Viaggio nella regione laboratorio per il Centrodestra del futuro
Quello che avviene in Liguria e a Genova spesso è la cartina di tornasole di quello che sarà il trend nazionale

Certo, laboratorio del centrosinistra, come abbiamo raccontato su Tiscalinews, ma Genova e la Liguria sono anche laboratorio del centrodestra futuro. Insomma, quello che avviene a queste latitudini spesso è la cartina di tornasole di quello che sarà il trend nazionale.
Ad esempio, è da qui che è iniziata la rinascita del centrodestra dopo il ribaltone del dicembre 1994, con l’individuazione dei Claudio Scajola, allora giovanissimo sindaco di Imperia (e seguitemi perché qui torneremo) da parte di Silvio Berlusconi come coordinatore nazionale di Forza Italia per guidare la “traversata nel deserto” con poi la nuova alleanza con la Lega, la Casa delle libertà e lo sfratto da Palazzo Chigi a Massimo D’Alema che avvenne per la vittoria di Sandro Biasotti alle regionali liguri.
Lo sfratto a Renzi
E, dopo ancora, il preavviso di sfratto a Matteo Renzi che fu causato dalla vittoria di Giovanni Toti sempre alle regionali, circostanze queste che abbiamo ricordato palando del centrosinistra.
È proprio da qui partiamo, perché la forza di Toti e del suo progetto politico è stata sempre quella di provare ad allargare il perimetro della sua coalizione oltre i classici componenti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, più il partito di Maurizio Lupi che qui si chiama Liguria Popolare, poi Noi Moderati, l’Udc e il Nuovo Psi. Ma un po’ alla volta, partendo da Savona (l’unico grande centro poi tornato al centrosinistra) uno dopo l’altro Toti con la sua maggioranza ha conquistato tutti i maggiori Comuni liguri, comprese zone come La Spezia e addirittura Sarzana dove mai il centrodestra aveva vinto nella storia, con un gran lavoro sul territorio di Giacomo Raul Giampedrone, assessore regionale totiano.
Il caso del comune di Genova
E in questa lista entra ovviamente a pieno titolo anche il Comune di Genova espugnato la prima volta a sorpresa al ballottaggio da Marco Bucci e la seconda in modo trionfale.
Ma qui arriva la storia dell’allargamento del perimetro. Perché, nonostante un esplicito veto di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, Bucci ha voluto prima nelle sue liste civiche candidati che venivano da Italia Viva e poi entrati anche in giunta con un assessore, Mauro Avvenente, e un consigliere delegato, Davide Falteri. E sempre in consiglio comunale nelle sue civiche Bucci da Azione ha portato Lorenzo Pasi e dagli ex di +Europa Federico Barbieri. E dal mondo renziano vengono anche parecchi assessori e consiglieri nei Municipi, nati anche dall’ottimo rapporto che lega il sindaco di Genova alla presidente dei senatori del Terzo Polo Raffaella Paita e allo stesso Matteo Renzi.
L’ultima volta che è venuto a Genova Renzi, che a differenza di Giorgia vuole sempre Bucci con lui in prima fila e lo omaggia come uno dei migliori sindaci d’Italia, l’ha anche detto esplicitamente: “Marco farà parte del nostro progetto”. E Bucci ridendo quando gliel’abbiamo fatto notare: “Lo dice lui, però, non io”. Comunque i due si piacciono.
Le mosse di Toti
In questo quadro, anche Toti si sta guardando attorno. Alle provinciali di Savona il candidato presidente totiano Pierangelo Olivieri è stato trionfalmente rieletto con i voti “civici “ anche dei sindaci del Pd e di quasi tutti quelli di sinistra, lasciando a secco il candidato di Lega e meloniani.
A Imperia Claudio Scajola - rieccolo come promesso- è stato eletto sindaco cinque anni fa solo con simboli civici correndo da solo contro centrodestra e centrosinistra. E trionfando.
Stavolta si ricandida sempre come civico, ma sostenuto anche da Toti, da Forza Italia e dalla Lega, che hanno capito la lezione, mentre Fratelli d’Italia non vuole rinunciare al suo simbolo e andrà da sola.
E qui è un altro Scajola, l’assessore regionale Marco, che insieme a Giampedrone e alla deputata Ilaria Cavo, è l’uomo più vicino a Giovanni Toti, il fuoriclasse della sua giunta regionale, a fare il ragionamento politico che spiega tutto.
