[Il retroscena] Il kamikaze Cottarelli e la scelta dei ministri che piacciono ai Cinque Stelle e al Pd
Il premier incaricato rinuncia a incontrare i segretari dei partiti e prende sul serio il suo compito: “Metteremo in salvo i conti del Paese”. E’ già alla ricerca delle risorse necessarie per fermare l’aumento dell’Iva. Nella sua squadra solo tecnici, ma scelti tra quelli graditi anche ai partiti: c’è il generale dei carabinieri amico di Di Maio e pure il magistrato vicino al Pd. Al Viminale un prefetto. Cottarelli chiederà la fiducia soltanto al Senato e scriverà la manovra per il prossimo anno anche se - come è probabile - non dovesse ottenerla. Ha solo 70 giorni di tempo. Sul suo tavolo alcune nomine, ma nessuno, tranne il Pd, vuol sedersi a trattare. Berlusconi cede a Salvini e ferma l’operazione.
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“Neutro, completamente neutrale”. Carlo Cottarelli definisce così l’esecutivo cui sta lavorando da due giorni e che traghetterà il Paese verso il voto anticipato “dopo agosto” o, nella migliore delle ipotesi, “all’inizio del 2019”. E precisa che nè lui nè i ministri che saranno chiamati a far parte del suo governo si candideranno alle prossime elezioni. Per tutto il pomeriggio di ieri, l’economista del Fondo Monetario Internazionale ha lavorato nell’ufficio destinato ai premier incaricati alla Camera dei deputati, al secondo piano, a due passi dalla residenza di Roberto Fico, e lì ha studiato la possibile squadra. “Sarà snella”, spiega. Il compito principale che gli è stato assegnato da Sergio Mattarella è quello di fare da scudo umano alla possibile speculazione finanziaria contro il nostro Paese, sterilizzare l’aumento dell’Iva che diversamente scatterebbe in automatico e preparare la legge di Bilancio per l’anno prossimo. Ecco perché Cottarelli pensa di occuparsi personalmente dei dossier economici, avvalendosi magari di buoni tecnici ma senza ricorrere ad un ministro vero e proprio per l’Economia. Per gestire parte delle deleghe, l’economista starebbe considerando i profili di Salvatore Rossi, direttore Generale di Banca d'Italia, e di Lucrezia Reichlin. A loro chiederà quello che è stato chiesto a lui dal Capo dello Stato: “Mettiamo in sicurezza i conti pubblici”.
L'Italia deve evitare gli attacchi ostili
La missione impossibile avrà una durata di poco superiore ai 70 giorni, ma Cottarelli dovrà fare in modo che il Paese sia al riparo da attacchi ostili fino al 2019, quando ci saranno le elezioni Europee. Con un piano di tagli, che sono la sua specialità, dovrà trovare le risorse necessarie per disattivare le clausole di salvaguardia, che valgono 12,4-12,5 miliardi nel 2019 e 19,1 miliardi nel 2020. In caso contrario, dal primo gennaio 2019 l’aliquota intermedia dell’Iva passerà dal 10 al 12%, e al 13% dal 2020, mentre l'aliquota ordinaria crescerà nel 2019 dal 22 al 24,2% e al 24,9% nel 2020, e contemporaneamente ci sarà anche l’aumento delle accise sui carburanti per 300 milioni. Tranne pane, latte e uova, praticamente, in Italia aumenterebbe qualunque prodotto in commercio.
