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Il decreto Sicurezza bis fa litigare di nuovo Di Maio e Salvini. La tentazione di Berlusconi

Il ministro dell'Interno frena, per ora, i suoi, ma Berlusconi gli promette che “se rompi, sei tu il leader”. La preoccupazione del Colle

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Il decreto Sicurezza bis fa litigare di nuovo Di Maio e Salvini. La tentazione di Berlusconi

“Salvini è come l’alunno che non fa i compiti. I mancati rimpatri non possono sempre essere colpa di qualcun altro” (Luigi Di Maio, vicepremier). “Il Governo va avanti perché mi rifiuto di pensare che ci siano ministri del M5S che vogliono riaprire i porti all’immigrazione clandestina. Io sono leale spero che tutti siano leali come ho dimostrato io lealtà in questi undici mesi” (Matteo Salvini, vicepremier). La ‘notizia’ che Salvini e Di Maio litighino – nella fattispecie, quella di ieri, sull’annoso tema dei migranti - non è più, oggettivamente, una ‘notizia’ ormai da settimane, se non da mesi. Ma la tensione ieri registrata sul decreto Sicurezza bis che il ministro degli Interni vorrebbe introdurre in Italia si porta con sé una serie di altre, molto pesanti, conseguenze.

Infatti, il decreto Sicurezza bis – annunciato l’altro giorno con un post su Facebook, ma ancora lungi dal diventare un testo formale e operativo che andrà presentato prima al consiglio dei Ministri e poi al Parlamento – rischia di stravolgere le fondamenta del diritto italiano, di quello internazionale, come il diritto del mare, e le prerogative del presidente del Consiglio e di diversi ministri cui verrebbero scippate molte competenze che, con quel decreto, finirebbero tutte nelle mani del Viminale. A tal punto il dl stravolge la legislazione ordinaria che anche al Quirinale hanno subito drizzato le antenne e ora aspettano pazienti che, prima o poi, il decreto diventi un atto legislativo per vagliarlo e, forse, anche di bocciarlo.

Cosa prevede il nuovo decreto messo a punto da Salvini

Certo è che lo schema di decreto legge presentato ieri da Matteo Salvini dà nuova linfa alle polemiche interne al governo e suona il gong di un nuovo match tra il ministro dell’Interno e il suo – teorico – alleato di governo, Luigi Di Maio. Nello schema del “decreto sicurezza bis”, è previsto, tra le altre cose, che la “competenza a limitare o vietare il transito e la sosta nel mare territoriale” passi al Viminale. Quindi, sempre a lui, Salvini. Ma c’è di più: sono previste multe per le ong che salvano i migranti in mare: fino a 5 mila euro a persona accolta a bordo. Tanto per capirsi, la Mare Jonio, che l’altro ieri ha salvato molti migranti sarebbe stata ‘affondata’ con ben 150 mila euro di multa e il ritiro della licenza. Infine, mare ‘vietato’ (limitazione o chiusura dei porti e delle acque territoriali) dal Viminale con competenze strappate al ministero dei Trasporti.

La “doppia missiva” a Conte e a Moavero Milanesi

Ma, ieri, ad innescare la reazione furibonda del M5S è la doppia missiva che Salvini invia al ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, e al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte in cui chiede “un salto di qualità” nel contrasto all’immigrazione. Parole che fischiano male alle orecchie di Di Maio come le scuse di uno scolaro che non ha fatto i compiti a casa: “Io sono deluso dal decreto sicurezza bis, perché non c’è niente sui rimpatri. Il tema ora non sono gli arrivi. Gli arrivi li abbiamo fermati grazie alle politiche migratorie fatte dal ministero dell’Interno e da tutto il governo e sono politiche che fanno in modo che, anche quando arriva una nave con 30 persone a bordo, la maggioranza va negli altri Paesi europei. Il tema vero, adesso, è sui rimpatri e noi siamo pronti a dare una mano al ministero dell’Interno se serve. Io non faccio il ministro dell’Interno, ma non può essere sempre colpa degli altri”.

Ma Di Maio si spinge oltre le questioni di metodo e, andando a guardare i contenuti dello schema di decreto, ne sottolinea la vacuità, avanzando il sospetto che si tratti di un’”arma di distrazione di massa” usata da Salvini per nascondere mediaticamente la sua sconfitta sul caso Siri: “Non vorrei che il decreto sicurezza fosse l’ennesima iniziativa per coprire il caso Siri e per coprire quello che è successo sulla corruzione in queste tre settimane, perché all’interno non vedo grandissime novità sui rimpatri, che sono oggi il tema centrale per l’immigrazione”, sottolinea.

