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[Il caso] La cerimonia degli Stati generali scongiura scissioni, rafforza Conte ma non risolve i nodi M5s

Dibba minaccia ma non se ne andrà. Entrerà forse nell’organo collegiale che dovrebbe guidare il Movimento. Resta il vincolo dei due mandati. Per essere “lo spartiacque nella storia del momento”, la due giorni è stata soporifera e surreale. “Era già tutto deciso” dicono i critici. Nei prossimi giorno il nuovo programma per l’Italia sarà messo ai voti. Preoccupazione nel Pd

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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Certo, la forma non aiuta: davanti a un monitor ore ed ore ad ascoltare parole che arrivano da altri monitor che “s’affacciano” da remoto su una sala vuota e un palco spoglio su cui troneggia la scritta “Stati generali”. Soporifero. Senza se e senza ma. E non c’entra che siano stati i due giorni ri-fondativi, "lo spartiacque nella storia del Movimento 5 Stelle” da quasi un anno - era metà di gennaio quando Di Maio decise di levarsi la cravatta e passare il testimone di capo politico a Vito Crini - alla ricerca di idee, leader, programmi. Nuovo slancio e nuova vita. Il dibattito ha stancato anche i fedelissimi - hanno partecipato alla selezione dei 305 relatori, quelli dei tavoli tematici e quelli del dibattito finale di ieri pomeriggio, meno di ventimila iscritti - figuriamoci gli osservatori.  Il problema è che è sembrato tutto “già previsto”, “scritto”, “scontato”, “confezionato su misura” per restare a solo alcuni dei commenti tra gli stessi gruppi parlamentari che hanno accompagnato e preceduto questa due giorni.

Liti e minacce

Ci sono state liti e minacce: Di Battista e Casaleggio contro tutti i governisti; Dibba presente, il proprietario di Rousseau assente con frecciate al veleno contro Vito Crimi:  “Siamo al paradosso che pretende di scrivere le regole chi le sta violando”. Non ci sono state votazioni. Ed è questo il motivo per cui alla fine gli Stati generale sono stati una finta che non ha scaldato i cuori. Le uniche votazioni sono state via Rousseau per scegliere i 305 relatori e i 30  che avrebbero parlato pubblicamente, ma da remoto, alle sessione finale degli Stati generali. Bene: Crimi non ha voluto scoprire i voti, le preferenze. Alimentando così dicerie. Tipo che Dibba avrebbe preso da solo i 40% dei voti, i governisti, Di Maio, Fico e tuti gli altri,  il 70%. Ma non lo sapremo mai. E anche questo non ha aiutato la partecipazione. L’assenza di Casaleggio (“Che vengo a fare? E’ già tutto deciso”) e di Beppe Grillo (neppure un video dal fondatore) per motivi opposti ma nella sostanza non del tutto diversi, hanno fatto il resto. Il videomessaggio del premier Giuseppe Conte che ha spiegato perchè “è necessario cambiare idea quando ci si confronta con la complessità dell’azione di governo”, ha fatto forse ancora più irritare l’ala non governista del Movimento.

Dibattito surreale nel mezzo di una pandemia

Due giorni in cui il dibattito, quello vero delle idee,  di non è mai veramente decollato. Mai una vera idea, uno slancio, una visione che poi è quello che, magari a suon di vaffa, aveva caratterizzato la prima stagione del Movimento. Siamo nel mezzo di una pandemia, un paese in ginocchio economicamente e attraversato da rabbia sociale, una miscela esplosiva che andrebbe disennescata il prima possibile con idee e proposte serie, di medio e lungo periodo perchè il presente può avere un solo obiettivo: sconfiggere il virus. Ma è adesso che va preparato il futuro, il dopo. Come stanno facendo in Germania e in Francia. Dagli Stati generali del primo partito in Parlamento e da due anni e mezzo al governo ci si aspettava molto di più. Di Battista ha fatto Dibba: “Siete diventati genuflessi ai padroni”. Ma non lascerà e, anzi, ha calato sul tavolo alcune condizioni. Tra cui il “suo” Comitato di garanzia che esegua subito una verifica sulle nomine e sulle assunzioni  fatte dai ministri 5 Stelle in carica. Non è un mistero che Di Maio alla Farnesina, Spadafora tra sport e tv abbiano irrobustito e di parecchio i rispettivi staff.  “Chi sono e perchè sono stati assunti? Che fine ha fatto il merito che ha guidato sempre le nostre stelle? Io amo il Movimento, ci sono persone che hanno dato tanto, tutto, per questo sogno e adesso sono molto deluse. Perchè governare - ha sottolineato con i editino alzando oscillante - può essere il mezzo per raggiungere i nostri obiettivi ma mai il fine. Che altrimenti la restaurazione sarà terribile”.

Di Maio ha fatto Di Maio, istituzionale e sorridete (mentre Putin invade la Libia e il nord Africa ma il ministro degli Esteri non ha portato la politica estera agli Stati generali) e per dimostrare che l’identità non cambia ha rilanciato sul “taglio degli stipendi dei parlamentari” e ha preteso “più peso nell’azione di governo del Movimento”. Istituzionale, a suo agio nelle guerre intestine tra correnti, Di Maio è perfetto per essere il leader di una nuova forza politica di puro centro. Perchè il vaffa è stato un mezzo e non certo il fine. L’opposto di Di Battista.  Ecco perchè è funzionale che alla fine sia Di Maio il nuovo leader.

