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M5s consegnati mani e piedi al Capitano: comanda Salvini. E adesso avanti con il rimpasto di governo

Con un pensierino anche alla Giustizia. Il segretario della Lega si muove da premier con Tria e anche con Conte. Liberato il campo dai casi Siri e Rixi, l’asticella ora è sempre più alta. E la parola chiave, logoramento

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
M5s consegnati mani e piedi al Capitano: comanda Salvini. E adesso avanti con il rimpasto di governo

Non c’è peggior sconfitta di quella travestita da vittoria. Di quando ti dicono “ok, tutto a posto” e poi invece ti scopri dentro un gigantesco trabocchetto. Così il giorno in cui i 5 Stelle sembrano infilare due buone notizie dopo tre giorni e tre notti di ceffoni e crisi di nervi - le dimissioni istantanee del viceministro leghista Edoardo Rixi condannato per peculato a 3 anni e 5 mesi e il “trionfo” di Luigi Di Maio nelle votazioni sulla piattaforma Rousseau che gli confermano la fiducia con tante scuse - è in realtà quello in cui il Movimento si è consegnato mani e piedi e anima alla Lega di Matteo Salvini. Dopo ieri, e Alessandro di Battista lo sa bene, sarà impossibile tornare indietro. Tradotta sul piano politico, significa che d’ora in poi il premier vero è Matteo Salvini e Giuseppe Conte la controfigura; che i grillini, a cominciare da Di Maio, dovranno più o meno ingoiare tutto ciò che arriva dalla Lega; che il governo può anche andare avanti ma alle condizioni fissate da Matteo Salvini. Magari anche un Conte-bis con relativo rimpasto di ministeri. Salvini ha già detto quali. Li ha snocciolati uno dopo l’altro almeno due volte in 24 ore: Difesa, Ambiente, Infrastrutture. Aggiungerebbe anche la Giustizia ma sa che Bonafede è blindato e comunque, ha rassicurato, “abbiamo molto da fare su questo tema”.

Come un esercito

Mentre il popolo grillino è alle prese con “la grande votazione” per confermare quello già sanno anche i sanpietrini di piazza di Montecitorio - fiducia totale a Luigi Di Maio e guai a chi osa pensare il contrario - Salvini si muove come un generale alla guida della legione leghista. Alle 13 e 10 il tribunale di Genova condanna il viceministro Edoardo Rixi a 3 anni e 5 mesi (uno in più rispetto alla richiesta del pm) più la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici per un peculato da 29 mila euro quando era capogruppo in Regione (dal 2010 al 2012). L’Italia si ferma col fiato sospeso convinta che questa sia il detonatore finale per far implodere l’esecutivo del cambiamento. Forse giusto il Presidente Mattarella e il premier Conte conoscono l’esito della partita. Gli altri, tutti, restano appesi in attesa della decisione: rompere o incassare, all’attacco o in difesa. Passano 30 lunghi minuti. Dai 5 Stelle, sempre alle prese con Rousseau e finalmente felici di poter alzare la testa, si contano ben 37 richieste di dimissioni. Il Capitano spiazza tutti e in 5 minuti, tramite il suo staff, comunica le dimissioni ricevute da Rixi “in nome della stabilità del governo e per non intralciare l’azione di cui il Paese ha bisogno”. Salvini le accetta, senza battere ciglio: “Ringrazio Rixi per l’incredibile lavoro svolto fino ad ora. Da tempo ho nelle mani le sue dimissioni che accetto unicamente per tutelare lui e l’attività del governo da attacchi e polemiche senza senso”. Fine. Stop. Lo show finisce qua. I 5 Stelle restano a mani vuote. Convinti com’erano di poter imbastire  su quel pretesto la propria remuntada, si ritrovano invece senza più proiettili e munizioni. Il Movimento è nudo, in balia di un Salvini che si atteggia da premier, disarmato di quella che era l’unica arma possibile: il giustizialismo e la superiorità morale. Niente da fare: da ieri all’ora di pranzo anche quell’arma è spezzata. Era l’ultima rimasta.

