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[Il caso] Il lodo Draghi su aperture, scuole e obbligo vaccini: il decreto che rompe col passato

Con le regioni e anche la magistratura. La battaglia di Salvini contro l’Italia rosso-arancio per tutto aprile e per ottenere la rivalutazione delle chiusure già dopo Pasqua. “E’ giusto che chi ha numeri torni giallo”. Il difficile ruolo di lotta e di governo

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Il presidente del Consiglio Draghi a Palazzo Chigi (Ansa)
Il presidente del Consiglio Draghi a Palazzo Chigi (Ansa)

“Abbiamo vinto noi” esulta Salvini, “bye bye Speranza, Draghi ha accolto le nostre richieste e il titolare della Sanità è stato nei fatti commissariato”. Macché. “Abbiamo vinto noi, cioè il buon senso che significa non parlare di aperture mentre i dati del contagio crescono” dicono appunto i ministri Speranza e Orlando. Il Consiglio dei ministri finisce alle 20 e 30, circa tre ore per deliberare - ma non solo - sul decreto Covid con le regole da seguire dal 7 al 30 aprile. Eppure ancora alle dieci di sera i rispettivi staff, della Lega da una parte, dei ministri Speranza e Orlando dall’altra, hanno continuato a mandare note e dichiarazioni a getto continuo. Ho vinto io, no-tu-no, ha vinto l’altro. “Passa la linea Salvini, forte irritazione di Pd, M5s e Speranza” dicono fonti della Lega, “subito dopo Pasqua il governo valuterà eventuali riaperture tenendo conto del piano vaccinale e dell’andamento dei contagi”. E’, questa, la “mediazione cui ha lavorato personalmente Salvini trovando intesa con le posizioni del premier Draghi”. Sono le 21 e 14. Dunque nessuna blindatura rossa o al massimo arancione per tutto aprile. Si invece alle regioni o ai comuni in giallo se i dati del contagio lo consentiranno. Alle 21 e 10   si fa sentire Federico Fornaro, capogruppo Leu alla Camera. Ed è come mettere il sale sulle ferite aperte. “Possiamo comprendere l’imbarazzo della Lega di Salvini a votare le misure anti Covi 19 in assoluta continuità con il governo precedente. Salvini, poi, alzi lo sguardo dai social e guardi alle misure restrittive che stanno adottando Germania e Francia. Gli italiani hanno chiaro chi sta tutelando la loro salute e chi invece ogni giorno pare essere interessato solo a coltivare il consenso elettorale e a individuare nemici immaginari”.

Il lodo Draghi

La verità come sempre sta nel mezzo. Ed è quella già annunciata venerdì scorso dal premier in conferenza stampa quando con molta pazienza spiegò che tutti auspicano le riaperture, che anzi bisogna “programmare le riaperture” e “iniziare e scommettere sul futuro”. Ma le chiusure “non sono intollerabili”, sono invece necessarie. Tutto il resto è “auspicabile". Nessuno automatismo, insomma, né in un senso né nell’altro. L’Italia resta in arancione o rosso fino alla fine di aprile, con spostamenti vietati in tutto il paese, bar e ristoranti, cinema e teatri, palestre e piscine chiuse, niente visite a parenti e amici in zona rossa e possibili in zona arancione all'interno della regione una sola volta al giorno e in un massimo di due persone. Ma se l'andamento della pandemia e della campagna di vaccinazione lo consentiranno, saranno possibili deroghe per ripristinare le zone gialle e dare corso ad alcune aperture anche prima del 30 aprile. Per fare questo non sarà necessario un nuovo decreto ma una semplice deliberazione del Consiglio dei ministri. La lotta ora, ma non da ora, si sposta all’interno del Cts, completamente rinnovato, “dimagrito” e sicuramente non più emanazione diretta del solo ministro della Salute. Si lavora per una diversa valutazione dei parametri e una loro lettura con tempistiche più ravvicinate in modo che i dati siano la fotografia del presente e non di una settimana fa. “In altre parole - ha commentato Salvini -

il governo valuterà eventuali riaperture dopo Pasqua, basandosi su dati scientifici e sull’efficacia del piano vaccinale. Significa che alcune aree del Paese potrebbero tornare gialle già ad aprile”. È la risposta “positiva” alla richiesta della Lega, che Matteo Salvini aveva ribadito direttamente al ministro Roberto Speranza nel corso di un faccia a faccia ieri mattina. E poi nei “vari e costanti contatti con palazzo Chigi”. Tutte le regioni chiedono il ritorno ai colori, per determinare aperture e chiusure su parametri scientifici. Il leader leghista ha fatto un esempio concreto: “la Sardegna ha problemi in dieci comuni su 370 e oggi sarebbe gialla. Perché punirla fino a maggio?”.

