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[L'analisi] Il Pd festeggia la vittoria e si pone un triplice obiettivo. Ma si allontana la data del congresso

Gli obiettivi del partito di Zingaretti sono le alleanze locali con i 5Stelle, rafforzare l’impronta ‘riformista’ del governo e il partito

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
[L'analisi] Il Pd festeggia la vittoria e si pone un triplice obiettivo. Ma si allontana la data...

Gli obiettivi di un Pd che ancora non crede ai suoi occhi (Emilia-Romagna che resta ‘rossa’, Calabria perduta ma con onore, dem primo partito in entrambe le regioni con un largo 34,7% nella prima, un dignitoso 14,3% nella seconda) sono triplici. Il primo è cercare di stringere alleanze con i 5Stelle alle prossime regionali, un’altra partita difficile. In primavera (ma più facilmente verso maggio) si voterà in sei regioni (Toscana, Puglia, Campania, Marche, Liguria, Veneto) e l’obiettivo del Pd è riuscire almeno a tenerne tre (Toscana, Marche e Puglia, sperando anche nella Campania) su sei. In alternativa, ‘drenare’ il voto dei 5Stelle e ‘riportarlo a casa’: dopo i voti dei grillini andati, ormai stabilmente, al centrodestra e alla Lega, alle Europee, quelli che restano sono tutti voti ‘di sinistra’, credono ora al Nazareno, come dimostra l’ampio uso del voto disgiunto.

Il primo mantra: “progetti comuni di buongoverno” con l’M5S nelle prossime regioni al voto

Il mantra che viene ripetuto, dunque, è che con i 5 Stelle va ricercato “il massimo dell’unità e della collaborazione”, facendo nascere “progetti comuni del buon governo regione per regione” ovunque, “nel rispetto dell'autonomia delle Regioni”, cioè degli stati maggiori locali che dovranno individuare candidature le più ‘larghe’ possibili, anche se per ora in campo di sicuro c’è solo quella di Emiliano in Puglia. “Uniti si torna contendibili e si rafforza un campo di forze alternativo alle destre” è il concetto più volte ripetuto insieme all’altro, e cioè che “il Pd da sconfitto e marginale che era alle Politiche 2018, torna pilastro di tale campo". L’altro, cioè il secondo obiettivo, è chiamato quello del “buon governo”: guai a vivacchiare è la ‘minaccia’ dei dem nella futura azione del governo. "Riformismo – spiegano al Nazareno – vuol dire fare le cose”. Dopo il taglio delle tasse – annuncio che, per il Pd, ha funzionato – ora bisogna accelerare su “investimenti green, aumento obbligo scolastico, rilancio del digitale, riforma fiscale per avere più giustizia”. “Governare da alleati e non avversari significa questo” dicono dal Nazareno rivolti agli alleati di governo.
Il terzo obiettivo è il rinnovamento del Pd: “Si va avanti – dicono gli uomini di Zingaretti – per costruire un partito dove contano le persone, aperto e pluralista”, anche se i ragionamenti sul congresso sono di fatto rinviati sine die.

Zingaretti sorride e al Nazareno scatta l’ora del "volemose bene"

Nel Pd, dunque, è scattata l’ora del ‘volemose bene’, dopo quella dello ‘scampato pericolo’. Volti soddisfatti e facce sorridenti, al Nazareno, dove si accolgono i cronisti per la conferenza stampa di consuntivo delle regionali. “Mi dicono che sorrido troppo”, scherza Nicola Zingaretti davanti ai cronisti, ma oggi ci sta. Lo scenario post 26 gennaio è il migliore che i dem potessero sperare e, quindi, che la festa cominci pure. Tutte le vittorie hanno, però, un prezzo e, appunto, il Pd vuole far pesare il suo nuovo ruolo ‘centrale’ negli assetti politici del Paese e del governo. Di fronte alla disfatta dei 5 Stelle, a Italia Viva che non ingrana (ma neppure si presentava alle elezioni, stavolta), il Pd vuole dimostrare di essere l'unico partito in salute della coalizione. Zingaretti e Orlando si dividono i ruoli: il primo fa il poliziotto buono e il secondo quello cattivo, ma il messaggio è identico. La verifica di governo, è il messaggio a Conte, va fatta al più presto, nei prossimi giorni. “Conte sta lavorando a una agenda di governo per aprire una fase 2 e noi sosteniamo questo sforzo. Il Pd vuole essere la forza che unisce stabilità ed efficacia del governo” per Zingaretti.

Zingaretti e Orlando si dividono i ruoli: poliziotto buono e poliziotto cattivo

Il segretario parla di “rilancio del profilo riformista” dell'azione di governo, Orlando è più esplicito (“Il risultato di ieri ci spinge ad essere più determinati sul programma che deve distinguere di più questo governo da quello che lo ha preceduto”) ma soprattutto manda un avvertimento ai 5Stelle: “Rinuncino a un armamentario che rende difficile l’attività di governo”. Il Pd, magnanimo, non vuole rimpasti di governo o nomine, ma vuole pesare sui temi, e parecchio. Sempre secondo Orlando “è giusto che oggi si usi questo risultato per modificare l'asse politico del governo su molte questioni”. Sulla giustizia, per dire, tema caldo del giorno. Orlando, già nella notte, indicava due temi: la riforma Bonafede e iniziare a mettere mano di decreti sicurezza. In conferenza stampa al Nazareno non se ne è riparlato, ma il messaggio quello resta. Ma anche Zingaretti si toglie i suoi sassolini dalle scarpe: “Il Pd è un partito responsabile. A volte la nostra responsabilità è stata scambiata per subalternità. Una stupidaggine colossale e i risultati credo che facciano chiarezza di questa sciocchezza. Noi diciamo che si governa bene non da avversari ma da alleati”.