In un colpo solo

Con una sola mossa, quasi manu militari, Salvini sgombera il campo da quello che tutti consideravano “l’incidente insuperabile”, il detonatore della crisi di governo. Riassetta le truppe, sommerge di sarcasmo i grillini (“aspetto sempre che si faccia un cdm, Rousseau permettendo…”), li confina sulla logora passerella delle votazione on line (“è stata la più grande votazione di sempre, un record, una delle più belle pagine nella storia della democrazia diretta” dirà a sera Di Maio ringraziando per l’80 per cento di Sì ottenuti ma è chiaro che non ci crede più nessuno) e comincia a dettare l’agenda. Rispetto alla quale i generali 5 Stelle, a cominciare da Di Maio, possono solo ascoltare remissivi. E un po’ storditi. Nei fatti la mossa di ieri ha seriamente ipotecato ogni velleità dei 5 Stelle di diventare partito di governo. Di crescere e uscire finalmente dal loro blog.

Salvini ministro economico

Un copione studiato a fatica ma conosciuto a memoria: quello del premier facente funzioni. Un premier ombra che detta l’agenda e anche i suoi tempi di realizzazione, l’unico vero incubo per il leder leghista in questo momento ossessionato dall’idea di non riuscire a fare, di perdere tempo. Salvini in mattinata va con tutti i suoi “economici” (Giorgetti, Bitonci, Garavaglia, Bagnai, Borghi, Durigon) in via XX Settembre e si piazza dal ministro Tria. Insieme scrivono la lettera di risposta a Bruxelles. Tria dirà, a fine incontro, che “non ci sarà bisogno di alcune manovra correttiva (la Ue chiede tra i 7 e i 12 miliardi, ndr)”. Il “come” lo scopriremo solo stasera.

Ok alla Tav

Per il resto è “no assoluto” all’aumento delle tasse e dell’Iva e via libera ad una proroga della pace fiscale; nella prossima manovra ci sarà la flat tax e lascia intendere che l’Europa darà il 55% in più dei finanziamenti per la Tav bilanciando così i costi tra Italia e Francia. Il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, appena uscito da palazzo Chigi a fine mattinata completa il quadro Tav e informa che “l’11 marzo il consorzio italo-francese ha provveduto a pubblicare i bandi di gara”. Dunque il cantiere va. E sarà ancora più ricco. Checchè ne dicano i 5 Stelle ancora convinti che sia tutto fermo. A palazzo Chigi i gruppi si sono confrontati, separatamente, con il premier Conte che, così come Mattarella, ha chiesto alle due forze di governo patti chiari e amicizia lunga. I “patti chiari” prevedono che vengano sbloccati dal pantano parlamentare ben due decreti in via di scadenza: il dl crescita (17 giugno) e il dl sblocca-cantieri (30 giugno). E mentre la votazione su Rousseau prosegue, il ministro dell’Interno può annunciare “la sospensione del codice degli appalti e nuove norme sui rifiuti”. Il codice, voluto nel 2014 per rendere più sicuri gli appalti e gli amministratori ai tempi di Expo, è il punto di riferimento dei 5 Stelle e di norme come il famoso spazzacorrotti. La Lega lo ha liquidato in pochi minuti. Si racconta che il capogruppo dei 5 Stelle Stefano Patuanelli sia rimasto in imbarazzato silenzio di fronte a questa comunicazione. Che non sarà facile spiegare agli elettori penta stellati.