L’oppositore di governo

E’ dura la vita di chi - la Lega di Salvini -  deve reggere due parti in commedia, di lotta e di governo. Dura specialmente se la tua principale competitor, cioè Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, è rimasta all’opposizione e si può permettere di sparare a pallettoni ogni giorno ottenendo qualche zero-virgola in più nei sondaggi. Dura anche per chi, Fi, pezzi di Pd, Iv, rischiano di pagare il prezzo del buon senso. Se il buon senso ha ceduto al senso comune. Che non sempre è buono. Così come è dura per 5 Stelle, Leu e altri pezzi di Pd che si ostinano ogni giorno che passa nel voler dimostrare l’assoluta “continuità” del governo Draghi rispetto al governo Conte.

La giornata di ieri è esemplare per raccontare la dura vita dell’opposizione di governo. Salvini ha tenuto una conferenza stampa alla Camera alle 11.30 (andando a pestare i piedi a Meloni che aveva la sua sul Pnrr alle 10.30), poi un punto stampa veloce alle 11 fuori dal Senato, un altro nel primo pomeriggio con la sottosegretaria alla Transizione ecologica Vania Gava. Nel frattempo ha visto il ministro Speranza per un faccia a faccia sulla misure. Ma il ministro della Salute è rimasto radicalmente su aprile rosso-arancione. Anche questo forse è sbagliato. Perché una decisione che dovrebbe essere solo tecnica, sui numeri, senza pregiudizi nè blindature, sembra diventare politica. Davanti alla Camera ormai si trovano ogni giorno associazioni di categorie che chiedono di riaprire al grido: “Fateci lavorare”.  Ristoratori, palestre e piscine, attori e maestranze. Salvini fa la spola tra Senato e Camera, passa nei punti dove sa che le telecamere sostano ogni giorno, si ferma sempre di meno dove ci sono i presidi della protesta. Dichiarazioni su dichiarazioni per tenere alta la bandiera della Lega. Pur sapendo che, rispetto alle attese create, sarà sempre una bandiera a mezz’asta. Una vita difficile, va detto. Che Salvini interpreta con la solita “generosità”. Tutto questo accade fuori. E atterra solo in parte sul tavolo dove si riunisce il Consiglio dei ministri. A quel tavolo i ministri leghisti Giorgetti e Garavaglia tengono il punto del loro segretario ma, almeno per quello che filtra, “sono sempre discussioni molto serie ed approfondite che non cedono mai alla propaganda. Né da una parte né dall’altra”. Il lodo Draghi, che è stato anche il lodo Gelmini nella conferenza Stato-Regioni, alla fine ha messo tutti d’accordo. Soddisfatti anche i ministri di Forza Italia e Italia viva per la possibilità di “aperture mirate già prima della fine di aprile”. Italia viva soddisfatta perché finalmente il decreto obbliga i governatori, come vedremo, a tenere aperte sempre le scuole almeno fino alla prima media compresa.

Il testo del decreto

Un altro giallo di giornata è stato il testo del decreto. Anche qui: non c’è un prima e un dopo rispetto alla bozza fatta circolare prima della riunione. Dipende come si vogliono leggere le parole. I ministri Franceschini, Speranza e 5 Stelle possono essere soddisfatti perché sul testo si legge che l’Italia resta rosso o arancione dal 7 al 30 aprile. Che è sempre stata la loro posizione rigorista. Al tempo stesso Salvini può marcare la discontinuità perché il decreto prevede “la possibilità di nuove e diverse classificazioni se i dati del contagio e delle vaccinazioni lo consentiranno”. Un passaggio che dovrebbe innescare, tra l’altro, quel meccanismo virtuoso e premiale di buoni comportamenti. Che doveva essere il principio guida dell’Italia a fasce colorate. La Lega a fine giornata “conferma il buon rapporto con il Presidente del Consiglio Mario Draghi”.

