E' nelle file del Misto che si gioca il futuro del governo: le grandi manovre per sfilare senatori a Conte
L'esecutivo appeso anche agli ex pentastellati ora alfaniani. E intanto altri ex del MoVimento vanno con Calenda e Bonino

C’è una settimana politica che vi hanno raccontato ai telegiornali, l’unanimità del Parlamento sul voto sullo scostamento di bilancio, la concordia ritrovata in attesa del DPCM sul Natale e un clima parlamentare finalmente più rilassato.
Ed è tutto assolutamente vero, grazie al capolavoro tattico e strategico di Silvio Berlusconi che ha ripreso in mano in pallino, costringendo Giorgia Meloni (comunque abbastanza silenziosa e non massimalista già di suo in questa fase) e soprattutto Matteo Salvini a seguirlo, pena l’irrilevanza e l’isolamento in un sovranismo sempre meno fruttuoso.
E insieme a Berlusconi fra i vincitori della settimana va annoverato il Pd, il segretario Nicola Zingaretti, ma soprattutto Andrea Orlando che per primo fra i Democratici ha tracciato la strada dell’accordo con il Cavaliere, superando i veti dei Cinque Stelle anziché farsene trascinare.
E proprio Orlando, che ha già avuto ottimi rapporti umani e politici anche con il centrodestra, visto che è stato l’unico Guardasigilli a non uscire macinato da via Arenula, ma anzi è stato un punto di equilibrio fra le istanze garantiste e quelle più giustizialiste, tenendo ben saldo il pendolo più dal lato dei diritti, è uno dei sicuri protagonisti della prossima stagione.
Che – e qui viene non la scena, ma il retroscena – già si sta muovendo dietro le quinte.
Sul tavolo, ci sono l’eventuale rimpasto, la conclusione della legislatura e l’elezione del nuovo Capo dello Stato, con Berlusconi che potrebbe essere uno dei protagonisti della corsa, ma comunque sarà il king maker.
E in tutto questo continuano anche i movimenti in Parlamento, che come sempre hanno al centro i Cinque Stelle, che sono comunque il primo gruppo sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, ma dove continuano gli smottamenti. E qui per leggere bene il tutto parto da tre interventi in Parlamento, che sono cartine di tornasole di ciò che sta accadendo fra i Cinque Stelle e soprattutto fra le truppe più “dure e pure”, pronti alla scissione di Di Battista (se mai ci sarà) o comunque a mollare la compagnia.
A Palazzo Madama, nel giorno della pace ritrovata, l’avvocato genovese Mattia Crucioli – eletto nel collegio uninominale “Genova – Unità urbanistica San Fruttoso” e da mesi spina nel fianco dei Cinque Stelle – ha provato a lanciare una bomba dialettica in aula, firmando un intervento durissimo con Forza Italia, spiegando che il MoVimento Cinque Stelle era assolutamente antitetico al berlusconismo e quasi firmando un manifesto manicheo del bene contro il male.
Dove, ca va sans dire, il bene era il MoVimento Cinque Stelle, o almeno quello di una volta, e il male Forza Italia con Berlusconi ora riconosciuto come interlocutore serio da Zingaretti, da Orlando (come detto il primo a capire l’importanza dell’operazione), da Franceschini, da Conte e persino da Di Maio.
Crucioli ha rispolverato tutto, la condanna in Cassazione, senza peraltro raccontare dei dubbi che la circondano, la decadenza di Berlusconi, Marcello Dell’Utri e varie ed eventuali di trent’anni fa, concludendo: “Voterò a favore dello scostamento di bilancio richiesto dal Governo, ma ammonisco al contempo i colleghi di maggioranza a non intraprendere strade che ci svierebbero dagli obiettivi di cambiamento e di equità che il Paese necessita e pretende”.
Poche ore dopo, a Montecitorio, il deputato Marco Rizzone, grande amico di Crucioli, eletto nello stesso identico collegio uninominale, ma ovviamente della Camera, espulso per aver chiesto il bonus dei 600 euro per le Partite Iva (non illecito, ma inopportuno) e fautore massimo con Crucioli della candidatura perdente di Ferruccio Sansa in Liguria, attaccava il presidente della Camera Roberto Fico, facendo sponda con l’azzurro Simone Baldelli, che aveva appena ironizzato con il ministro Federico D’Incà, che ha la delega per i rapporti con il Parlamento e aveva appena posto la trentunesima richiesta di fiducia del governo giallorosso in poco più di un anno di vita.
Parole dure, quelle di Rizzone: “ Solo per constatare che per l'ennesima volta il ruolo del Parlamento viene svilito, e questo mi rammarica, tanto più fatto da un Governo di cui fa parte il MoVimento 5 Stelle che, nella scorsa legislatura, per le approvazioni a colpi di fiducia, aveva protestato in maniera molto forte. Evidentemente i tempi sono cambiati e si va avanti così, noi parlamentari smettiamo di svolgere la nostra funzione, facciamo gli emendamenti e questi non servono a niente; mi chiedo dove andremo a finire e mi chiedo cosa fa la Presidenza per evitare questo andazzo che, di certo, non valorizza questa istituzione”.
