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[Il caso] Conte ha un nuovo problema: la Costituzione. E anche le regioni, il Pd, le opposizioni e Renzi. Ecco come farà marcia indietro

Tutti contro l’uso indiscriminato di Dpcm che taglia fuori il ruolo del Parlamento. La presidente della Corte Marta Cartabia, nella Relazione annuale, sottolinea che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. Ceccanti (Pd) presenta un emendamento per “parlamentarizzare i Dpcm”. Renzi a testa bassa: “Metodi incostituzionali”. Intanto il premier corregge alcune riaperture e tiene sul tavolo la possibilità di aprire a metà mese bar e parrucchieri e le regioni che lo chiedono

[Il caso] Conte ha un nuovo problema: la Costituzione. E anche le regioni, il Pd, le opposizioni e...
Il premier Giuseppe Conte.

La “rivoluzione” che non ti aspetti arriva dai più istituzionali, coloro che per mandato non possono alzare la voce e che per stile non lo farebbero mai. Quanto il premier Conte ieri mattina era sotto il nuovo ponte di Genova a raccogliere, giustamente, la soddisfazione di una missione compiuta e non scontata gli si era materializzato sul telefonino un fronte nuovo, inatteso. E scomodo. Con modi e toni diversi, secondo i diretti interessati ovviamente “casuali”, la presidente della Consulta Marta Cartabia, il professore, costituzionalista, Stefano Ceccanti (Pd), e il leader di Italia Viva Matteo Renzi, hanno mosso un attacco concentrico al modus operandi del governo Conte denunciando l’uso ormai costante e distorto del Dpcm (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non emendabile dal Parlamento e non condiviso dal governo) come strumento legislativo. Cioè decide uno per tutti, Conte, e gli altri non contano. Nessuno nega la difficoltà del momento. Ma proprio per questo è necessaria la condivisione parlamentare. Anche perchè ogni volta che il premier firma un Dpcm, il provvedimento non brilla in chiarezza ed è sempre più spesso costretto a clamorose retromarce e correzioni.

 

“Impegno corale”

Non c’è stata alcuna regia in questo attacco a tre punte. “La Presidente aveva già sottolineato questo concetto quasi due mesi fa” sottolineano dalla Corte. In uno dei passaggi chiave della Relazione sull’attività della Consulta nel 2019, la presidente Marta Cartabia sottolinea in rosso che “la piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale con l’attiva, leale collaborazione di tutte le istituzioni compresi Parlamento, Governo, Regioni, giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l’emergenza”. Anche nel tempo presente, dunque, “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali ma offre la bussola anche per navigare per l’alto mare aperto dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende”. Conte ha invece gestito l'emergenza con i Dpcm, sono una trentina dal 21 febbraio. Atti unilaterali, appunto, giustificati dall’emergenza e dalla fretta di assumere decisioni importanti. Ma se questo all’inizio poteva avere una giustificazione per l’emergenza, col passare del tempo la decisione assomiglia sempre di più ad un abuso e ad una violazione della centralità del Parlamento. Già a metà marzo il Quirinale fece pervenire per le vie brevi e con modi cortesi a palazzo Chigi la richiesta di fermare l’abuso dei Dpcm. Conte capì e con il decreto Covid 19 ha ripristinato la corretta gerarchia delle fonti legislative. Poi è scappata nuovamente la frizione. Fino allo show down di domenica sera. L’appello della Presidente Cartabia possiamo dire essere condiviso dallo stesso Presidente della Repubblica.

