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“Che barba. Che noia", Berlusconi e Salvini discettano di “partito unico” e “federazione”

La Lega è pronta a lanciare “Prima l’Italia”. Giorgia Meloni, intanto, si gode i suoi sondaggi

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Silvio Berlusconi e Matteo Salvini
Silvio Berlusconi e Matteo Salvini (Foto dal profilo Facebook del leader della Lega)

Uno si fa riprendere in camicia e jeans, l’altro con la polo e i pantaloncini del Milan (un tifo, e un amore che, come si sa, unisce entrambi), sullo splendido sfondo di Villa Certosa, Sardegna. C’è solo una foto a immortalare il faccia a faccia che si è tenuto, sabato scorso, 21 agosto, una ‘colazione di lavoro’ tra Matteo Salvini – accompagnato dalla sua fidanzata, Francesca Verdini, figlia dell’ex coordinatore di FI, e poi di Ala, Denis Verdini, “mago di idee e uomini, oltre che di numeri” - e Silvio Berlusconi. L’ennesimo incontro, ovviamente, tra i due (ma per Salvini era la ‘prima volta’ a villa Certosa: è arrivato venerdì sera e ripartito sabato, barzellette, fuochi d’artificio e pennette tricolori incluse nel menù) per tessere l’accordo e la nascita di una federazione tra Lega e FI che, alla lunga, potrebbe diventare un ‘partito unico’ con il duplice obiettivo di porsi come ‘partitone’ unico del centrodestra e superare FdI nei consensi oltre che diventare ‘il perno’ del governo Draghi.

La superfetazione di organismi dirigenti

Certo siamo dentro quello che la mitica coppia Mondaini&Vianello definirebbe, a letto, "Che barba! Che noia!". Insomma, una discussione sui massimi sistemi che, di solito, ama fare la sinistra, e non il centrodestra, che ora si balocca di 'federazione', 'partiti unici', 'coordinamenti', etc. La costituente del futuro centrodestra prende, però, sostanza. Si riunirà in settembre e sarà formata, per il momento, al netto di FdI – assai scettica al riguardo, come vedremo - da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, dai ministri azzurri (tre: Brunetta, Carfagna, Gelmini) e leghisti (altri tre: Garavaglia, Giorgetti, Stefani). E infine dai quattro capigruppo dei due partiti alla Camera e al Senato: per Forza Italia, Occhiuto (candidato però a governatore della Calabria) e Bernini, per la Lega il duo Molinari e Romeo. La presenza dei ministri darà all’appuntamento un significato di cabina di regia per trattare gli affari di governo. A okkio, si tratta di una superfetazione di organi. Però, si vuole partire e, ovviamente, si parte con un rapporto stretto di coordinamento e azione comune tra Lega e Forza Italia, ma al momento senza rivoluzioni nei gruppi parlamentari. Come in politica spesso accade, molto dipende da come la guardi: i salviniani hanno sentito il segretario parlare di “un’oggettiva accelerazione che va nella direzione sperata”, nel solco del riconoscimento di leadership tributato da Berlusconi a Salvini già agli inizi di agosto. Mentre gli azzurri guardano con diffidenza agli eventi, ma tirano un respiro di sollievo perché, almeno per ora, di fusione dei gruppi non si parla.