Terzo tassello di questa storia: l’intervento di Andrea Colletti, parlamentare alla seconda legislatura eletto nel collegio uninominale di Pescara e sospeso insieme a Mara Lapia per due mesi dai probiviri pentastellati per aver votato no al referendum sul taglio dei parlamentari. E anche in questo caso sono state picconate: “Presidente Fico. Io sono qui a chiederle cortesemente una interpretazione autentica, perché ho ricevuto ieri comunicazione dal partito MoVimento 5 Stelle di essere stato sospeso per due mesi dal partito stesso, a causa delle mie posizioni sul referendum costituzionale. Io, infatti, ho votato contro l'approvazione della legge costituzionale, quindi contro il referendum. Per questa mia libertà di espressione e di parola sono stato sanzionato dal partito MoVimento5 Stelle con la sospensione per due mesi. Siccome il gruppo parlamentare è espressione del partito politico MoVimento 5 Stelle esterno, come da articolo 2, comma 2, dello statuto del gruppo parlamentare, tanto è vero che il gruppo parlamentare persegue gli obiettivi politici del partito MoVimento 5 Stelle, le vorrei chiedere se, stante questo quadro e vista la mia sospensione dal partito MoVimento 5 Stelle, io debba anche sospendermi per due mesi dal gruppo parlamentare e transitare nel gruppo Misto per due mesi, per poi ritornare, all'esito della sospensione, nel gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, perché non conosco bene cosa debbo fare. Ho già richiesto ai probiviri che mi hanno comminato la sospensione di avere una loro interpretazione autentica, ma, considerata la sua Presidenza e anche che lei è un autorevole esponente del MoVimento 5 Stelle, sono a chiederle questa interpretazione autentica”.
Insomma, sempre più spesso i panni sporchi si lavano in aula.
E, nel frattempo, continuano gli addii ai Cinque Stelle, che abbiamo censito su Tiscali.it nelle scorse settimane e che ora diventano 52 da inizio legislatura con il nuovo abbandono di Elisa Siragusa, deputata eletta all’estero nella circoscrizione Europa, che aveva votato anche lei No al referendum.
Dopo un rapidissimo passaggio al Misto, la Siragusa ha costituito un nuovo gruppetto insieme a Bruno Tabacci e a un altro eletto all’estero, Alessandro Fusacchia, eletto con + Europa, ma ora fedele a Conte: insomma, i tre ora si chiamano: “Centro Democratico – Italiani in Europa”.
Mentre coloro che sono rimasti con + Europa, che ha firmato un patto federativo alle Camere con Azione di Carlo Calenda, fanno proseliti e creano nuovi problemi al presidente del Consiglio, soprattutto al Senato, visto che si sono posti all’opposizione del governo giallorosso, così come di Meloni e Salvini. Anche in questo caso nelle scorse settimane vi avevamo anticipato tutto su Tiscali.it, ma in verità il progetto sta crescendo con nuovi ingressi quotidiani.
E’ come se Emma Bonino e l’ex ministro dello Sviluppo e leader di Azione in questo momento fossero calamite per gli ex pentastellati: dopo la deputata della scorsa legislatura Mara Mucci e il professore universitario Nunzio Angiola, eletto nel collegio uninominale di Altamura, alla Camera nella componente “Azione- +Europa – Radicali Italiani” è entrata anche Flora Frate, ex del MoVimento che era parcheggiata fra gli apolidi del Misto.
E a Palazzo Madama la componente “Più Europa con Emma Bonino” si è trasformata in “Azione - + Europa” e, oltre ai già noti Bonino e Richetti, è arrivato anche l’ex pentastellato Gregorio De Falco, il comandante della capitaneria di Porto diventato famoso per il “Torni a bordo, cazzo” la notte della Costa Concordia naufragata all’isola del Giglio, che era anche lui apolide nel Misto. E questo addio è particolarmente pesante per Conte perché, fino ad oggi, De Falco aveva votato quasi sempre la fiducia al governo giallorosso.
Così come sembra andare verso l’opposizione Tiziana Drago, senatrice ex pentastellata che da quando è andata nel Gruppo Misto attacca spesso e volentieri il governo, e che è pronta a portare anche a Palazzo Madama la bandiera neo-alfaniana, come i suoi compagni ex pentastellati a Montecitorio Gianluca Rospi e Fabiola Bologna, rafforzati dal socialista brasiliano Fausto Longo. Tutti loro stanno a guardare, in una specie di terra di mezzo fra maggioranza e opposizione, in attesa dell’evolversi della situazione.
Per ora la senatrice Drago è ancora nel Misto senza aggettivi, ma ha già dato l’annuncio in aula direttamente alla presidente di Palazzo Madama Maria Elisabetta Alberti Casellati: “Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare risposta a una email che ho inviato ai colleghi della Giunta per il Regolamento e a lei, signor Presidente, in cui chiedevo di mettere all'ordine del giorno la possibilità di assumere il simbolo di Popolo Protagonista-Alternativa Popolare (AP), già presente alla Camera, e di creare tale componente in Senato. Il mio intervento è volto a questo: sostanzialmente attendo una risposta, in quanto non l'ho ricevuta da nessuno dei componenti della Giunta né da lei, signor Presidente”.
L’autorizzazione all’uso del simbolo degli ex seguaci di Angelino Alfano anche in Senato arriverà certamente. Il voto contrario anche della senatrice Drago al governo Conte forse.