I numeri di Scajola
Marco Scajola, con quasi ottomila preferenze in una provincia piccola, è stato il più votato alle scorse regionali in Liguria. E a Imperia il risultato- pessimo in tutta Italia- di “Noi moderati” è stato più che buono, trainato dal suo nome perché era candidato.
Insomma, esattamente come suo papà Alessandro, che fu deputato democristiano, e suo zio Claudio, Marco Scajola ha la capacità di conquistare consenso nel Dna. E, intervenendo a “Tiro incrociato”, la trasmissione di Telenord che approfondisce i temi politici come poche altre, ha spiegato al direttore Giampiero Timossi e a me un concetto che probabilmente è il futuro della politica: “Ormai gli elettori non scelgono più o quasi più sulla base dei simboli di partito”. Ma - complice l’incredibile legge elettorale per le politiche che impedisce di scegliere i propri rappresentanti - soprattutto in occasione delle amministrative molti elettori scelgono la persona, ribaltando anche il voto contemporaneo dato in elezioni più “politiche”, come ad esempio le Europee.
In passato, ad esempio, successe a Santa Margherita Ligure, dove i candidati a sindaco ufficiali del centrodestra perdevano nel momento in cui i partiti di centrodestra trionfavano nelle urne nelle stesse ore, superando il 70 per cento dei suffragi.
E nel 2019, come ricorda Marco Scajola, a Sanremo si votò contemporaneamente per le Europee e per le comunali. Lo spoglio delle prime era la domenica sera, mentre per le seconde si contavano i voti il lunedì.
Il centrodestra, trainato dal trionfo leghista, che aveva anche un ottimo candidato ligure, l’attuale capo delegazione all’Europarlamento Marco Campomenosi, superò il 60 per cento allo spoglio per le Europee e quindi il candidato sindaco del centrodestra, peraltro civico e moderato, stimato in città, non certo un pericoloso estremista di destra, andò a letto abbastanza tranquillo di essere il nuovo sindaco della città dei Fiori, pronto a premiare il vincitore del Festival successivo.
E, specularmente, il primo cittadino uscente, Alberto Biancheri, candidato della coalizione di centrosinistra, andò a letto un po’ amareggiato perché l’impressione era che i suoi concittadini l’avessero mollato nonostante l’aria per lui in città sembrasse buona e tutti gli facessero i complimenti per strada.
Insomma, il giorno dopo, quando si aprirono le urne, stravinse Biancheri al primo turno, senza nemmeno bisogno di ballottaggio. Dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che quando si vota per le amministrative gli elettori scelgono la persona e mai i simboli di partito.
Biancheri vicino al Terzo Polo
E oggi, dopo un altro ciclo amministrativo e un’ottima collaborazione istituzionale, Biancheri pare vicino al Terzo Polo e soprattutto Marco Scajola e Giovanni Toti si sono avvicinati molto a lui.
Ed eccolo qui il “laboratorio Liguria”, perfettamente teorizzato: le persone vengono prima dei simboli e la capacità di amministrare i rispettivi territori prima di alleanze nazionali disegnate trent’anni fa, in tutt’altro contesto politico.
Proprio per questo l’Opa di Matteo Renzi e della parte del Partito democratico che non vuole morire massimalista è rivolta esplicitamente anche a Toti e Bucci. Che, al momento, respingono al mittente il corteggiamento spiegando che il loro obiettivo è allargare la coalizione - come effettivamente è avvenuto a Genova - superando vecchi schemi, ma non di sostituire il centrodestra con una parte di centrosinistra.
Diverso invece è parlare di “Polo del buon governo” dove, da posizioni civiche, i migliori sindaci, di qualsiasi colore essi siano, essendo molto legati ai cittadini e sostanzialmente gli unici riconosciuti anche “dal basso”, convergono su un progetto di ottima amministrazione.
Che somiglia molto alla scelta di Renzi quando appoggiò Bucci: “Il sindaco di Genova è un uccello raro, giusto tutelarlo ed appoggiarlo”.
E che ha il nome di una delle due compagini che portò Berlusconi al trionfo nel 1994, quello del Sud per la precisione: Polo del buon governo, per l’appunto.
Coincidenze, certo.