Un ‘super-gruppo” ma con molti rischi

Un’intesa, dunque, ancora da costruire nei dettagli e nei contenuti, ma che - nelle intenzioni dei due leader dovrebbe - partire già dall’autunno, in Parlamento, con la nascita di un unico gruppo parlamentare che avrebbe una forza davvero inusitata. Facendo un rapido conto, 132 deputati della Lega e 77 di FI fa 209 alla Camera (sarebbe, così, il primo gruppo politico); 64 senatori della Lega e 50 di FI fa 124 (sempre primo gruppo). Diverse sarebbero le cose al Parlamento Ue: non è facile sommare i 25 eurodeputati della Lega ai dieci azzurri perché i primi siedono nel gruppo di Identità e Democrazia (quella della destra-destra) e FI dentro il PPE. Dove siederebbe, il ‘super-gruppo’? Nel PPE della Merkel o con Orban? Discorsi, ovviamente, per ora assai prematuri, anche perché alcuni eurodeputati filo-‘sovranisti’ della Lega potrebbero sbattere la porta, se la Lega aderisse al PPE – obiettivo cui lavora, da anni, l’attuale ministro della Lega e vero ‘numero due’ dell’attuale governo Draghi, Giancarlo Giorgetti – e andare a rinforzare le fila dei Conservatori e riformisti europei dell’estrema destra sovranista che è guidato, guarda caso, da Giorgia Meloni che ha ‘catturato’ l’eurodeputato Vincenzo Sofo.

“La somma non fa il totale”, direbbe Totò

Inoltre, spesso, anche dentro le Camere italiche, le somme aritmetiche non “fanno il totale”, come direbbe Totò: un unico gruppo. Per dire, il ‘mega-gruppo’ Lega-FI vorrebbe dire, in soldoni, avere un solo rappresentante nella conferenza dei capigruppo, invece che due, perdere cariche negli organigrammi delle Camere e, soprattutto, perdere finanziamenti pubblici che verrebbero ‘accorpati’ a un solo gruppo e non due. Per non dire delle conseguenze sul governo, dove altri partiti potrebbero dire che, a quel punto, Lega e FI sarebbero ‘sovra-rappresentati’ in termini di poltrone di governo e sottogoverno. Insomma, spiegano gli azzurri, il ‘gruppo unico’ non si fa perché “non converrebbe a nessuno”.

Una nota congiunta molto prudenziale

Non a caso, la nota congiunta ha toni prudenti: “È stato condiviso il calendario di iniziative da assumere da qui ai prossimi mesi per costruire una federazione tra le forze politiche di centrodestra che sostengono il governo e rendere ancora più efficace e incisiva la collaborazione soprattutto a livello parlamentare”. “Forza Italia e Lega sono nel frattempo impegnate per affidare al buongoverno del centrodestra la Regione (Calabria, ndr.) e i Comuni che andranno al voto in ottobre: c’è molto ottimismo circa i risultati”, si legge nel comunicato di Berlusconi e Salvini.

Alle porte ci sono le amministrative e il Colle

Una chiara operazione di rafforzamento, però, rispetto agli alleati di governo, ma politicamente avversari, M5s-Pd, oltre che verso gli ‘alleati’, più che altro ‘parenti-serpenti’ Fratelli d’Italia. Ma se, alle porte ci sono anche le elezioni amministrative, le Regionali in Calabria e le suppletive di Siena e Roma-Primavalle, per ora una lista unica Lega-FI sarà testata solo a Napoli e Caserta, ma soprattutto, poi, in Sicilia nel 2022. Il grande obiettivo di Salvini è quello di farsi trovare pronto per le politiche del 2023, con il listone “Prima l’Italia”, Berlusconi guarda di più alla partita del Quirinale, nutrendo – così pare – ancora speranze di poter essere della partita. Infatti, ricevendo Giorgia Meloni, sempre a villa Certosa, una settimana fa, avrebbe chiesto alla leader di FdI rassicurazioni proprio in tale senso.

Una strada che però non è affatto in discesa

Al di là di intenzioni e proclami di Villa Certosa, però, la strada non è tutta in discesa. Per questo si procede senza strappi, a piccoli passi. L’idea di una federazione in Parlamento può essere digeribile (ma presenta anche vari inconvenienti, come vedremo), anche se a Bruxelles Lega e Fi militano addirittura in due schieramenti diversi. Inoltre, l’ipotesi di una lista unica spaventa non poco gli azzurri, come racconta il Corriere della Sera. C’è da fare i conti innanzitutto con la freddezza dell’ala liberal di Forza Italia, rappresentata dalle ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, oltre che di Renato Brunetta (un tempo favorevole, ora non più).

