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[il punto] Dietro lo stallo, il muro di No dei 5 Stelle. I due tavoli della verifica fanno pochi passi avanti

Il Tavolo dei contenuti riprende stamani. Dalla Giustizia. Quello sui nomi corre parallelo sui telefoni di Fico, Franceschini, Di Maio, Renzi ma anche Conte. Stasera l’esploratore al Colle. Difficile un incarico pieno

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
[il punto] Dietro lo stallo, il muro di No dei 5 Stelle. I due tavoli della verifica fanno pochi...
Roberto Fico (Ansa)

La trattativa non decolla. Anzi, le trattative. Dal Tavolo di maggioranza riunito in Sala della Lupa a Montecitorio difficilmente oggi uscirà il cronoprogamma delle cose da fare fino al 2023, quando finirà la legislatura. I relatori del Tavolo sospendono i lavoro alle 21, quasi dodici ore. “Alla fine faremo un verbale con tutti i punti di programma che riteniamo prioritari e accanto a ciascuno saranno indicate le posizioni dei partiti del recinto della maggioranza. E le relative distanze” precisa Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato. Ecco, appunto, le distanze. Non sarebbero neppure tante. Il problema è che sono a senso unico.  

Muro di No a 5 Stelle

Quello che rimane della giornata n° 8 della crisi, del terzo giorno di esplorazione del presidente Fico e del primo di consultazione tra i partiti è il muro di no del Movimento 5 Stelle. “Per ora siamo piuttosto fermi, vediamo dove andremo” ha detto il capogruppo M5s Davide Crippa. “Giornata molto faticosa” ha ammesso il collega Licheri, capogruppo al Senato” Persino il costruttore-federatore Tabacci s’è arrabbiato. Fino ad alzare il dito su di loro. “Non potete dire no a tutto, non c’è posto adesso per l’ideologia”. Ecco che ieri sera, nonostante i relatori al tavolo, si fossero messi d’accordo di dichiarare che “il lavoro procede bene e c’è un moderato ottimismo”, al fondo c’era anche un “sano realismo” nel constatare che quello che sta venendo fuori non è un programma ma una lista di punti su cui l’accordo politico è ancora ben lontano. Molto meno dei due contratti/programmi che dettero vita al Conte 1 e al Conte 2 e che sono finiti esattamente per lo stesso motivo: immobilismo.

Il presidente Fico ieri sera ha chiesto ai relatori se avessero bisogno di più tempo, altre 48 ore, ad esempio. Nel caso si farebbe lui carico di chiedere al Presidente Mattarella un rinvio. I relatori hanno allagato le braccia. Se cambia l’atteggiamento dei 5 Stelle si può chiudere tutto in poche ore. Dunque non serve. Stamani il tavolo riprende alle 9 e andrà avanti fino alle 13. Altrimenti l’esploratore salirà da Mattarella con quello che ha. E sarà il Capo dello Stato, a quel punto, decidere se una lista di punti programmatici segnata da cosi tante distanze può essere la base pr la formazione di un governo.

Il metodo Renzi sta mettendo a nudo la verità e il vero nodo che nessuno in questi anni è riuscito a scogliere: la rigidità del Movimento su temi chiave come lavoro, impresa, banche, burocrazia, presenza dello Stato e molto altro. Salvo poi cadere loro stessi in contraddizione nel momento in cui scrivono un provvedimento (è accaduto su sanatorie e condoni) e gestiscono uffici e ministeri. Ecco perchè il premier Conte non ha mai convocato i Tavoli di programma, ha sempre rinviato, perché non è più stato trovato un accordo da ottobre ni avanti. Ecco perchè la verifica è stata portata al Quirinale e poi nella Sala della Lupa. Non è più tempo di immobilismo.  