 

Gli emendamenti

Poco dopo la Relazione della Consulta, è il deputato-professore Stefano Ceccanti, da tempo preoccupato per l’abuso di Dpcm, a mettere mano all’argomento. Lo fa presentando un emendamento al decreto Covid-19 in votazione alla Camera tra oggi e domani. “Occorre parlamentarizzare i Dpcm” è l’obiettivo di Ceccanti. “Si tratta di una fonte che nel corso dell’emergenza ha finito per avere un rilievo sconosciuto in precedenza. Entrando in una nuova fase - ha spiegato il professore dem - appare opportuno regolarli in modo diverso: ferma la responsabilità piena del Governo sulla sua emanazione, appare però opportuno introdurre un parere preventivo del Parlamento, obbligatorio anche se non vincolante, con un tempo certo di una settimana. In tal modo alcune criticità possono essere prevenute dal Parlamento senza costringerlo ad intervenire dopo su altre fonti”. Per la partecipazione alle SS.Messe, ad esempio - questione che ha scatenato un quasi incidente diplomatico con la Cei e la Santa Sede - Ceccanti ha presentato ieri un altro emendamento che prevede “lo sblocco delle celebrazioni tramite un protocollo regolato con ciascuna confessione religiosa”. Se il Dpcm 27 aprile fosse passato prima dal Parlamento, questo e come altri pasticci sarebbero stati condivisi e quindi evitati.

 

Una richiesta trasversale

Il governo non ha gradito la mossa di Ceccanti se è vero che pochi minuti dopo il deposito dell’emendamento è partita da palazzo Chigi una cordiale ma indispettita telefonata. “Professore, così ci mette in difficoltà…”. Ma il Professore, in quanto tale, di fronte a certe forzature non può che intervenire. E’ naturale e spontaneo, al di là dell’appartenenza. E’ come bocciare uno all’esame se non sa rispondere. Il fatto è che all’iniziativa di Ceccanti hanno poi aderito un po’ tutti. Leu (Stefano Fassina) ha firmato quella del Pd. Fratelli d’Italia ha presentato la propria. “Il Parlamento non decide più nulla - ha denunciato Giorgia Meloni - ci sono quattro persone che si chiudono in una stanza e decidono del futuro di milioni di persone. E che decisioni poi… Questo non è più tollerabile”. Meloni ha organizzato ieri la prima manifestazione ai tempi del Covid. Una settantina di parlamentari di Fdi si sono messi in fila in piazza Colonna tra palazzo Chigi e la colonna, rigorosamente ad un metro di distanza, ciascuno con un cartello di una categoria ignorata dai provvedimenti sin qui emessi: architetti, avvocati, centri estetici e parrucchieri, bar e ristoranti, centri sportivi. “Il silenzio degli innocenti” il titolo del flash mob. E poi Forza Italia e +Europa, con emendamenti diversi ma finalizzati allo stesso obiettivo. “La Fase 2 deve essere l’occasione per rientrare nella legalità costituzionale” ha detto Riccardo Magi. Sarebbe clamoroso se, per un motivo o per l’altro, il governo impedisse questi suggerimenti.

 

“Lo stato di eccezione è finito”

E poi c’è Renzi. Nella testa dell’ex presidente del Consiglio questo problema ronza da mesi. E però prima non è mai stato il momento: troppa emergenza, troppo dolore, bandita ogni critica. La Fase 2 deve cominciare sotto un segno diverso. Così prima ieri mattina in un’intervista a un quotidiano poi durante il giorno ospite in vari salotti tv, il senatore di Firenze ha sferrato un attacco al governo. “Così calpesta la Costituzione, faccia un decreto vero, subito esecutivo, e il Parlamento poi lo voterà”. Il punto è che “non si incide sulla vita delle persone a forza di Dpcm. Voglio avere la possibilità di modificarlo, anche insieme al Pd”. Lo stato d’eccezione è finito da una pezzo. E guai a confondere l’eccezione con l’ordinario.

Presidente della Consulta, il professore-deputato Ceccanti, il senatore Renzi: se da tre fonti così diverse arriva la stessa denuncia-raccomandazione significa che il problema c’è ed è serio. Il premier ci può anche restare “male” ma proseguire nello stesso errore sarebbe non più perdonabile. Perchè è vero che Conte resta molto alto nei sondaggi circa il consenso personale (66%). Ma quei sondaggi sono tutti precedenti il Consiglio europeo del 23 e l’orazione serale di domenica con l’ennesimo pasticcio del Dpcm.

