Macron e Scholtz danno il via libera al bis di Ursula. E Biden “porta” l’Ucraina nella Nato
Prima giornata di lavori al G7 in Puglia. Biden e Zelensky rubano la scena con una accordo politico-militare lungo dieci anni che lega Washington e Kiev. I leader europei trattano per la nuova governance. E sembrano non fidarsi della premier italiana che è però la leader politicamente più forte tra i presenti. Oggi arriva Francesco

BORGO EGNAZIA - “Mi aspetto decisioni importanti” aveva detto Zelensky alla vigilia del G7 dove Giorgia Meloni lo aveva invitato. Lui come altri leader non G7, come Erdogan e Modi ad esempio e il principe saudita Osama bin Salman (che poi ha declinato), perchè - ha detto la premier e padrona di casa ieri mattina inaugurando il vertice - “non siamo un’entità chiusa e non dobbiamo temere di aprirci, di guardare fuori. Ad un certo punto della giornata è sembrato quasi che l’Africa dovesse, potesse ribaltare l’ordine della giornata e diventare - con massimo giubilo della premier - il key point del primo giorno di lavori con il Piano Mattei a fare da padrone, i grandi player italiani - da Eni a Cassa depositi e prestiti passando per Enel e Microsoft - invitati al tavolo di olivo stile rustico che è il posto di lavoro dei sette Grandi. E con tutti i leader che hanno snocciolato quali interventi strutturali e infrastrutturali sono in cantiere per l’Africa. Dalle ferrovie alla banda larga.
“Una giornata storica”
Ma è stata questione di qualche ora. Poi l’Ucraina è tornata ad essere e probabilmente sarà il vero contenuto tangibile di questo vertice. Infatti, se Kiev ha già un piedi nell’Unione Europea, da ieri lo ha anche formalmente nella Nato. I sette grandi hanno rinnovato il sostegno politico, militare ed economico all'Ucraina senza incertezze, nonostante i quasi due anni e mezzo di guerra. Ma l’accelerazione è stata fatta dagli Stati Uniti che hanno blindato il sostegno con un ambizioso accordo di sicurezza decennale, firmato da Joe Biden e Zelensky con un bilaterale extra G7 che ha fatto saltare il programma della giornata sottoponendo il complesso sistema di sicurezza a dei veri salti mortali. Biden e Zelensky infatti si sono ritrovati per il bilaterale nella masseria San Domenico dove il presidente Usa ha deciso di soggiornare. La masseria, che dista una decina di km da Borgo Egnazia dove invece risiedono tutti gli altri leader con mogli, mariti e relativi staff, è stata requisita in toto dalla Casa Bianca ed è diventata il luogo della trattativa tra Biden e Zelensky.
Biden ruba la scena
Forse per timore di essere oscurati, gli altri grandi hanno a loro volta annunciato qualcosa di cui si parlava già alla vigilia del vertice. Dopo la foto di famiglia sul campo da golf - a cui merita dedicare qualche riga più sotto - Giorgia Meloni ha comunicato il prestito di 50 miliardi per finanziare la resistenza, la difesa e anche la ricostruzione del Paese, utilizzando come garanzia i profitti degli asset russi congelati in Europa. “Vi confermo - ha spiegato la premier - che abbiamo raggiunto l’accordo politico per fornire un sostegno finanziario aggiuntivo all’Ucraina di circa 50 miliardi di dollari entro fine anno grazie a un meccanismo di prestiti per la cui restituzione potranno essere utilizzati gli extra profitti derivanti dai beni russi immobilizzati nelle nostre giurisdizioni”. Non si tratta di una confisca, ha voluto prcisare, “ma di profitti che maturano”, Le indiscrezioni degli sherpa in questi giorni avevano fatto intendere che era stata sbloccata la famosa questione del possibile utilizzo degli asset russi sequestrati ormai da due anni. Il valore si aggira intorno ai 300 miliardi di dollari per beni che si trovano soprattutto, ma non solo, in Europa. Anche Macron e Ursula von der Leyen hanno voluto sottolineare l’importanza di questo “passo avanti che ci consente una soluzione pragmatica”. Per il cancelliere Sholtz “oggi Putin ha fallito una volta di più visto che il suo piano è spingere tutti i paesi alleati a rinunciare a dare sostegno all’Ucraina”.