Salvini ribatte: il resto del governo è con me

Il leader leghista finge di non raccogliere le accuse e ‘tira dritto’: il decreto potrebbe essere presentato in consiglio dei Ministri già la prossima settimana: “Lo abbiamo già inoltrato a tutti gli altri ministeri. Quando gli altri ministeri rapidamente mi daranno le loro riflessioni, io sono pronto”.

Nel pomeriggio, poi, fonti del Viminale fanno sapere che Giuseppe Conte e Enzo Moavero Milanesi hanno già risposto alla missiva di Salvini e parlano di “piena sintonia e condivisione degli obiettivi”: questo sarebbe il senso delle lettere che il premier Conte e il ministro degli Esteri Moavero Milanesi hanno indirizzato al ministro dell’Interno, rispondendo alla missiva del Viminale. E, aggiungono le stesse fonti leghiste, “Le lettere del premier e di Moavero Milanesi sono una risposta positiva e molto apprezzata dal Viminale, a poche ore dal decreto sicurezza bis che interviene con decisione contro i trafficanti di uomini e gli aggressori delle Forze di Polizia. Obiettivi e proposte che saranno certamente condivisi da tutto il governo”. Dall’opposizione, il Pd, ovviamente, boccia senza appello Salvini e il suo decreto: “Assumessero più personale (ma le assunzioni ci sono: 800 uomini in più per 25 milioni di euro in due anni, ndr.) aprissero i commissariati nei quartieri difficili, si impegnassero contro la criminalità organizzata. Allora sì che sarebbe un decreto sicurezza” sostiene il segretario dem, Nicola Zingaretti, che vaticina: “questa pagliacciata non verrà mai approvata”.

L’altro caso: la telefonata tra Salvini e Berlusconi

Poteva mancare la ‘coda’ politica, in vista delle Europee, alla sfida all’arma bianca in corso tra Salvini e Di Maio? No, ovviamente. “Leggo che ci sarebbero state telefonate tra la Lega e Berlusconi – insinua Di Maio – dove si parla di far cadere il governo. Mi auguro siano smentite perché quello che stiamo facendo noi va proprio nella direzione opposta a Berlusconi e a quello che la sinistra e il Pd non hanno mai avuto il coraggio di fare in trent’anni”. Traduzione: i 5Stelle stanno per portare in Parlamento una legge (“vera” come dicono loro) sul conflitto d’interessi, sperando che il Pd – il quale sta mandando alcuni segnali di ‘intesa cordiale’ con l’M5S sia su temi economici (il salario minimo) sia su temi altri (la Rai, la legge sulle Autonomie) – possa convergere con loro votando una legge del genere, legge che, martedì prossimo, l’M5S vuole calendarizzare.

Un “asilo Mariuccia” molto chiassoso. Il rischio elezioni

La smentita di Salvini arriva ma è un’altra mazzata: “Berlusconi l’ho sentito per fargli gli auguri di buona salute, spero che Di Maio non polemizzi anche quando qualcuno augura in bocca al lupo a uno che è ricoverato in ospedale, perché altrimenti saremmo all’asilo Mariuccia”. Ecco, appunto, l’asilo Mariuccia. Questo è diventato il ‘rapporto’ di governo, l’alleanza tra Lega e 5Stelle, Di Maio e Salvini. Certo, il leader leghista ancora frena, con i suoi, sulla necessità di rompere l’alleanza (glielo chiedono i governatori del Nord, Zaia a Fontana, il sottosegretario Giorgetti, i ministri Centinaio e Fontana, i colonnelli), ma solo perché – dopo aver goduto a lungo dei favori dell’opinione pubblica – oggi la Lega è caduta nei sondaggi (dal 35-36% al 31-32%): quei voti vanno “tutti recuperati”.

“Dopo – sospirava ieri Salvini con alcuni colonnelli leghisti – può succedere di tutto e io come voi sono pronto a tutto”. ‘Tutto’ vuol dire crisi di governo e rimpasto draconiano, tutto sbilanciato a favore della Lega, nella ‘migliore’ delle ipotesi, oppure crisi di governo e fuga al voto anticipato per tornare a presentarsi con un centrodestra da lui dominato. Berlusconi, nella telefonata che ha avuto con Salvini, questo gli avrebbe garantito: “Se rompi e torniamo al voto, la mia ingombrante presenza non ci sarà, io andrò in Europa e me ne occuperò. Il capo del governo sarai tu”. Un’offerta di quelle che, per Salvini, sarà difficile rifiutare.

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