La rassicurazione

“Figuratevi se casca il governo, a settembre dobbiamo fare la manovra di Bilancio” ha rassicurato Salvini smentendo il chiacchiericcio, anche tra i suoi, per cui “è impossibile resistere in questo modo”. E intanto è andato avanti il resto della giornata mettendo sul tavolo, ad ogni dichiarazione, una posta sempre più indigeribile per i grillini. A cominciare dalla memorabile lista dei ministeri che “lavorano male e andrebbero sostituiti”. E’ una lista che Salvini scandisce due volte in meno di 24 ore. Si comincia con Toninelli, ministro alle Infrastrutture (“uno sbloccatore di cantieri senza uguali”), avanti con Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, “perché deve capire che tagliare sulla Difesa è un suicidio” per concludere con Sergio Costa, l’ex generale della Terra dei fuochi, che “per difendere l’ambiente blocca il paese”. Fino al nodo Giustizia. Bonafede, lo sa anche Salvini, è intoccabile. E però è un fatto che le questioni urgenti siano tutte lontano da una soluzione. Salvini ha ribadito che “non se ne parla di far partire la prescrizione infinita senza aver prima rivisto il processo penale in modo di dare tempi certi ai processi”. Ha ripetuto anche che va rivisto il reato di abuso d’ufficio “perché è incredibile che ci siano spacciatori a piede libero e sindaci o amministratori e parlamentari accusati o condannati senza uno straccio di prova. Cinque anni per un omicidio e tre anni anni per un piatto di spaghetti: Houston, abbiamo un problema”.

Conte bis con rimpasto?

Di fronte a tutto ciò i 5 Stelle sono riusciti a chiedere solo “un po’ di rispetto per gente che lavora”. Il minimo sindacale. Ecco che quindi, mettendo in fila la giornata, la soluzione salta fuori. Il Governo va avanti a patto che non ci siano ulteriori No, che si faccia tutto o quasi quello che viene proposto - “a cominciare dal decreto sicurezza” - e che cambi marcia. “Io non chiederò mai un rimpasto e neppure sostituisco i due sottosegretari silurati per le inchieste, Siri e Rixi”. Però è chiaro che è questo che vuole Salvini: i suoi uomini in quelle caselle così importati. “E’ un lavoro che farà fare a Conte, di sua iniziativa…” suggerisco i colonnelli leghisti in attesa alla Camera che si sblocchi (succederà in serata) il decreto Calabria, cioè la nomina dei commissari per la Sanità calabrese. Un iter dove ci lascia le penne la relatrice Danila Nesci (M5s) perché pizzicata in aula a dare l’incarico ad uno suo collaboratore. La sceneggiata un po’ isterica della ministra Grillo (mercoledì sera in Aula) è già un cult sulla rete.

Il sospetto

La giornata della ripartenza grazie al plebiscito per Di Maio diventa così quella in cui si recita il requiem per il Movimento. Il protagonismo da premier di Salvini con i suoi continui ultimatum alimenta il sospetto che “voglia provocare a tutti i costi una reazione” tra gli oltre 300 parlamentari e nel quartier generale della Casaleggio. “Vuol spingerci alla rottura addossando su di noi la colpa della crisi e del voto anticipato” dicono i big del Movimento. In alternativa, “se si aprono altre crepe sarà Conte a lasciare il cerino in mano a Salvini...”. A sera è una magra consolazione sapere che al voto su Rousseau hanno partecipato circa 60 mila persone, il numero più alto di sempre nelle moderne democrazie, di cui l’85% a favore di Di Maio. Il sistema è stato hackerato un paio di volte in un giorno. Il Garante aveva stabilito che la piattaforma non è strumento sicuro per l’esercizio della democrazia. Mercoledì Rougue0, l’hacker che ha già dato parecchi fastidi al Movimento, ha lanciato un paio di hashtag stupendi. “Giggino #tisalvoio” e “cinedimissioni”. Salvini, costretto a liberarsi di Siri e Rixi, ha iniziato ad alzare l’asticella. Non si fermerà più. “O lavoriamo o andiamo a casa”, ripete. La parola chiave è logoramento. Dei 5 Stelle. Ma anche di Forza Italia. Le condizioni migliori per poter poi consegnare il Paese alle destre.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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