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23 riforme, vaccini, scuole e visione industriale per il Paese: il governo e la sfida dell’agenda d’autunno

Il Forum Ambrosetti segna sempre la ripartenza dell’anno politico. Il ministro Franco: “Crescita +6%, ma non basta”. Il rimbalzo deve diventare strutturale. “Non ci sono scorciatoie, servono riforme e l’impegno di tutti, anche dei privati”. E intanto i leader politici continuano a provocarsi. Tra finti abbracci come quello Salvini-Meloni

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Draghi (Foto Ansa)
Draghi (Foto Ansa)

La politica a settembre ricomincia sempre da Cernobbio dove industriali ed economisti si ritrovano e invitano ministri e leader politici a raccontare che intenzioni hanno per l’anno che verrà. Dopo il Forum Ambrosetti, torna a regime anche l’attività parlamentare: oggi va in aula il decreto Green Pass 1, quello in vigore da metà luglio e già si parla di fiducia per mettere la maggioranza davanti agli impegni presi.

Se questi due momenti dovrebbero essere a logica uno figlio dell’altro, mai come quest’anno è invece emerso come l’attività di governo vada da una parte - “positiva e costruttiva senza drammi all’orizzonte” ha detto Draghi - mentre quella del Parlamento “risente” della presunta attività politica dei partiti e dei loro leader e risulti spesso contraddittoria per non dire confusionaria. Una differenza suggerita con il solito pragmatismo dal presidente Draghi giovedì scorso in conferenza stampa: il governo fa il governo, decide e va avanti, i partiti fanno i partiti e, se c’è bisogno, tocca a loro un chiarimento politico. 

Crescita e riforme

Ieri a Cernobbio, al Forum Ambrosetti, è stato protagonista il governo. Draghi ha incaricato il ministro economico Daniele Franco, in genere restio alle grandi platee e alle esposizioni mediatiche, di fare il quadro della situazione. Che è  positivo grazie, per l’appunto, a vaccini e green pass garanzia, entrambi, insieme a tamponi, distanze e altre misure, perchè l’Italia non debba più sopportare restrizioni e chiusure.

Franco ha tracciato il quadro della ripartenza post-pandemia. Ha parlato di una ripresa ancora più sostenuta con una crescita del Pil vicina al 6%. Debito e deficit migliori delle stime, più investimenti e la messa a terra delle riforme, a partire da quella del fisco. Una fotografia chiara, e un messaggio reale che relega nell’angolo delle speculazioni inutili  le polemiche su vaccini, green pass, obblighi e divieti, miseri strumenti di una propaganda politica di cui certa destra non sa più fare a meno pur di avere appigli di visibilità.

“E' in atto una ripresa intensa del Pil, il terzo trimestre sta andando bene. L'Ufficio Parlamentare di Bilancio prevede per il 2021 un +5,8%, ma non possiamo escludere che a fine anno sia superiore” ha spiegato ai manager il ministro. "E' importante - ha aggiunto - che la crescita sia rapida” ma la sfida decisiva “è crescere in modo strutturalmente più elevato che in passato”. Cioè, non solo il rimbalzo previsto e anche necessario (che comunque è superiore ad esempio alla Germania). Lo avevano già detto il ministro Brunetta e il ministro Giorgetti che ieri, seduto accanto ad Orlando, sempre a Cernobbio, ha voluto lanciare una nuova sfida alle imprese: incentivi per chi aiuta a risolvere le crisi aziendali in atto. Un ribaltamento di paradigma rispetto a chi dice, Confindustria in testa, che il governo deve essere attrattivo e non punitivo con il privato.

