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[Il retroscena] Scandalo Banche, la commissione d’inchiesta diventa un ring. Due indagini sul padre della Boschi. Scontro su Ghizzoni

5 Stelle e Brunetta vogliono Ghizzoni in chiave anti Boschi. Casini e Pd contrari. Nicastro: “Il decreto del 2015 era necessario”

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Pier Luigi Boschi
Pier Luigi Boschi

E’ sempre più difficile impedire l’uso politico di una legittima indagine parlamentare. Non è la prima volta, memorabile fu la Commissione Mitrokhin. Mai però era successo che le due cose coincidessero con la campagna elettorale, moltiplicatore incontrollabile di ogni circostanza. Figurarsi se si chiamano banche e risparmio. 

Ieri sera alle 21 la situazione era la seguente: in via del Seminario sit-in 5 Stelle, capopopolo Di Battista, al grido “dimissioni per tutti, da Boschi a Renzi”; nel palazzo San Macuto, l’ufficio di presidenza della Commissione sui dissesti bancari chiuso per due ore a decidere una serie di audizioni scottanti come quella di Draghi, ex governatore di Bankitalia ai tempi dell’operazione Antonveneta (Mps), Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit a cui, secondo il libro di Ferruccio De Bortoli, l’allora ministra Boschi chiese aiuto per Banca Etruria, ma anche il procuratore di Arezzo Roberto Rossi già sentito una settimana fa ma secondo 5 Stelle e Forza Italia reticente in maniera sospetta. A parte il procuratore, si tratta di nomi che poco c’entrano con la crisi bancaria oggetto della Commissione. Solo l’ipotesi di convocarli alza un polverone politico che non fa bene a nessuno e risveglia la speculazione. 

Grazie, forse, agli ottavi di Champions che stavano scendendo in campo, la decisione è stata rinviata a oggi e anche il sit in, una trentina tra parlamentari e manifestanti, si è potuto sciogliere. Ma è solo una tregua. Perché ormai da una settimana si è rotta la calma apparente che sembrava accompagnare l’iter – breve – della Commissione.

Le nuove audizioni 

Saranno comunicate oggi alle 18. La discussione di ieri sera vede il Pd contrario alla convocazione di Draghi e anche Ghizzoni, “il primo perché “non si espone il governatore della Bce”; il secondo perché “cosa c’entra con la crisi delle banche”. Casini farà una proposta divisa in due. Un primo pacchetto, su cui c’era già il consenso, sarà sentito entro il 17 gennaio e prevede le audizioni del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, dell’ex n.1 di Conosb Giuseppe Vegas, del ministro Padoan, Angelo Apponi dg di Consob e Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza in via Nazionale. A questo gruppo si potrebbe aggiungere il dirigente del Tesoro Maria Cannata, l'a.d. di Deutch Bank e il vice procuratore della Corte dei Conti. 

C’è poi un secondo pacchetto, con le proposte di tutti i gruppi. Un pacchetto più caldo, su cui è opinione comune di “non porre veti". Il vicepresidente Brunetta (Fi), che vuole sentire a tutti i costi Ghizzoni, ha precisato che questo secondo pacchetto sarebbe “dedicato a completare le audizioni con Consoli o Ghizzoni o altri. L'obiettivo sarebbe quello di non avere veti e nomi manifestamente impossibili ma nomi utili per arrivare alla verità”. In questo gruppo “caldo” c’è l'ex patron di Popolare Vicenza Gianni Zonin e il presidente della Bce Mario Draghi. Due ore di discussione mentre dalla strada salivano le proteste del sit in pentastellato. 

Le inchieste su babbo Boschi e sui vertici di Etruria

Altro nome che balla è quello del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. Già sentito la scorsa settimana quando attaccò Bankitalia che aveva spinto per l’acquisto di Etruria da parte di Popolare Vicenza che però era già messa peggio della toscana, il procuratore è stato accusato di non aver rivelato che Pier Luigi Boschi è indagato per “falso in prospetto e ricorso abusivo del credito”. In quanto membro del cda e vicepresidente da aprile 2014 a novembre 2015, Boschi non avrebbe vigilato se  i clienti venivano informati correttamente sui rischi che stavano correndo sottoscrivendo le obbligazioni. Rossi ha spiegato di aver parlato del filone di indagine sui prospetti (nato da una segnalazione Consob che ha già multato i membri del cda) mentre la seduta era stata secretata e di aver “risposto con un cenno” alla domanda se Boschi sr era indagato e con la frase: “Non essere rinviati a giudizio per bancarotta non vuol dire non essere indagati in altro”. Non solo: Rossi avrebbe anche spiegato che “ci sono verifiche in corso per capire se il prospetto per il cliente è compito del dg o del cda”.  Come è noto, i magistrati vivono con una punta di fastidio l’interessamento della politica sulle loro indagini. Specie se sono in corso. D’altra parte la Commissione ha gli stessi poteri di un magistrato. Insomma, non sembra così utile chiamare nuovamente Rossi. 

Anche perché ieri è emersa una seconda indagine penale a carico di Boschi jr e questa volta riguarda un’altra pagina disastrosa della storia della banca: le facili consulenze per 17 milioni di euro (Bankitalia ha già sanzionato i vertici dell’istituto per due milioni e 300 mila euro) andate ad importanti professionisti e istituti di revisione dei conti.  La Guardia di Finanza sta cercando di capire quanto e come le consulenze fossero necessarie, da chi furono decise e quanto abbiano pesato nella fuoruscita di denaro senza ritorno che ha provocato il dissesto prima e il fallimento poi della banca. Gli investigatori devono capire chi decise le consulenze.

“Il decreto del 2015 era necessario”

L’audizione in mattinata di Roberto Nicastro, l'ex presidente delle good bank nate dalle ceneri di Banca Etruria, Carichieti, Cariferrara e Banca Marche, è stato un altro tassello importante nella ricostruzione dei fatti. E forse proprio per questo troppo poco ascoltato.

Nicastro non ha avuto dubbi: il mancato salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara e la loro messa in liquidazione, avrebbe provocato effetti “devastanti” su molte piccole e media imprese finanziate dagli istituti e avrebbe provocato ulteriori, forti perdite ai risparmiatori. “La liquidazione delle 4 banche - ha spiegato - avrebbe significato un rischio di 6 miliardi di ulteriori perdite a carico, a quel punto, degli obbligazionisti senior e potenzialmente anche dei depositanti sopra i 100 mila euro”. Ci sarebbe stata, ha aggiunto “la perdita di buona parte dei posti di lavoro, un effetto sistemico sulle province, un impatto materiale di contagio verso altre banche fragili e la necessità di andare subito ad escutere 12 miliardi di garanzia sui depositi entro i 100 mila euro a carico del resto del sistema. Un quadro che si doveva assolutamente evitare”. Da qui il decreto del 15 novembre 2015. Brunetta ha insistito se fosse stato così necessario e l’unica alternativa. “In quel momento lo era visto che dopo poche settimane, il primo gennaio sarebbe scattato il bail in”. Ma tutto questo non ha trovato spazio, ieri, nei sit in e nei post e nelle dichiarazioni pubbliche dei 5 Stelle.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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