Meloni vittoriosa e generosa cerca i sindacati per riformare fisco, pensioni, Costituzione e Pnrr
Ieri lunga giornata di incontri a palazzo Chigi. La premier ha voluto accanto a sè mezzo governo. “Facciamo insieme queste riforme che tanto devono essere fatte pur nelle nostre diversità”. Cgil e Uil molto scettiche: “Prima il merito poi decidiamo il metodo”

La generosità di chi vince ma sa che certe vittorie sono effimere se non hanno la sostanza del buon governo. La necessità di dare, soprattutto in Europa, il segnale che l’Italia fa le riforme che servono ed è affidabile per la realizzazione del Pnrr. Giorgia Meloni festeggia la vittoria schiacciante nelle amministrative con mosse da statista conservatrice - e non certo estremista - e pragmatica. Tanto lascia ai suoi in Parlamento la libertà di soddisfare gli istinti più identitari della destra di popolo. A cominciare dalla legge universale contro la maternità surrogata (in Italia è già vietata) alle Autonomie regionali.
Una giornata di incontri
Così ieri Giorgia Meloni ha passato la giornata a palazzo Chigi con sindacati e parti sociali per fare un’offerta a cui è difficile, e sarebbe anche sbagliato, dire di no: facciamo insieme la riforma fiscale e quindi il taglio del cuneo, la riforma delle pensioni e un’osservatorio per tenere a bada gli effetti dell’inflazione ed eventuali speculazioni. Prima Cgil. Cisl e Uil - in stato di agitazione permanente dal primo maggio, quando fu approvato il taglio del cuneo in mezzo a tante altre misure che hanno “precarizzato ancora di più il lavoro - e Ugl e Confisal. Poi le associazioni di categoria, commercianti, consumatori Confindustria; Confapi; Confcommercio; Confesercenti; Confartigianato; Cna; Alleanza Cooperative; Coldiretti; Confagricoltura; Cia; Confprofessioni; Abi; Ance; Copagri.
Il metodo
Sul tavolo ci sono riforme attese, necessarie e non più rinviabili perchè l’inflazione ha tagliato le gambe soprattutto alle famiglie con redditi medio-bassi, la povertà è aumentata e le disuguaglianze anche. Meno tasse soprattutto per chi guadagna poco. Lavoro stabile, soprattutto per le donne. Riforma delle pensioni, soprattutto per i giovani, per evitare “una bomba sociale” in futuro. E un osservatorio per tenere sotto controllo gli effetti dell'inflazione e calibrare al meglio gli interventi per proteggere potere d'acquisto e salari. Il governo intende portare avanti questo piano di interventi, se possibile, “insieme” alle parti sociali chiamate dalla premier a “mettere da parte i pregiudizi” per una stagione di riforme, dal fisco alla Costituzione, contrassegnata dal dialogo “costruttivo pur nel rispetto delle differenze”. E infatti Meloni convoca in sala Verde, accanto a se, mezzo governo proprio per dimostrare attenzione e concretezza. Che si vuole fare sul serio e cancellare le frizioni nate finora visto che la “concertazione”, meglio dire la condivisione dei dossier, finora è stata fatta chiamando le parti al tavolo a provvedimenti già decisi. Spesso addirittura scritti. Da qui le tante tensioni. Così la premier ha voluto accanto a se i ministri economici Giorgetti, Urso, Calderone e Santanchè, quelli della “gioventù” - istruzione, università e sport - e della cultura. Anche la titolare delle Riforme Elisabetta Casellati, della Salute Oreste Schillaci, della Pubblica amministrazione Paolo Zanrillo e dell’Ambiente Pichetto Fratin. E anche la ministra alla famiglia Roccella
La reazione dei sindacati
Diciamo subito che i sindacati, rivendicando in coro i due mesi di mobilitazioni e scioperi vari, si sono divisi sugli esiti dell’incontro. Luigi Sbarra (Cisl) parla di un “nuovo inizio" nelle relazioni con l’esecutivo. Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri restano diffidenti. Le risposte sono ancora “insufficienti” ha detto il leader Uil mentre il segretario generale di Corso d'Italia ha rilanciato la mobilitazione (è già decisa una iniziativa in piazza a Roma con una ampia rete di associazioni laiche e cattoliche il 24 giugno) senza escludere alcuno strumento, nemmeno lo sciopero anche se non lo ha citato. Un intero pomeriggio a Palazzo Chigi, insomma, non è bastato a convincere i sindacati. Anche perché arrivano le proposte di una serie di tavoli ma nessun “risultato concreto” ha incalzato Landini. Va bene il metodo, figurarsi. Ma il tema sono sempre i risultati, chi decide alla fine e quanto concede alla parte in minoranza. O meglio, che non ha le leve del potere in mano. L’agenda del confronto è assai ampia e va dalla previdenza alla sicurezza sul lavoro. Ma l’obiettivo, che la
presidente del Consiglio ha esplicitato subito, è quello di impostare un metodo “strutturato” per affrontare le scelte strategiche per il Paese. Pardon, “per la Nazione” come dice sempre la premier non accorgendosi di quanto sia assai più dolce e bella la parola Paese. La lista delle richieste dei sindacati, osserva la premier, sarebbe anche condivisibile ma vale “decine di miliardi. Se li avessi farei tutto o quasi quello che dite. Ma non li ho e devo scegliere. Vorrei farlo con voi”..