Zingaretti, rinvigorito dal voto e convinto che la sua linea “soft” sia quella che ha pagato, è però assai meno ultimativo. Niente pugni sul tavolo o richieste di rimpasti di governo: “Mai - scandisce - userò la parola ‘imporre’ verso gli alleati. Cui rivolge, invece, l’appello suadente ad “uno spirito di maggior collaborazione”, perché “ci è parso che finora, in certe occasioni, ha prevalso una volontà polemica anche a prescindere dal merito”. Quindi, aggiunge, “spero che tutti siano disponibili a questa fase, conviene a tutti”.

Il segretario non vuole ‘umiliare’ i 5Stelle, Orlando lo fa

L’intento del leader del Pd è chiaro e ai suoi lo ha spiegato così: “Nulla sarebbe più sbagliato, ora, che farsi prendere dalla voglia di umiliare i Cinque Stelle”. Tanto, è il suo ragionamento, Conte è già disponibile a mettersi a servizio del nuovo azionista di maggioranza e a usare tutta la sua influenza per trascinare quel che resta del Movimento nell’orbita del centrosinistra. Quanto alla massa di manovra parlamentare dei Cinque Stelle, piuttosto che tornare alle urne, non c’è dubbio alcuno che deputati e senatori sosteranno il governo perinde ac cadaver. Magari continueranno a uscire alla spicciolata dal partito, ma la gran parte resterà nell’ambito ospitale della maggioranza. L’obiettivo di Zingaretti, però, è di convincere la Ditta grillina a fare un passo in più e scegliere l’alleanza organica con il Pd alle prossime elezioni: in molte delle regioni in cui si voterà, l’elettorato residuale dei pentastellati può fare la differenza tra una sconfitta probabile e la vittoria.

Il congresso si farà, ma i tempi saranno lunghi…

Quanto al partito, dopo “il cambio tutto” (nome e simbolo) di metà gennaio, annunciata da Zingaretti, la volontà resta ma i tempi si diluiscono. Il congresso si farà, certo, ma dopo l’estate (“Nessun retroscena, stiamo cercando le date migliori, vediamo se farlo prima o dopo il referendum”). Tempi lunghi, quindi. Anche perché Zingaretti vuole provare a convincere la minoranza degli ex renziani, capitanati da Lorenzo Guerini, quelli di Base riformista, a non comportarsi da ‘spina nel fianco’ ma a investire nel partito e, dunque, ad accettare la sua ‘gestione unitaria’. Non a caso, e a breve, ci saranno invece la Direzione e poi l'Assemblea nazionale, dove è vacante il posto di presidente e che dovrebbe andare a una franceschiniana doc, la ligure ed ex ministra Roberta Pinotti. Circola anche il nome del vincitore dell’Emilia, Stefano Bonaccini, sia come presidente dell’Assemblea che come sfidante proprio di Zingaretti alle prossime assise del partito, sostenuto dagli ex renziani e dal partito dei sindaci (in alternativa, c’è Giorgio Gori), ma al Nazareno smentiscono secchi l’ipotesi.

Il segretario dem ha comunque bisogno di altri successi per stabilizzare definitivamente la sua posizione e arrivare all’autunno rafforzato per farsi riconfermare in un congresso “a tesi” (ossia senza contendenti per la leadership) e poi affrontare la partita delle elezioni politiche come capo dello schieramento progressista contro il centrodestra, in una competizione virtualmente bipolare (virtualmente perché a breve entrerà in vigore il Germanicum, cioè un sistema elettorale proporzionale).

Il congresso ‘a tesi’ per stoppare la variabile Bonaccini

In ogni caso, dopo aver accarezzato a lungo l’idea di nuove primarie per rilegittimare la sua leadership, ora gli uomini del segretario parlando appunto di congresso ‘a tesi’, cioè sui programmi e le alleanze, senza divisioni sui nomi. Un modo per stoppare la corsa di contendenti pericolosi come Bonaccini potrebbe diventare: rinvigorito dal successo colto nella sua regione, sostenuto dai sindaci e dagli ex renziani, il neo governatore potrebbe diventare un avversario temibile. Zingaretti, per ora, non ci pensa: batte e ribatte sull’unità del Pd (“E’ un partito talmente unito, oggi, che non ve ne siete neppure accorti…”), “una forza unitaria ma non settaria” perché “vogliamo intorno al Pd un campo di forze, utile nei sistemi maggioritari ma anche per Paese che va verso una bipolarizzazione, e sulla necessità di “costruire un campo largo di forze progressiste” con dentro “forze civiche, amministratori, movimenti, associazioni”. Ma i 5Stelle, le Sardine, i movimenti e i sindaci ci staranno?

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