“Beetlejuice Beetlejuice”, la scommessa vinta di Tim Burton sullo ‘spiritello porcello’, bioesorcista innamorato
Il sequel ripropone anche il cast del primo film, oltre a un Michael Keaton irriconoscibile per il trucco, anche gli ottimi Winona Ryder e Catherine O’Hara, cui si sono aggiunti Jenna Ortega, Willem Dafoe, Justin Theroux e Monica Bellucci. Ne viene fuori un film difficilmente incasellabile. Non è un horror, perché non spaventa. Non ha le atmosfere cupe del gotico, perché punta tutto sulla leggerezza. Ma non è neppure un film comico in senso stretto, perché dietro al grandguignol si nasconde una feroce satira sociale
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI
► I sequel di un film di grande richiamo sono sempre una scommessa. A volte vinta, quando il nuovo film replica il successo dell’originale o addirittura fa meglio. A volte no, perché le idee hanno perso lo smalto, gli attori sono invecchiati, i gusti del pubblico sono cambiati. Tim Burton, regista intelligente e creativo come pochi altri, è riuscito a vincere la sua proponendo a distanza di ventisei anni il seguito di “Beetlejuice, spiritello porcello”, il film che segnò la sua definitiva consacrazione a Hollywood, tant’è vero che subito dopo fu chiamato a dirigere il primo “Batman”.
“Beetlejuice Beetlejuice” ripropone gli stessi personaggi, a cominciare dal bioesorcista innamorato Beetlejuice, interpretato da un Michael Keaton irriconoscibile per il trucco, ma straordinario nella recitazione. Anche solo per questo, e senza nulla togliere al doppiatore Luca Biagini, il film andrebbe visto nella versione originale con i sottotitoli. Facevano parte del cast del primo film anche gli ottimi Winona Ryder e Catherine O’Hara, cui si sono aggiunti Jenna Ortega, Willem Dafoe, Justin Theroux e Monica Bellucci, qui meno imbalsamata del solito. Evidentemente la relazione sentimentale con Burton le ha fatto bene, anche se il regista non ha rinunciato al suo tocco iconoclasta proponendocela con il volto sfigurato da una ferita ricucita con una macchina sparapunti.
Come il film precedente, “Beetlejuice Beetlejuice” è difficilmente incasellabile. Non è un horror, perché non spaventa. Non ha le atmosfere cupe del gotico, perché punta tutto sulla leggerezza. Ma non è neppure un film comico in senso stretto, perché dietro al grandguignol si nasconde una feroce satira sociale, non priva di amarezza. Infine, pur essendo costato molto per le scene, i costumi e le animazioni dei personaggi, non è un kolossal, e anzi prende esplicitamene in giro le megaproduzioni che di questi tempi vanno per la maggiore. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org
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