Il quale tace, per carità di patria, e sembra ben sopportare la forte dialettica politica in un governo che del resto ha voluto misto, tecnico e politico. Così, li lascia sfogare e poi decide. E concentra tutte le energie su piano vaccini e Recovery plan. Le mission del suo mandato.

Scuole e vaccino obbligatori 

Il decreto Covid contiene in realtà due grosse novità, in netta discontinuità col passato: l'obbligo di vaccinarsi per tutto il personale che opera nella sanità, farmacisti compresi; lo stop alla possibilità per i presidenti di Regione di emanare ordinanze, come hanno fatto in questo anno di emergenza, per chiudere le scuole nonostante le indicazioni nazionali prevedessero la presenza in classe.

Il decreto, almeno nella bozza entrata in Cdm, è composto da 12 articoli. Due sono dedicati alle norme per i medici, per frenare i casi di sanitari no vax che rifiutando il vaccino possono contagiare i pazienti delle strutture dove operano (è accaduto in Liguria e in Veneto) e per proteggere dalle eventuali conseguenze penali le migliaia di somministratori che sono decisivi per la campagna vaccinale. Il governo ha infatti previsto che non debbano rispondere di omicidio e lesioni personali colpose tutti i vaccinatori che nel somministrare le dosi del siero seguano le regole indicate dalle autorità sanitarie. Per “tutelare la salute pubblica”, inoltre, tutto coloro che operano nelle strutture sanitarie e nelle Rsa pubbliche e private, nelle farmacie e nelle parafarmacie e negli studi professionali - dunque anche i dipendenti amministrativi - “sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita”.  Immunizzazione che “costituisce requisito essenziale all'esercizio della professione” tanto che, in caso di rifiuto, scatta lo spostamento a “mansioni anche inferiori” che non comportino la diffusione del contagio e il conseguente taglio di stipendio. Lo stipendio può essere sospeso qualora non sia possibile il trasferimento ad altra mansione. Si tratta di un provvedimento a tempo e specifico per questa pandemia: le misure saranno revocate nel momento in cui i sanitari no vax cambino idea, al completamento del piano vaccinale o comunque entro il 31 dicembre del 2021. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha voluto precisare che l’intervento è “condiviso da tutto il Governo ed è in linea con l'obiettivo di accelerare il completamento del piano di vaccinazione, priorità su cui l'intero esecutivo è concentrato”. La misura delude però i medici, che la definiscono “poco incisiva” sull'obbligo vaccinale e “insufficiente” sullo scudo penale. Anche i magistrati, ma per motivi diversi, non approvano. “Gli scudi penali di per se’ non sono un'ottima idea - commenta il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia - ma siamo in un momento eccezionale e saremo collaborativi”. Al Presidente dell’Anm andrebbe spiegato che non si tratta di una gentile concessione visto che non è compito dei magistrati scrivere le leggi ma solo applicarle.

Lo stop ai governatori

L'altra scelta forte del governo riguarda la scuola. La presenza in classe “è un. Obiettivo primario del governo” e quindi “le scelte dei governatori dovranno essere riconsiderate” alla luce di questa impostazione. Non è una sospensione del Titolo V. E neppure l’uso della clausola di supremazia già prevista su alcune situazioni e la crisi sanitaria è una di queste. E’ però un precedente molto forte. E questo sì poco digeribile per la Lega. E alcuni governatori come Emiliano e De Luca che in questo ultimo anno sulla scuola hanno fatto come hanno voluto senza amai seguire le linee nazionali. Il decreto stabilisce non solo la presenza fino alla prima media in zona rossa - e fino alla terza media in arancione, con le superiori in presenza al 50% - ma anche uno stop al potere delle Regioni sulla scuola, visto che i governatori non potranno cambiare questa scelta, come invece era loro stato consentito finora da tutti i Dpcm precedenti. La misura, si legge nel decreto, “non può essere derogata da provvedimenti dei presidenti di Regione o delle province autonome”. Una scelta, nel giorno in cui Macron chiude tutte le scuole per 3 settimane e manda tutto il paese in zona rossa, che conferma la volontà di Draghi di accentrare la gestione dell'emergenza almeno sui temi che ritiene più rilevanti. Con buona pace delle fragile tregua con le Regioni raggiunta appena 48 ore fa.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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