Un patto lungo 10 anni
Biden e Zelensky danno invece appuntamento alla Masseria San Domenico per le 19.30 dove aspettano una trentina di giornalisti esclusivamente ucraini e americani. Tutto l’evento è gestito dalla Casa Bianca ed è inaccessibile per gli altri media al netto di un paio di tv per rilanciare le immagini. Non è esattamente un fuori programma ma è un evento a margine che scombussola il programma di giornata con tutto quello che ne consegue. A metà pomeriggio, quando i sette sono ancora seduti al grande tavolo di olivo, si viene sapere che il presidente Usa non sarà alla cena offerta dal presidente Mattarella al castello Svevo di Brindisi. “Stanchezza” è la motivazione ufficiale. In effetti lo zio Joe è al suo secondo viaggio in Europa in dieci giorni (il 6 giugno in Normandia e oggi) con tutti gli impegni diplomatici che lo tengono molto impegnato. In realtà Biden ha in serbo la notizia che potrebbe cambiare l’andamento della guerra in Ucraina. La conferenza stampa prevista alle 19.30 in realtà slitterà otre le 20.30 e per quanto Biden abbia declinato e Zelesnky non sia tra gli invitati (non è G7), le altre delegazioni arriveranno al castello svevo dopo le 21.30, oltre un’ora di ritardo. Il presidente Mattarella ha atteso come un vero gentiluomo e, a fianco della figlia Marianna e della premier, ha fatto a tutti gli onori di casa in una serata davvero incantevole con l’Amerigo Vespucci illuminata e alla fonda lì davanti. Tutto il mondo si è collegato con la conferenza stampa. Così alle 20.30 ora italiana, tra gli olivi secolari della masseria San Domenico, sotto uno striscione con scritto “Bilateral security agrrement”, solo bandiere americane e ucraina,in una location che ai più anziani tra i presenti poteva suggerire altri storici accordi come tra Peres e Arafat, Biden e Zelesnky hanno spiegato lo “storico accordo bilaterale di sicurezza che durerà dieci anni”. “Le parti - si legge nel testo - riconoscono che questo accordo costituisce un ponte verso l'eventuale adesione dell’Ucraina alla Nato”. Si parla di fornire “una forza militare significativa, di solide capacità e di investimenti sulla Difesa coerenti con gli standard Nato”. L’obiettivo è avere un’Ucraina “sovrana, indipendente, democratica e scoraggiare future aggressioni”.
Undici articoli
Il patto si sviluppa in undici articoli. L’obiettivo ifnale è “contribuire alla pace e alla stabilità euro-atlantica”. L'intesa ha una durata di 10 anni - ma può essere revocata dalle future amministrazioni o estesa - e contiene dichiarazioni di principio sulla cooperazione in tutti gli ambiti della difesa, ma anche dell'economia e dell’intelligence. La cooperazione tra le parti “si basa sul principio del pieno rispetto dell'indipendenza e della sovranità di ciascun Paese e degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite”. Democrazia, stato di diritto e diritti umani sono la premessa. Il punto principale dell'accordo è l’articolo II “Cooperazione in materia di difesa e sicurezza”in cui Usa e Ucraina dichiarano di “voler collaborare per contribuire a scoraggiare qualsiasi futura aggressione contro l'integrità territoriale di ciascuna parte”. Lo scopo dell’accordo è “sostenere gli sforzi dell'Ucraina per vincere la guerra odierna e scoraggiare future aggressioni militari russe. La politica degli Stati Uniti è quella di aiutare l'Ucraina a mantenere una capacità di difesa e di deterrenza credibile”. Ogni futura aggressione o minaccia di aggressione contro la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di una delle parti “costituisce motivo di grave preoccupazione per l’altra parte”. In caso di futuro attacco armato o minaccia di attacco armato contro l'Ucraina, le parti, in conformità con le rispettive leggi, si incontreranno immediatamente, se possibile “entro 24 ore ai livelli più alti” per determinare gli opportuni passi successivi e le esigenze di difesa. Le parti “possono decidere di comune accordo di sviluppare e attuare ulteriori risposte di difesa e deterrenza adeguate, anche in ambito economico, militare e/o politico”. Kiev e Washington promuovono quindi una condivisione adeguata dell'intelligence e una cooperazione rafforzata tra i rispettivi servizi segreti.