Forza Italia “spaventata” dall’idea ‘fusione’

Sempre meno, raccontano, Berlusconi si occupa di questioni meno ‘centrali’ che delega ai suoi. Come il candidato alle suppletive di Roma, di cui pure con Salvini si sarebbe brevemente parlato: sgomberato il campo dall’ex magistrato Luca Palamara, cui Salvini guardava con favore, Forza Italia mira a candidare Pasquale Calzetta, collaboratore tra l’altro di Renato Brunetta che è tra i suoi maggiori sponsor. Anche su questo, però, andrà trovata un’intesa con la Meloni, che al collegio di Primavalle ci punta, così come a un accordo “soddisfacente” sui Municipi di Roma, dove punta, come lista, a fare incetta di voti.

Il centrodestra resta forte, ma assai diviso

Il centrodestra, forte e primo in tutti i sondaggi, resta dunque assai diviso: Lega e FI al governo, Fratelli d’Italia all’opposizione. Ma Berlusconi non vuole venir meno al suo ruolo di “federatore” che pensa al “bene della coalizione”, come ha ripetuto ai suoi: “Dobbiamo coinvolgere anche FdI. Magari si può pensare a un coordinamento parlamentare”. Il Cavaliere non vuole che l’intesa a due crei fratture insanabili o che si pensi che il rapporto con Salvini sia volto a danneggiare FdI nella leadership del centrodestra, cosa che, oggettivamente, così è.

Il ruolo da “padre nobile” di Berlusconi 

Certo, il rapporto con Salvini è “assolutamente positivo”, l’intesa soprattutto sui temi economici è “ottima”, ma il leader azzurro appunto non vuole allontanare Giorgia Meloni. Anche perché il suo pensiero ad una possibile candidatura al Quirinale è sempre vivo. Magari anche per questo sta lavorando ad un intervento sui «valori» che ispirano la sua azione, dalla libertà al garantismo, dal cristianesimo alla democrazia. E sembra, per come lo raccontano, un manifesto da padre nobile, ruolo che si sta ritagliando con interventi calibrati, mai polemici, quasi ecumenici, per cercare unità nel centrodestra ma non lo scontro con gli avversari: difficilmente il manifesto berlusconiano sarà simile a quello di Salvini e Meloni coi sovranisti.

La contrarietà di FdI e i dubbi di Crosetto

L’altro nodo riguarda la posizione scomoda in cui, per Lega e FI, si è messa Fratelli d’Italia, sin da febbraio all’opposizione del governo Draghi. Il partito di Giorgia Meloni cresce e miete, ogni mese che passa, consensi, fuori e dentro l’aula, rosicchiando numeri ai due alleati. La presidente FdI, all’apparenza, continua a non dare peso, in pubblico, all’intesa tra i due alleati, a differenza dei partiti minori come Coraggio Italia dal quale si levano voci molto critiche sulla possibile ‘opa ostile’ della Lega sugli azzurri e malumori si registrano anche in pezzi dell’Udc. FdI, per ora, si è detta “disponibili a una riunione settimanale dei capigruppo del centrodestra per rafforzare le idee della coalizione nelle politiche del governo”, ma restando ovviamente fuori dalla federazione. In futuro, chissà. La manovra di Salvini potrebbe puntare a tagliare fuori proprio la Meloni dalla futura corsa a Palazzo Chigi, dato che ormai è stato stabilito il principio che “chi prende un voto in più è il candidato a palazzo Chigi”. Una Federazione, o un partito unico, tra Lega-FI-Udc avrebbe di certo più voti di FdI.
 Certo è che il warning dell’ascoltato consigliere della Meloni, Guido Crosetto, è molto chiaro: “L’accelerazione sulla Federazione è un regalo a Giorgia – confida a La Stampa – peraltro un regalo non gradito perché un rapporto più stretto tra Lega e FI farà evaporare voti per tutta la coalizione. Sarebbe stato rivoluzionario e lungimirante coinvolgere Fratelli d’Italia, creando un tavolo di coalizione, come aveva proposto lei, invece si ragiona solo con il fiato corto”. Tradotto: pensate di costruire una corazzata per affondarci e vi ritroverete con una bagnarola e, magari, non vinceremo neppure le elezioni.