Fico e Casellati scettici
Servirebbe un mandato forte, ma è difficile che questo esecutivo riesca ad averlo. Il premier, fiutata l’aria e incassato il no preventivo alla fiducia pure di Forza Italia, ha rinunciato anche ad incontrare i segretari, a fare cioè un giro vero di consultazioni. Si è limitato, ieri, a confrontarsi coi presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati, scettici anche loro sulla possibilità di trovare una maggioranza politica in Parlamento. Meglio, allora, provare a convincere i partiti con le sue scelte, investendo su profili che nessuno possa mettere in discussione. E’ il caso del generale dei carabinieri forestali, Sergio Costa, famoso per avere scoperto la “Terra dei fuochi”, che Luigi Di Maio aveva indicato come ministro per l’Ambiente, al quale ieri è stata chiesta la disponibilità a scendere in campo. Di area Pd, certamente molto stimato da Matteo Renzi, è invece Raffele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Il magistrato, però, dovrebbe dimettersi prima del termine del mandato, che scade nel 2020. Agli Esteri andrebbe l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, già direttore generale per la Cooperazione della Farnesina, che al Quirinale sarebbe piaciuta anche come premier. Ad occuparsi dei rapporti con l’Ue in una fase complicatissima potrebbe essere richiamato Enzo Moavero Milanesi, già ministro di Mario Monti, oggi stimato dentro Forza Italia, o Enrico Giovannini, che era stato valutato come possibile premier di un governo M5s - Pd. Per gestire il Viminale, l’economista lombardo avrebbe pensato a Francesco Paolo Tronca, prefetto, già commissario a Roma. Nonostante questi tentativi, il premier incaricato, che potrebbe salire già oggi al Colle coi suoi nomi, resta pessimista sull’esito del voto nelle Aule. “Ma ce la metterò tutta”, diceva ieri sera.
Fiducia improbabile
Il pallottoliere gioca contro: se M5s, Lega, Fi e Fdi hanno anticipato il loro voto contrario, non ci sono chance che l’esecutivo possa ottenere la fiducia. A Montecitorio, dove la maggioranza richiesta è di 315 voti il primo partito è il Movimento Cinquestelle con 222 seggi, seguito dalla Lega con 124, da Forza Italia con 104, dal Pd con 111, dal gruppo Misto (con dentro LeU) con 36 e da Fratelli d'Italia con 32. Al Senato, dove la maggioranza richiesta è di 161 voti, il Pd ha 52 eletti, il gruppo per le Autonomie 8, il Movimento cinque stelle 109, Forza Italia 61, la Lega 58, Fratelli d'Italia 18 e il gruppo Misto 12. Per evitare una doppia bocciatura l’ex capo economista divenuto premier ha deciso di presentarsi davanti ad un solo ramo del Parlamento, il Senato.
La corsa per nominare il cda Rai
Se il primo intervento dovrà essere quello sull’Iva, il governo “neutro” si troverà a dover fare anche alcune nomine la cui scadenza è imminente. “Non si azzardi a nominare il cda Rai”, lo ha minacciato il capo politico pentastellato. Invece può essere che Cottarelli debba farlo. Con l’approvazione del bilancio fissata al 30 giugno, il vertice della Rai guidato dal tandem di giornalisti Monica Maggioni e Mario Orfeo concluderà il mandato. La procedura per il rinnovo è già partita e con la nuova legge la scelta dei membri del consiglio di amministrazione è rimessa al Parlamento, ma l’indicazione del direttore generale e del presidente spetta all’esecutivo. Sempre questo governo dovrà procedere al rinnovo dei vertici di Cassa Depositi e Prestiti, di Gse e Sogei. Il premier dovrà discuterne coi leader di partito, ma, finora, solo i dem sembrano disposti a collaborare.
Centrodestra rischia frattura
Lo avrebbe fatto anche Silvio Berlusconi, ma sul governo “neutro” ieri si è sfiorata la rottura definitiva del centrodestra. “Se Forza Italia lo sostiene, il centrodestra è finito”, ha messo le mani avanti il leader della Lega. Così il fondatore di Mediaset ha dovuto diramare una nota con la quale si è posizionato nettamente all’opposizione e ha annunciato che voterà contro al governo dell’economista che pure gli era stato simpatico. “L’unica soluzione per il futuro è il centrodestra unito”, destinato a “prevalere” alle prossime elezioni, ha scritto. Il Cavaliere prova a recuperare spazio ricordando che, dopo anni, al prossimo giro sarà ricandidabile. “L’alleanza? Ci penserò, ma è certo che non rinuncio alla dignità e alla lealtà”, gli ha risposto il leghista. L’unico che sembra considerare l’esecutivo-ponte dell’economista una possibilità e che potrebbe decidere di farlo votare è Matteo Renzi. Per l’ex segretario Pd questa è “l’occasione di una rivincita del Pd, ma anche di un salvataggio del Paese che può essere fatto solo dal Pd”.