Le armi
Il futuro dell’Ucraina è nella Nato e l’accordo firmato ne è la prima conseguenza. Zelensky ha comunque ringraziato il G7 e la premier Meloni per l’invito e l’affettuoso benvenuto a Borgo Egnazia. “Ogni incontro serve a dare all'Ucraina nuove opportunità di vittoria” ha sottolineato Zelensky. Con Meloni sono stati discussi “i prossimi passi nella nostra cooperazione in materia di difesa”, il “nuovo pacchetto di aiuti militari” che l'Italia fornirà ed il “rafforzamento del sistema di difesa aerea”: ossia, il nuovo dispositivo Samp-t che sarà messo a disposizione di Kiev. Notizie che certo non faranno piacere agli autoproclamati pacifisti schierati in maggioranza e all’opposizione. Zelensky in Puglia ha incassato anche un’intesa bilaterale con il premier giapponese Fumio Kishida, che prevede 4,5 miliardi di dollari da Tokyo solo quest'anno, e un impegno decennale. Dall'inizio dell'invasione russa, Kiev aveva già firmato accordi di sicurezza con 15 Paesi, inclusi Italia, Francia, Germania e Regno Unito. A Borgo EgnazIa ampio spazio anche per l’altro fronte di guerra. I sette grandi hanno ribadito il sostegno al piano Biden in tre fasi che prevede innanzitutto un cessate il fuoco di sei settimane a Gaza per favorire il rilascio degli ostaggi. “Il problema principale è e resta Hamas che ogni volta che siano ad un passo dall’accordo alza il prezzo” ha detto Biden. La prospettiva, ha sottolineato Meloni, è l’obiettivo dei “due popoli e due Stati”.
I top jobs
Non c’è dubbio che l’altro grande tema di queste giornate sia la governance europea. Le trattative per i top jobs europei - presidenza della Commissione, del Consiglio, del Parlamento - non sono nell’agenda del summit. Ma sono il tema su cui tutti hanno occhi e orecchie vista la contingenza. Dunque nessuna dichiarazione ufficiale uscirà dal vertice su questo delicatissimo dossier e tutto è rinviato alla cena di lunedì sera a Bruxelles dove le carte saranno sul tavole. Molte, non tutte visto che il voto francese (30 giugno e ballottaggio il 7 luglio) costringerà ai tempi supplementari. In questo contesto Giorgia Meloni sta vivendo la solitudine del numero 1, la condizione dell’unica vincitrice che ha il “boccino” in mano ma non può certo fare l’errore di confondere il suddetto boccino con un potere reale. Anzi.
In assenza di dichiarazioni, i giornalisti si sono dedicati ad un’attenta analisi del body lunguage dei singoli leader nei due momenti in cui è stato concesso di assistere: l’arrivo in mattinata; la foto di famiglia nel pomeriggio sul campo da golf.