E’ necessario quindi puntare sulle misure “a più alto moltiplicatore” (che rendono di più a parità di investimento) per mantenere quel ritmo di crescita che oggi, “e non accadeva da qualche anno”, pone l'Italia sopra la media Ue.
La premier ha sottolineato i dati incoraggianti del Pil ma anche dell'occupazione, e ha assicurato l'impegno a incentivare il lavoro stabile, ad abbassare le tasse ampliando il primo scaglione Irpef (l'Abi chiede di ridurle anche sul risparmio a lungo termine), a puntare sulla natalità perché altrimenti il resto degli interventi diventerebbe “inefficace”.
Detassati i lavoratori che diventano genitori
Nelle proposte che Meloni offre ai sindacati c’è “la detassazione del contributo del datore per i lavoratori ai quali nasca un figlio” ma anche fringe benefit “strutturali” e deduzioni per i trasporti per i dipendenti. E’ necessario poi aprire il grande capitolo delle pensioni: partendo dalla mappatura in corso al ministero del Lavoro bisognerà accendere un faro sugli effetti “di determinati provvedimenti in tema di esodi aziendali e ricambio generazionale”. Qualunque riferimento alle varie Quote applicate in questi sei anni non è casuale. E’ chiaro che Salvini, assente, non ha gradito. Anche perchè tra i pochi ministri assenti dal tavolo c’era proprio Roberto Calderoli il papà della legge sulle Autonomie regionali che Meloni - e anche Berlusconi - non vorrebbero nè ora nè mai perchè moltiplica le differenze e che invece Salvini ritiene prioritaria.
Le pensioni
Il primo tavolo sarà appunto sugli “anticipi pensionistici” anche perchè a fine anno scade quota 103. La premier ha la necessità di “garantire la tenuta del sistema” senza dimenticare le giovani generazioni. L’ altro grande tema che fa da convitato di pietra di tutta la giornata è quello del “tagliando” da fare al Pnrr anche grazie all'introduzione del capitolo sul Repower Eu. Serve un dibattito “pragmatico, non ideologico” ricordando che il Piano sarà utile anche per la messa in sicurezza dei territori martoriati dall'alluvione in Emilia-Romagna. E sottolineando che bisognerà rivedere bene alcuni interventi, a partire dalla destinazione dei 15 miliardi alla sanità senza “immaginare cattedrali nel deserto”.
Pnrr e riforme costituzionali
L’altro convitato di pietra della riunione fiume è stato il capitolo riforme costituzionali. Anche si queste “mano tesa” del governo: “Cerchiamo il maggior coinvolgimento possibile”. Ma Landini ha subito chiarito in modo secco e perentorio a mettersi anche solo a parlare “di autonomia differenziata”. Immediata la risposta della Lega: non solo l'autonomia “si farà” ma “unirà finalmente l'Italia che vogliamo e che sarà più moderna. Il contrario di quello che vogliono gli estremisti di sinistra”. Peccato che Salvini debba segnare lì unica sconfitta di questo turno elettorale: ha perso Vicenza, dopo aver perso Verona e Udine. Tre “capitali” di quel nord est che lui mette in prima fila quando si parla di autonomia regionale.
E l’intelligenza artificiale
Nel confronto con le associazioni di categoria, Meloni ha voluto introdurre anche il tema dell’ intelligenza artificiale. “Credo sia necessario - ha detto - cominciare a ragionare di questa materia per evitare di ritrovarci nella stessa situazione che abbiamo vissuto con la globalizzazione”. Fino a oggi il progresso tecnologico “ha consentito di ottimizzare le competenze umane”, l'intelligenza artificiale invece “costituisce un progresso che sostituisce le competenze umane. Questo ha una serie di conseguenze sui nostri modelli sociali, di lavoro e di welfare. Qualcuno lo aveva previsto, qualcuno no, siamo comunque già in ritardo”. Il tema c’è ed è anche molto serio. Ed è chiaro che non può essere un singolo paese. Ad affrontarlo. Anche su questo, come su altro, servirebbe molta più Europa.