Il presidente Fico è stato attento soprattutto a tenere ferma e prioritaria l’alleanza con il Pd: “Il Movimento resti forza autonoma ma deve restare centrale l’alleanza sui temi con il centrosinistra”. I maligni qui dicono che Fico sia in realtà al lavoro da tempo per essere il candidato sindaco del centrosinistra a Napoli a maggio. Vorrebbe die che lascia la Camera a febbraio/marzo: sembra molto difficile. Per il Presidente della Camera il capo politico deve essere “un organo collegiale", il tempo dell’uomo solo al comando “è finito”. Così come è una falsa rappresentazione quella che “vede contro puri e non puri, non esistono più puri di altri”. Stoccata a Dibba. Un dibattito lunare visto che siamo, appunto, nel mezzo di una crisi sanitaria ed economica paragonabile alla fine della seconda guerra mondiale. E il Movimento è la prima forza parlamentare. Dunque quella che condiziona tutte le decisioni.

Tutti i nodi ancora aperti

Il videomessaggio di Giuseppe Conte ha definitivamente collocato il professore alla guida del Movimento. Almeno dell’ala governista. Nonostante il dualismo con Di Maio che però sarò affrontato più in là.

L’unica certezza è che “non ci sarà deroga al limite del secondo mandato”. Su questo la maggioranza dei relatori è stata d’accordo. Vedremo. Più che novità acquisite dalla due giorni sono uscite “tendenze” su quale governance per il Movimento e il programma per l’Italia. Crimi ha promesso che saranno  sottoposte a votazione, pare su Rousseau, nei prossimi giorni.  I nodi quindi sono ancora tutti sul tavolo. Indiscrezioni lasciate filtrare dicono che l’organo collegiale avrà 7 persone, una per ogni anima del Movimento. Non è chiaro  se ci saranno delle primarie on line o un voto unico. Il rapporto con la  piattaforma Rousseau non dovrebbe cambiare, il voto on linea dovrebbe restare, altre funzioni essere portate all’interno dei gruppi parlamentari. Cambierà il rapporto economico e sarà il punto più difficile.  Di Battista ha chiesto il Comitato di garanzia che sorvegli su nomine di governo e partecipate contro i sospetti poltronifici targati 5 Stelle. Di Maio ha rilanciato con una legge specifica. Per Dibba la questione è dirimente ed è una delle condizioni per restare. L’alleanza con il Pd è sul tavolo per le comunali ma alle Politiche il Movimento andrà sempre da solo.

Tutto come previsto. E Conte si rafforza

E’ chiaro a tutti che non passa da qui il futuro dell’Italia. Così come è chiaro che non c’è stato e non ci sarà quel terremoto nella maggioranza che, a Palazzo Chigi, in qualche modo si temeva: se Dibba resta, come sembra, non ci saranno scissioni e tutto andrà avanti come prima tra liti, ultimatum, dispetti su votazioni magari minori. Per Giuseppe Conte non potrebbe andare meglio. E infatti nel video messaggio ha potuto sfoggiare il suo paternalismo migliore.  Un colpo al cerchio e uno alla botte, ha applaudito alle diversità di vedute in una forza politica ma ha strizzato anche l'occhio ai governisti e ha dato una stoccata ai duri e puri: “Governare è anche avere il coraggio di cambiare idea”. Conte abbraccia tutti, da Dibba a Casaleggio, da Luigi di Maio a Vito Crimi, ovviamente Beppe Grillo “la mente più curiosa di un Movimento tosto”.  Per l’ennesima volta in questi ultimi due anni, tanto rumore per nulla. Speriamo almeno che sia l’ultima in cui si ventilano scissioni e fratture.

Il Pd infastidito

Il nuovo “capo” alla guida dell’organo collegiale sarà Di Maio. Ma il vero leader di riferimento è Conte. Oggi e anche domani quando la legislatura sarà finita.

Ora il punto è che tutto questo sembra rafforzare il ruolo di Conte. All’interno della maggioranza. Nel Pd, in tutte le anime del Pd, c’è “noia e fastidio per queste inutili cerimonie” anche se molti concordano che “è stato l’unico modo per tenerli insieme”. Nessuno infatti vuol fare dichiarazioni e commenti, guardare avanti. Il segretario Zingaretti torna a fare appelli alle opposizioni - ma anche a Conte e a Gualtieri - per fare le cose insieme, “con il contributo di tutti”. Nel Pd è forte il timore che il “volemose bene” degli Stati generali allontani per sempre l’ipotesi di un necessario rimpasto per avere al governo menti più lucide e capaci e si traduca in un Movimento che rialza la testa (ora è scomparso dai radar), sposta il lavoro su obiettivi inutili e rallenta l’azione di governo. E invece è proprio adesso che il governo deve correre, per tenere a bada la pandemia e far ripartire l’economia. Non c’è un secondo da perdere.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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