truppe di Berlusconi alla Camera.
Il passo successivo è stato di Ugo Grassi, professore universitario di diritto, uno dei fiori all’occhiello della società civile eletti nel MoVimento Cinque Stelle proprio per volere di Di Maio, nel collegio uninominale di Avellino, nel feudo campano del ministro degli Esteri, che dopo aver lasciato i pentastellati e la Lega, si era iscritto al Misto passando proprio nelle truppe di Toti che al Senato si chiamano: “Italia al Centro-Idea!-Cambiamo-Europeisti-Noi di centro (Noi campani)”.
Quindi, sempre in quest’area, Simona Vietina ha lasciato Toti, Brugnaro e Coraggio Italia per andare nel Misto di Montecitorio e con lei Antonio Lombardo, ex pentastellato pure lui, che ha lasciato Coraggio Italia per andare con Luigi Di Maio e i suoi, unico non proveniente direttamente dal MoVimento, e un’altra ex pentastellata approdata nelle truppe di Toti e Brugnaro, Marinella Pacifico, si è dichiarata “Mista” pura.
Carelli
Insomma, a oggi, i totian-brugnariani sono dieci al Senato, nel Misto con la loro componente, e 18 alla Camera, molti ex pentastellati che ritroverebbero Di Maio, a partire da Emilio Carelli che ha spiegato prima della scissione: “E’ il politico più raffinato che c’è nel MoVimento. Porte aperte a Luigi e ai suoi”. Poi, certo, Carelli ha anche detto che lui e i sei deputati che fanno capo a Brugnaro resteranno nel Misto con Coraggio Italia, ma mai dire mai.
Intanto, non casualmente, non è stata ancora costituita la componente di Toti nel Misto di Montecitorio. E nemmeno quella di Brugnaro, se è per questo.
Le truppe di Di Maio
Perché tutto è magmatico. Anche perché le truppe di Di Maio in “Insieme per il futuro”, sono nutritissime: due eurodeputate, Chiara Gemma e Daniela Rondinelli, dieci senatori (Antonella Campagna, Primo Di Nicola, Daniela Donno, Raffaele Mautone, Simona Nunzia Nocerino, Vincenzo Presutto, Loredana Russo, Pierpaolo Sileri, Fabrizio Trentacoste e Sergio Vaccaro), anch’essi senza componente per ora ma Misti-Misti e 51 deputati, il già citato Antonino Lombardo e Cosimo Adelizzi, Roberta Alaimo, Alessandro Amitrano, Giovanni Luca Aresta, Sergio Battelli, Luciano Cadeddu, Vittoria Casa, Andrea Caso, Gianpaolo Cassese, Laura Castelli, Luciano Cillis, Federica Daga, Paola Deiana, Daniele Del Grosso, Margherita Del Sesto, Luigi Di Maio, Giuseppe D'Ippolito, Gianfranco Di Sarno, Iolanda Di Stasio, Manlio Di Stefano, Francesco D'Uva, Mattia Fantinati, Marialuisa Faro, Luca Frusone, Chiara Gagnarli, Filippo Gallinella, Andrea Giarrizzo, Conny Giordano, Marta Grande, Nicola Grimaldi, Marianna Iorio, Luigi Iovino, Giuseppe L'Abbate, Caterina Licatini, Anna Macina, Pasquale Maglione, Alberto Manca, Generoso Maraia, Vita Martinciglio, Dalila Nesci, Maria Pallini, Gianluca Rizzo, Carla Ruocco, Emanuele Scagliusi, Davide Serritella, Vincenzo Spadafora, Patrizia Terzoni, Gianluca Vacca, Simone Valente e Stefano Vignaroli.
Due di questi, Simone Valente, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rapporti col Parlamento nel governo gialloverde di Giuseppe Conte, e il presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea di Montecitorio, Sergio Battelli, fedelissimo di Di Maio, sono liguri.
E, forse, vedendo i risultati trionfali di Toti in Liguria e quelli pessimi dei pentastellati a casa di Giuseppe Piero Grillo detto Beppe, che non li ha votati neppure lui, si capisce perché su otto grillini eletti in Liguria ne è rimasto nel MoVimento solo uno, Roberto Traversi, ex sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti nel governo giallorosso di Giuseppe Conte, unico parlamentare ammesso sul palco al comizio genovese dell’ex presidente del Consiglio in piazza Banchi.
Ecco, forse questo esodo di sette eletti liguri su otto, in ogni direzione, da Potere al Popolo a Alternativa, da Coraggio Italia a Insieme per il futuro, spiega moltissimo sul perché gli ex pentastellati sono attratti dalla politica e dai risultati di Toti.
Dal canto suo, il governatore ligure ieri era a Roma “per un’intensa giornata di lavoro per la nostra amata Liguria”. Ma certamente c’è stato anche il tempo di sentirsi con Di Maio, i cui rapporti con Toti sono ottimi da molto tempo.
Sul resto, basta aspettare la prossima settimana e su Tiscalinews come sempre vi aggiorneremo in una sorta di “Tutti i gruppi minuto per minuto”.