Ursula von der Leyen è la prima ad arrivare all’ingresso in pietra bianca di Borgo Egnazia e a prendere posto sulla passerella all’ombra dell’olivo secolare. Tailleur spezzato in lino, giacchino rosa, pantalone grigio come il sandalo. La presidente uscente della Commissione europea e spitzenkandidat del Ppe per quella nuova, ha la faccia stanca ma non è per questo che il saluto con Giorgia Meloni è stato così striminzito: un solo bacio, neppure un abbraccio, due strette di mano fuggitive, sorriso di circostanza. Decisamente fredde. Eppure Giorgia e Ursula erano amiche e alleate fino a poche settimane fa e ci avevano abituati a sorrisi e abbracci. La complicità che nel benvenuto Meloni riserva al premier britannico Richi Sunak, anche lui al voto anticipato il 4 luglio con sondaggi che lo danno in precipizio e i Labour ampiamente in vantaggio. Con Scholtz, un altro leader uscito azzoppato dal voto europeo, la faccenda è un po’ più cordiale: Meloni lo osserva con il ghignetto di chi sotto sotto pensa: “Io ho vinto, tu stai in piedi per miracolo”. Di sicuro l’arrivo e il saluto di Macron, che ha chiamato la Francia al voto (del Parlamento) per fare chiarezza e chiedere ai francesi se veramente vogliono essere guidati dalle destre populiste e nazionaliste, è il più gelido di sempre. Lui frettoloso, lei che cerca di stringere la mano più a lungo ma senza successo. I “benvenuti” al premier giapponese Kishida e del presidente Usa Joe Biden - quest’ultimo venti minuti di ritardo sulla tabella di marcia (“non si fa attendere così una signora” gli ha sorriso Meloni) - sono i più istituzionali e normali. Compreso l’ennesimo quasi bacio sulla testa che il numero uno della Casa Bianca riserva all’amica Giorgia. Ma anche zio Joe vorrà sapere, a quattr’occhi, nel bilaterale di oggi, se è vero, come gli dicono, che la premier italiana ritiene possibile un accordo politico con Marine Le Pen per sdoganare la destra francese e portarla al governo dell’Europa. Nel qual caso, Biden farà di tutto per scoraggiarla.
La “vannacciata”
Freddezza dunque, soprattutto con von der Leyen e Macron. Nel pomeriggio è stato ancora più evidente. Per la foto di famiglia la Presidenza italiana ha scelto il campo di golf di Borgo Egnazia illuminato da un bellissimo sole di giugno. Lo spettacolo è garantito da un’esibizione di paracadutisti della Folgore che si lanciano sul green del campo di golf ognuno con la bandiera di uno dei sette paesi ospiti e quella blu dell’Europa a chiudere. Un’esibizione di vigore militare, “quasi una vannacciata” sibilano i giornalisti, che lascia gli ospiti un po’ sorpresi e comunque lusingati dalla prestazione. Joe Biden, ad esempio, si diverte un sacco e quasi non crede ai suoi occhi tanto he si leva e si mette in continuazione gli occhiali da top gun. Un po’ più perplessa Ursula e Sholtz. Meloni parla molto con Sunak e Trudeau. Sembra quasi esclusa dai capannelli dove invece parlano fitto Macron, von der Leyen, Scholtz e Michel.
Il dubbio del doppio gioco
La sensazione è che i leader siano convinti che Giorgia Meloni stia giocando su due tavoli: formalmente appoggia la candidatura di von der Leyen; sotto banco si è sempre smarcata per capire dove avrebbe soffiato il vento dopo le urne. E le urne hanno parlato con i voti delle destre sovraniste e identitarie, un tesoro di cui la stessa Meloni è l’azionista di maggioranza. Al tempo stesso, però la debolezza dell’asse Macron-Scholtz ha rafforzato il bis di Ursula a Bruxelles e il pranzo mercoledì all’Eliseo tra la presidente uscente e Macron lo ha blindato. L’inquilino dell’Eliseo, il vero kingmaker delle nomine, non ha la forza adesso di imporre i suoi giochi. Stando così le cose, per quello che riguarda lui e Sholtz, Ursula può tentare il bis. Sempre che riesca a superare i veti interni del Partito popolare che in parte invece accetta l’idea di tentare un’alleanza con le destre.