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Ricordando la gente di Palestina, Israele e Ucraina, il grido di dolore di papa Francesco: “ Fermatevi, basta guerra”

Il Santo Padre lancia una vera sfida alla politica che non sa o non vuole la pace. Il disarmo un dovere morale

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Foto Ansa
Foto Ansa

Avversario lucido e coerente della guerra e dell’industria bellica che la rende possibile, papa Francesco all’Angelus domenicale odierno ha lanciato l’ennesimo appello per la pace in Palestina, Israele, Ucraina. Un appello mai così drammatico e appassionato che si è rivelato anche una denuncia verso la sordità della politica. Appello e denuncia da parte di Francesco che si sta rivelando il papa che con più insistenza non solo parla di pace, ma chiede ragione delle politiche belliciste dei governi che si mostrano distanti e insensibili rispetto alle sofferenze della popolazione civile, costretta a pagare nei conflitti il contributo più sanguinoso e doloroso. In poche righe dai toni addolorati e drammatici il papa ha riassunto la dinamica distorta della guerra e l’urgenza di pace.

“Porto quotidianamente nel cuore, con dolore, - ha scandito nel dopo Angelus - la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele, dovuta alle ostilità in corso. Le migliaia di morti, di feriti, di sfollati, le immani distruzioni causano dolore, e questo con conseguenze tremende sui piccoli e gli indifesi, che vedono compromesso il loro futuro. Mi domando: davvero si pensa di costruire un mondo migliore in questo modo, davvero si pensa di raggiungere la pace? Basta, per favore! Diciamo tutti noi: basta, per favore! Fermatevi! Incoraggio a continuare i negoziati per un immediato cessate-il-fuoco a Gaza e in tutta la regione, affinché gli ostaggi siano subito liberati e tornino dai loro cari che li aspettano con ansia, e la popolazione civile possa avere accesso sicuro ai dovuti e urgenti aiuti umanitari. E per favore non dimentichiamo la martoriata Ucraina, dove ogni giorno muoiono tanti. C’è tanto dolore là”.

Non pago dell’appello alla pace Francesco, in vista della seconda Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione che si celebrerà martedì 5 marzo, ha ribadito una chiara denuncia della corsa agli armamenti, rilevando che tale corsa non porta da nessuna parte. Occorre un salto di qualità nella prospettiva della pace: non serve armarsi quanto piuttosto disarmarsi.

Quante risorse – ha osservato - vengono sprecate per le spese militari che, a causa della situazione attuale, continuano tristemente ad aumentare! Auspico vivamente che la comunità internazionale comprenda che il disarmo è innanzitutto un dovere, il disamo è un dovere morale. Mettiamo questo in testa. E questo richiede il coraggio da parte di tutti i membri della grande famiglia delle Nazioni di passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia”. Non si dimentica il papa di incoraggiare le iniziative di solidarietà per i popoli che soffrono la guerra e per operare in favore della pace. Anche oggi lo ha fatto, rivolgendo un “un saluto affettuoso ai giovani ucraini che la Comunità di Sant’Egidio ha convocato sul tema “Vinci il male con il bene. Preghiera, poveri, pace”.

Cari giovani, grazie per il vostro impegno a favore di chi più soffre per la guerra. Grazie!”. Ormai l’Angelus domenicale si sta trasformando in un appuntamento settimanale per la pace nel mondo e di vicinanza solidale con quanti soffrono le conseguenze distruttive della guerra. Giova forse ricordarsi che tutti gli spunti di una conversione urgente delle politiche internazionali, Francesco li aveva esposti nel discorso di inizio gennaio incontrando il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In quell’occasione tramite le rappresentanze diplomatiche aveva chiesto un risveglio di responsabilità dei governi nei confronti della pace e della cura per la casa comune.

Nelle domeniche successive Francesco sembra dare conto pubblicamente di quanto difficile sia per i governi avviare politiche di pace e cooperazione piuttosto che di guerre e di armi per combatterle. Il ritornello della pace resa possibile dal prevalere della fraternità è stato ripetuto da Francesco anche spiegando il senso del Vangelo odierno che ricorda l’episodio di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio.

“Non fate della casa del Padre mio un mercato”. Francesco si è soffermato “sul contrasto tra casa e mercato: si tratta infatti di due modi diversi di porsi davanti al Signore”. E Gesù “oggi è duro perché non accetta che il tempio-mercato si sostituisca al tempio-casa, non accetta che la relazione con Dio sia distante e commerciale anziché vicina e fiduciosa, non accetta che i banchi di vendita prendano il posto della mensa familiare, che i prezzi vadano al posto degli abbracci e le monete prendano il posto delle carezze. E perché Gesù non accetta questo? Perché così si crea una barriera tra Dio e l’uomo e tra fratello e fratello, mentre Cristo è venuto a portare comunione, a portare misericordia, cioè perdono, a portare vicinanza diffondendo fraternità intorno a noi. Una prospettiva del tutto opposto alla pianificazione dell’industria bellica che rende possibile combattere la guerra.

“L’invito oggi, anche per il nostro cammino di Quaresima, - conclude il papa - è a fare in noi e attorno a noi più casa e meno mercato. Prima di tutto nei confronti di Dio: pregando tanto” e poi diffondendo fraternità: “C’è bisogno di tanta fraternità! Pensiamo al silenzio imbarazzante, isolante, talvolta addirittura ostile che si incontra in tanti luoghi”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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