Conte ter al 60%

Per tutto il giorno ieri le quotazioni del Conte ter sono rimaste tra il 50 e il 60%. Anche ieri sera, messa un po’ di distanza con il Tavolo e dopo aver mangiato qualcosa, anche ai 5 Stelle la situazione è sembrata meno problematica di quando sono usciti. “Si è trattata di una giornata di lavoro intensa, non abbiamo mai abbandonato l'atteggiamento costruttivo anche quando il confronto è stato franco. Abbiamo riscontrato la volontà di collaborazione di tutte le parti, consapevoli del momento difficile che attraversa il Paese, pur in presenza di temi sui quali ci sono posizioni e sensibilità diverse. Continuiamo a lavorare con spirito costruttivo” hanno dichiarato i due capi gruppo Crippa e Licheri. “E domattina si riparte dalla giustizia” ha puntualizzato Maria Elena Boschi. Dossier su cui le distanze sono abissali. E da sempre. E’ facile dire “si fa un governo, siamo europeisti, liberali, socialisti” eccetera eccetera. Ecco perchè non vanno derubricate a semplici dichiarazioni, gli appelli e gli inviti che da Forza Italia stanno arrivando per rimarcare la disponibilità di una governo a maggioranza allargata, “dei migliori” o di “salvezza nazionale”. Ecco perchè Crippa e Licheri hanno avuto un moto di stizza ieri al tavolo quando, parlando di riforme istituzionali, Italia viva ha fatto mettere per iscritto la “necessità di una Bicamerale affidata alle opposizioni sia per le riforme che per la gestione del Recovery plan”. Praticamente una doccia di cubetti gelati. Nel 40% lasciato libero dall’ipotesi Conte ter, resta quindi ancora in piedi e ben salda l’opzione del governo istituzionale ma fortemente politico (con ministri politici) dove Mario Draghi e Marta Cartabia possano avere ruoli apicali. “Nessun pregiudizio su nulla. Stiamo lavorando per la soluzione migliore” ha detto Matteo Renzi a metà giornata.  

I due tavoli

La giornata sembra di stallo ma non lo è. Gli occhi sono puntati sulla Sala della Lupa dove da ieri mattina alle 9.30 fino a notte fonda (con una pausa pranzo di un paio d’ora) i capigruppi del novello pentapartito (il Conte ter, se sarà, avrà cinque gambe) si sono concentrati sui famosi “contenuti”. I capigruppo del Pd Delrio e Marcucci chiedono un piano per l’occupazione femminile, la parità salariale, politiche attive per il lavoro. E la riforma degli ammortizzatori sociali. E’, questo, un vecchio cavallo di battaglia mai risolto. Abbiamo 14 tipi diversi di casse integrazione, un regalo alla burocrazia che si traduce in disservizio per i cittadini. Basterebbe poco per riformare e uniformare. Non si fa. Lo scontro più duro, e che ha stupito tutti, è stato non con Iv ma tra Marcucci e Tabacci da una parte, Crippa e Licheri dall’altra. Argomento? Il solito Mes. Il No dei 5 Stelle è sempre meno comprensibile. Faraone e Boschi (Iv) in nome della “discontinuità” hanno chiesto un passo indietro al presidente dell’Inps Pasquale Tridico e al professor Mimmo Parisi che tra il Missisipi e Roma, gli Usa e l’Italia, è responsabile del fallimento dei navigator e del sistema del reddito di cittadinanza (non del reddito in quanto tale che è giusto e necessario). Crippa e Licheri hanno strabuzzato gli occhi. Ma tra casse integrazioni mai erogate e truffe sul reddito di cittadinanza anche i 5 Stelle sanno che occorre cambiare qualcosa e dare un segnale chiaro di discontinuità. I 5 Stelle definiscono “fondativi” e quindi intoccabili temi come “la nazionalizzazione delle banche” e il taglio dei fondi all’editoria. E quando Iv lancia la Bicamerale, la risposta è una sola: mai con le destre, mai con Forza Italia, Meloni e Salvini. Peccato che se si hanno in mente riforme anche costituzionali (ad esempio il Titolo V dopo il disastro sanitario nella gestione della pandemia), le opposizioni devono essere coinvolte. Per Iv la legge elettorale deve essere “maggioritaria”: “Se la volete proporzionale, sono necessarie le preferenze”.

Titoli, temi, contenuti. Ma è chiaro che non è questo il Tavolo che conta. Se gli occhi sono puntati sulla Sala della Lupa, le orecchie so sintonizzate sull’altro Tavolo, quello dialogico, che corre su chat e telefonate gestito dal presidente Fico e dal ministro Fraceschini per trovare la quadra su nomi e ministeri. L’altro pezzo della costruzione del governo.  