A metà ottobre la legge di bilancio

L’anno 2021 dovrebbe chiudere con un deficit e un debito migliori del previsto. Dall'anno prossimo il debito scendera' ulteriormente e verso la fine del decennio “convergerà verso i livelli pre-pandemici”. Ad aprile il rapporto debito/Pil era stimato al 159,8% quest'anno, per poi diminuire al 156,3% l'anno prossimo, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024. Ora la sfida è trasformare il rimbalzo in atto in crescita strutturale. Una verifica che si potrà già fare nei primi mesi del prossimo anno.  “Una sfida ambiziosa” per cui non esistono bacchette magiche nè scorciatoie. “La strada per uscirne è un buon utilizzo del Pnrr e una strategia che sappia contemporaneamente incidere sull'occupazione, sul capitale fisico e umano e sulla produttività”.

L’agenda dei prossimi quattro mesi è già in campo e molto fitta. Sono 23 le riforme (decreti veri e propri ma anche regolamenti e deleghe) collegate al Pnrr da approvare entro la fine dell’anno. Un numero che dovrebbe far tremare i polsi e impegnare tutte le forze politiche e che invece è assente dal dibattito quotidiano dei leader politici impegnati nella campagna elettorale.

Nelle terza settimana di settembre il governo vuole approvare il il ddl concorrenza e la delega sul fisco, due provvedimenti chiave di cui giustamente via XX Settembre ha fatto filtrare molto poco per non dire nulla. Si sa che non ci sarà nessuna delle bandiere alzate da destra e da sinistra: no alla flat tax e no a patrimoniali mascherate.

Per fine settembre il governo dovrà presentare anche la NaDef e subito dopo il Documento programmatico di bilancio a Bruxelles. Entro il 20 ottobre toccherà poi alla legge di bilancio che assorbirà la riforma degli ammortizzatori (la riforma delle politiche attive è invece nel Pnrr con il progetto Gol-Garanzia occupabili lavorativa e il Piano nazionale delle Competenze).

La propaganda sul Reddito di cittadinanza

Sempre nella legge di Bilancio potrebbe essere compresa una prima revisione del Reddito di cittadinanza: una volta passate le elezioni, si dovrebbe abbassare l’incendio della propaganda politica su questo dossier e diventare quello che già adesso è: la norma non funziona nella parte delle politiche attive (ricerca ed inserimento nel mondo del lavoro) e va conservata per la parte del sostegno alla povertà. E su questo alla fine sono tutti d’accordo, anche i 5 Stelle per cui è caduto il totem dell’inviolabilità.  

Nella legge di Bilancio ci sarà anche il prolungamento del superbonus (su cui sono più o meno tutti d’accordo) e, visti i tempi lunghi della delega fiscale che sarà approvata entro il mese, la legge di Bilancio conterrà probabilmente anche un anticipo di taglio del cuneo da far scattare già nel 2022. Cuneo fiscale e Irpef - come ha spiegato ieri Franco -  sono due dei cardini intorno ai quali ruoterà l'intera riforma.

Ddl Zan e Ius soli possono attendere

Nell’agenda dei partiti - ma non in quella del governo - ci sono poi altri provvedimenti altamente divisivi, dal ddl Zan contro la omotransfobia fermo nelle sabbie mobili di circa mille emendamenti e qualche decina di voti segreti. Per battere qualche colpo rispetto al bulimico - di titoli e bandierine - Salvini a sua volta in duello perenne con Meloni, il Pd prova ad alzare il vessillo dello ius soli.  Si tratta di provvedimenti legati al tema dei diritti civili, sacrosanto e sempre urgente ma indigeribile in una maggioranza larga dove convivono destra e sinistra. E dove, se i 5 Stelle vengono dati a sinistra, ci sono però molti distinguo anche su questi temi.  Quindi una cosa è certa: entrambi i dossier saranno rinviati a dopo il voto quando l’individualismo dei partiti sarà alle prese con le conseguenze del voto. Al momento assai incerto per tutti gli schieramenti. 

Quale visione industriale per la post-pandemia?