Il ‘sogno’ di Salvini è il partito “Prima l’Italia

In ogni caso, il primo passo verso il “partitone”, una lista unica con cui correre alle elezioni politiche del 2023, è stato gettato, nell’incontro di villa Certosa, cornice come al solito ‘magica’.La ‘vera’ proposta è quella di un partito unico ed è di Matteo Salvini, che ha pronto anche il nome: “Prima l’Italia”. Lo rivela il settimanale L’Espresso, diretto da Marco Damilano, in edicola oggi, e con dovizia di particolari, peraltro non smentiti. L’idea – dopo colloqui con il duo centrista Cesa&Casini (patron della vecchia Udc) e sotto la regia del mentore Verdini – sarebbe di ‘imbarcare’ nella Lega una serie di personalità e soggetti neo-centristi, calamita di voti moderati. Si va dall’arrivo, già incassato, della coppia siciliana Luca Sammartino e Valeria Sudano (entrati e usciti da mille partiti, in seno all’Ars, ma dotati di circa 50 mila preferenze nell’isola), ma anche di Carmelo Pullara (che viene dall’Mpa di Raffaele Lombardo) per puntare alla presidenza della regione Sicilia (si vota nel 2022) e di Giampiero Zinzi (figlio d’arte, nel senso che il padre, Domenico, era deputato Udc) in Campania, cui affidare la ‘riorganizzazione’ e il rilancio del partito e che si candida a sindaco, in quel di Caserta. Da qui la nascita di due liste già battezzate e che verranno testate alle prossime amministrative: “Prima Napoli” e “Prima Caserta” con tanto di tricolore, sullo sfondo. Ma la strategia salviniana, sempre al Sud, prevede il radicamento e lo sfondamento anche in altre regioni (Calabria, Puglia, Molise) e, ovviamente, il Lazio, dove al lavoro per portare voti e nomi forti nelle liste della Lega, a Roma come nelle altre province, c’è il prode sottosegretario al Mef Claudio Durigon, di recente finito nelle peste per le sue parole sul parco di Latina, parco che Durigon vuole intitolare ad Arnaldo Mussolini, nonché parole che hanno provocato la richiesta di dimissioni da parte degli ex alleati giallorossi.

Il problema, per Salvini, sono i sovranisti

Il problema, paradossalmente, per Salvini, potrebbero diventare i (tanti) sovranisti che ha, per anni, coltivato nel suo seno. I ‘no Euro’ prima e ‘no Vax’ e ‘no Pass’ oggi – si va dal deputato Claudio Borghi all’economista (sic) e deputato, Alberto Bagnai, dagli eurodeputati Marco Zanni e Francesca Donato fino al battagliero Angelo Maria Rinaldi, ma pure la ex candidata in Toscana, Susanna Ceccardi, sono fermamente contrari a ogni svolta ‘democristiana’ della Lega. Non solo vogliono opporsi a essa con ogni mezzo, ma stanno cercando anche un ‘coordinamento’ interno per ‘mettere un freno’ alla mossa di Salvini e a quella che vivono come una ‘contro-Opa interna’, quella di cui tirerebbe le fila il ‘solito’ Giorgetti, considerato – da loro – “più draghiano di Draghi” e, quindi, un pericolo. Peccato che, dentro la Lega, da quando è la Lega, cioè da quando comandava Umberto Bossi in modo pieno e incontrastato, si fa quello che dice ‘il Capo’. Ieri era l’Umberto, oggi è il Capitano. L’Umberto, al massimo, a villa Smeralda, si faceva ritrarre in canottiera super-chip, mentre Matteo è più urbano e mette su eleganti polo blu, ma la sostanza, cioè chi comanda, non cambia.

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