Se cade uno, casca anche l’altro

Mentre i capigruppo discutono, Fico nella stanza accanto tratta i nodi più difficili: premier e ministri. La sensazione netta è che i tavoli si sostengono a vicenda. Benché il mantra sia “prima i contenuti e poi i nomi”, i nomi girano eccome.

Il premier dimissionario Conte, silente a palazzo Chigi, ieri ha fatto pervenire per le vie brevi al presidente Fico – c’è anche Conte al tavolo delle telefonate – che di sicuro lui, Conte, non va a gestire un programma scritto da altri e dove lui non ha messo bocca. Ridimensionato è un conto. Notaio dei partiti di maggioranza è un altro. Ecco perchè il documento finale del Tavolo dei contenuti ci sarà (come chiede Renzi) ma non potrà essere quello che chiede Renzi, un vero cronoprogramma. “Ci mancherebbe solo questo. E poi chi ci va in aula a chiedere la fiducia? Renzi o Conte” se ne esce Tabacci durante un pausa tecnica dal tavolo a metà pomeriggio. Chiama Renzi, “il professore” e dice che s’è scambiato i ruoli con Conte. Più che allo status di premier, la sensazione è che si riferisca alla furbizia. E al tatticismo. L’ultima tattica di Matteo Renzi: comprare tempo per far sì che tutto questo diventi insopportabile per il professore Presidente del Consiglio che da maggio in avanti ha pensato di snobbare non solo i partiti ma anche il Parlamento. “Un premier commissariato? Ma quando mai” taglia corto il presidente di IV Ettore Rosato. Di sicuro, se sarà Conte ter, sarà un premier più debole del Conte 2.

Il difficile incastro dei nomi

In parallelo a temi e contenuti, girano liste, borsini, pizzini, chi entra e chi esce. Incrociando e facendo un po’ di tara, dovrebbero lasciare i rispettivi incarichi Alfonso Bonafede (Giustizia) e Riccardo Fraccaro (Presidenza del Consiglio), per entrambi sono già pronti due incarichi di livello. E poi il ministro dell’Ambiente Costa che potrebbe tentare la corsa a sindaco di Napoli. E le ministre De Micheli (Pd), Pisano (Digital) e Catalfo (M5s), non in grado purtroppo di gestire la massa di lavoro che arriverà con il Recovery plan. Su questo grosso cambiamento di quella che Conte aveva definitivo “la squadra più bella del mondo” rischia di saltare tutto. I 5Stelle fanno resistenze. Guai a chi tocca i loro. Guai mettere in discussione Bonafede o Catalfo o chiunque altro. Per la Giustizia una soluzione potrebbe essere la volta del procuratore di Milano Francesco Greco (gradito ai 5 Stelle). Blindato il Mef a guida Gualtieri anche se resta il piedi il nome di Giovannini. Si parla dello spacchettamento del Mit (titolare Paola De Micheli) e tornare a due ministeri divisi, Trasporti e Infrastrutture (Boschi e Delrio?) vista la mole di lavoro che arriverà con il Recovery plan. Per fare questo occorre un decreto senza però sforare la Bassanini che blocca a 65 il numero dei membri di un esecutivo. Il Conte 2 è già a 65. Ecco che potrebbero tornare insieme Scuola e Università, togliendo la ministra Azzolina e affidando tutto al ministro Manfredi. Grandi manovre anche dalle parti del Lavoro e dello Sviluppo economico. Iv ieri sera ha smentito che ci fosse una riunione su zoom per parlare di ministri.Voce messa in giro ad arte per accusare poi Renzi di lavorare sulle poltrone.

Restano una notte e un giorno, l’ottavo della crisi. Anche se tra le cinque gambe del governo che verrà i rapporti sono migliorati e la decantazione fa il suo corso, difficile che già stasera il Capo dello Stato possa dare un incarico pieno. Se ci dovesse essere un secondo giro di consultazioni al Quirinale, però, le quotazioni del Conte ter crollerebbero in fretta. Dipende tutto da Sergio Mattarella.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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