 

La difesa del Pd

In una giornata così, iniziata con un’intervista del segretario dem Nicola Zingaretti critica rispetto alle modalità e i tempi del Dpcm Conte, lo stesso segretario convoca una conferenza stampa nel pomeriggio per presentare il piano semplificazione del Pd. Sacrosanta necessità, quella di semplificare, di cui si parla ogni giorno e per cui Iv ha a sua volta già presentato un piano (come anche per aprire cantieri di edilizia pubblica e creare lavoro). Andrea Orlando, Marianna Madia presentano un provvedimento che vuole correre ai ripari del disastro cig, indennità, finanziamenti, misure che faticano ad atterrare sui territori, promettono di inserirlo come emendamento nel primo decreto utile e di farne un decreto a parte. Si tratta di far sì che “le erogazioni arrivino solo sulla base di autocertificazioni” e che le “autorizzazione arrivino in tempi zero se sono semplici e in tempi certi se sono complesse”. Parole sante. E nessuna critica a Conte o al governo. Anzi, Zingaretti attacca Renzi e “la volontà di qualche leader di guadagnare uno zero e virgola in più di consenso dando giudizi non sul merito delle idee quanto su chi quelle idee esprime”.

Nelle file del Pd però le cose stanno in modo diverso. Deputati e senatori sono molti scontenti, e lo hanno fatto pervenire modo chiaro al segretario tramite i capigruppo, non gradiscono più nè il metodo nè i contenuti dei provvedimenti di legge del governo di cui sono maggioranza relativa. Non dicono di voler “buttare giù il Conte 2, non ora almeno, vediamo" ma le “perplessità sono molte e i segnali di un cambiamento non pervenuti”.  

L’autodifesa di Conte

Il premier ha passato la giornata tra Genova e il nord, là dove il virus ha fatto più male. Milano e Bergamo la sera prima, ieri tra Lodi e Piacenza. “L’emergenza non è finita, è necessaria la massima responsabilità da parte di ciascuno che altrimenti dobbiamo chiudere di nuovi i rubinetti che stiamo per aprire” ha spiegato in ogni tappa. Tanto che per la prima volta da quando è iniziata l’emergenza ieri palazzo Chigi ha reso pubblici i dati della Commissione tecnico scientifica con le simulazioni dei ricoveri in terapia intensiva a seconda delle varie aperture. Se l’apertura fosse totale, scuole comprese, avremmo “151 mila posti di terapia intensiva già a giugno e un numero di ricoveri, a fine anno, pari a 430.866”. Con questi numeri, forniti dai tecnici, il premier ieri è andato in giro spiegando i timori di un nuovo contagio e una nuova epidemia. “Conte gioca con la paura e il rinvio” lo ha attaccato Salvini che invece non sta benissimo nei sondaggi. Intanto però gli uffici del governo stanno lavorando per un piano B di aperture: le SS Messe a partire da domenica 11, la possibilità di raggiungere le seconde case, bar, ristoranti, parrucchieri, tutto anticipato alla prima metà del mese. Dell’ultimo Dpcm dovrebbe quindi restare molto poco. E dovrebbe perciò essere modificato e trasformato in un decreto.    

 

L’autonomia delle Regioni  

Anche perchè o cambia il governo o cambiano le regioni. I governatori tengono alla salute dei propri cittadini ma confidano nel senso di responsabilità di ciascuno e preferiscono aprire tenendo sotto controllo i dati. Veneto, Liguria, la stessa Toscana, Trento e Bolzano, la stessa Calabria, Campania e Sicilia molto attente alle chiusure e alla protezione dei propri confini, per non parlare delle regioni con pochi casi e che già adesso non si capisce perchè non possano ripartire. Così la più grossa modifica che Conte è costretto a fare è proprio quella di dare il via libera alle aperture regionali differenziate a partire da metà mese. Un altro totem che cade.  

Claudia Fusanidi Claudia Fusani, giornalista parlamentare   
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