Draghi e la sua squadra, i ministri più tecnici, non possono permettersi il lusso di indugiare su questioni alte come i diritti per la comunità Lgbt e la cittadinanza per le seconde generazioni di stranieri nate in Italia e stanno invece cercando di rispondere ad un’altra domanda: quale visione industriale per l’Italia dopo la pandemia? E’ la domanda chiave da cui poi derivano tutte le altre risposte, anche in tema di diritti civili. Se il paese funziona, l’economia gira e c’è lavoro, tutti avranno più diritti. Draghi ha molto chiaro che questa è la sua vera mission. Ha detto giovedì scorso nella conferenza stampa: “Il problema fondamentale è quello delle politiche attive del lavoro, perché noi siamo in un periodo di profonda transizione tecnologica verso un'economia sostenibile e quindi è prevedibile che molti settori dovranno ristrutturarsi, alcuni dovranno rallentare la loro attività produttiva e per cui bisogna che il Governo abbia una visione industriale che permetta di allocare e riaddestrare lavoratori nei vari settori”. 

Obiettivo comune

Da parte dell'esecutivo c'è dunque un impegno pieno che però tutto il Paese, a partire degli imprenditori, deve supportare. E non solo nella prospettiva del Pnrr, ma guardando anche al lungo periodo. “Credo che su ogni norma e su ogni provvedimento dovremmo sempre domandarci quali saranno gli effetti al 2025-2030, nel 2050 serve una visione d'insieme: non basta il Piano, non basta quello che fa il Governo, serve uno sforzo corale del Paese e delle imprese soprattutto” ha sottolineato ieri Franco. Ci sono tanti nodi ancora da sciogliere, come quello della bassa capacità di investire, anche se qualche segnale positivo si vede visto che i dati dicono che quest'anno ci potrebbe essere un aumento degli investimenti complessivi, pubblici e privati, del 15% e la loro percentuale sul Pil potrebbe salire al 20%. Ciascuno di noi deve fare la sua parte. Un concetto che non è ancora del tutto chiaro.

Subito il green pass e il dilemma sulla fiducia

Così mentre a Cernobbio il governo governa e i partiti si provocano - il siparietto a favore di telecamere con baci e abbracci tra Meloni e Salvini con titolo “prove tecniche di governo” a cui Letta ha subito risposto “fanno finita di litigrae, il potere li terrà uniti” - il Parlamento torna in piena attività dopo ou mese secco di vacanza.  Quella che inizia oggi è una settimana molto calda sul fronte delle misure anti Covid: dall’estensione del green pass (domani la decisione se mettere o meno la fiducia) all’obbligo vaccinale, dallo smart working (al massimo al 15%) alla scuola, sono molte le decisioni da prendere  in vista di un nuovo imminente decreto da varare per la ripresa a pieno ritmo delle attività produttive. A metà settimana, probabilmente giovedì, ci sarà  una cabina di regia per portare avanti l'obbligo del certificato verde cominciato il 6 agosto scorso con ristoranti, bar e cinema. L'allargamento dell’obbligatorietà ad altri settori è ormai certo per i dipendenti pubblici e per chiunque sta in contatto col pubblico. Oggi è previsto un incontro tra Confindustria e sindacati che sono favorevoli alla vaccinazione obbligatoria. Questo tema è al momento rinviato per vedere come procede la campagna (e come corre il contagio) nelle prossime settimane. Siamo al 72% di vaccinazioni completate ma l’80% che può essere raggiunto entro fine settembre potrebbe non bastare per raggiungere l’immunità di gregge. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rinnovati anche ieri l’appello a vaccinarsi per far ripartire il Paese in modo strutturale. La prova del 9, anche per il governo,  sarà ancora una volta la scuola. Oggi inizia in Trentino, la prossima settimana in tutta Italia. Occorre attendere fine settembre, la metà di ottobre per capire se le misure messe in campo saranno sufficienti per tenere aperte le scuole. E Il paese. Ciascuno, quindi, si metta la mano sul cuore e sulla coscienza.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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