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Panama Papers, spuntano i nomi di Carlo Verdone, Barbara D'Urso e Valentino

L'attore e la presentatrice minacciano denunce. Coinvolto anche l'ex direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn

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Verdone e D'Urso sarebbero tra gli italiani del 'Panama Papers'
Carlo Verdone, Barbara D'Urso, Valentino

Ci sarebbero anche lo stilista Valentino e l'attore-regista Carlo Verdone nell'archivio "prelevato" dallo studio legale Mossack Fonseca. Lo sostiene il settimanale l'Espresso che - nel prossimo numero - dovrebbe pubblicare l'elenco dei primi 100 nomi italiani contenuti nei Panama Papers. Verdone sarebbe stato titolare di una offshore, l'Athilith Real Estate. Athilith è arrivata molto presto al capolinea: registrata nel 2009 è stata liquidata nel 2014.

Lo scandalo sbarca anche a Mediaset, travolgendo Barbara D'Urso: risulta "director", amministratrice, della società Melrose street ltd, registrata nel 2006 alle Seychelles, paradiso fiscale oltre che vacanziero. Per i legali però "siamo di fronte a dichiarazioni lacunose".

Società offshore già liquidata

I file panamensi segnalano che, a partire dall'agosto 2012 i documenti contabili di Melrose Street ltd, sono stati conservati presso il domicilio della conduttrice. La società, spiega una nota degli avvocati, “è stata aperta ai fini di un'operazione immobiliare che la signora D'Urso intendeva compiere in Costa Azzurra”. Un'operazione che poi non si è concretizzata, prosegue la nota, e quindi Melrose è stata chiusa. In base ai documenti dell'archivio Mossack Fonseca la offshore delle Seychelles è stata liquidata alla fine del 2014.

Barbara d'Urso smentisce però tramite i suoi legali le notizie pubblicate da L'Espresso.

Ecco il testo integrale della nota dello studio legale

"Lo Studio Legale Rucellai&Raffaelli di Milano, in persona dell’avv. Enrico Adriano Raffaelli, in nome e per conto della sig.ra Barbara d’Urso, rende noto quanto segue in relazione alle notizie diffuse da L’Espresso circa pretesi “affari offshore” della sig.ra d’Urso. La sig.ra Barbara d’Urso, informata alcuni giorni fa dell’inchiesta condotta da L’Espresso, aveva diffidato formalmente a mezzo del proprio legale tale settimanale dal divulgare notizie che apparivano lacunose e gravemente lesive della sua immagine. La sig.ra d’Urso, in particolare, nella lettera inviata aveva chiarito a L’Espresso che: 1) la società in questione era stata aperta ai fini di un’operazione immobiliare che la Sig.ra d’Urso intendeva compiere all’estero; 2) tale operazione non si era poi concretizzata; 3) la società era conseguentemente sempre rimasta inattiva; 4) la società era stata ufficialmente chiusa nel 2012.

Nella diffida si rilevava, pertanto, che la funzione cui era destinata la società e la non attualità dei fatti in questione rendeva del tutto illegittima sotto ogni profilo la loro divulgazione da parte del L’Espresso, vieppiù in un contesto in cui la posizione della sig.ra d’Urso sarebbe stata strumentalmente ed in modo suggestivo accostata a condotte totalmente diverse, attuali e molto gravi, se non persino illecite.

L’Espresso, a dispetto dei chiarimenti forniti dalla sig.ra D’Urso e della diffida inviata, non solo ha ritenuto di pubblicare la notizia, ma ha conferito alla stessa una particolare enfasi, qualificando suggestivamente nel titolo come “affari off-shore” quella che invece era, molto semplicemente, una società che non è stata mai operativa e che è stata chiusa da alcuni anni ufficialmente ed in piena trasparenza, tutte circostanze ben note all’Espresso e tuttavia volutamente ignorate al solo fine di diffondere una notizia  mediaticamente appetibile. 

In questa situazione la sig.ra d’Urso deve riservarsi ogni azione nelle competenti sedi per tutelare la propria immagine e vedere riaffermata la verità dei fatti rispetto al gravissimo danno arrecatole dalla condotta posta in essere da L’Espresso".

Barbara D'Urso

Sul piede di guerra anche Verdone

''L'accostamento di Carlo Verdone ai fatti pubblicati su 'L'Espresso' non è e non sarà credibile, anche perché Carlo Verdone non è titolare di nessun conto o proprietà all'estero, neanche per interposta persona. Naturalmente Carlo Verdone tutelerà la propria rispettabilità in tutte le sedi giudiziarie'' è quanto scrivono in una nota i legali dell'attore che sarebbe coinvolto nello scandalo Panama Papers secondo le anticipazioni sul settimanale in edicola domani dei 'primi 100 nomi' di italiani. ''Il nome di Carlo Verdone è stato inserito nell'articolo de "L'Espresso" sui fatti di Panama dopo che il giornalista aveva chiesto, anticipatamente, al suo legale avvocato Felice d'Alfonso del Sordo un previo commento sulla notizia che sarebbe uscita. Affermava il giornalista, Stefano Vergine, che la notizia era basata su documenti: di essi tuttavia è stata negata la visione, benché richiesta dal legale. Pertanto è ignoto su quali fatti e circostanze l'articolista si sia basato e finché i documenti non saranno mostrati anche agli altri professionisti incaricati (Avvocati Antonio Conte e Tognozzi), l'accostamento di Carlo Verdone ai fatti pubblicati su "L'Espresso" non è e non sarà credibile''.

Le procure italiane valutano l'apertura di un'inchiesta

Anche la Procura di Roma, dopo quelle di Torino e Milano, intende muoversi sulla vicenda Panama Papers. I pm di piazzale Clodio stanno seguendo l'evolversi del caso che coinvolgerebbe anche cittadini italiani e in queste ore si sta valutando la possibilità di aprire un fascicolo di indagine. A breve potrebbero essere avviati accertamenti con l'affidamento di una delega alla Guardia di Finanza. 

Perquisita la sede della Uefa a Nyon

Sarebbero stati prelevati documenti riguardanti un contratto sui diritti televisivi, per la trasmissione della Champions League, stipulato con un'agenzia di marketing off-shore implicata nello scandalo di corruzione della Fifa. L'Uefa, in una dichiarazione all'Ansa, ''conferma la visita degli investigatori svizzeri in merito alla vicenda relativa ai contratti conclusi con le società relativi ai diritti tv''. Dalla Confederazione europea fanno sapere di essere ''totalmente a disposizione per ulteriori chiarimenti''

Coinvolto anche Strauss Kahn 

Il fondo d'investimento lussemburghese Leyne, Strauss-Kahn & Parners (LSK), creato dal socio di DSK Thierry Leyne, avrebbe aiutato dei clienti ad aprire società offshore nei paradisi fiscali. In particolare, avrebbe aperto e domiciliato 31 società offshore attraverso una filiale denominata Assya Asset Management Luxembourg (AAML). Le società servivano ad aprire conti in banche domiciliate in Svizzera, in Lussemburgo o a Hong Kong. Ne traevano vantaggio "ricchi privati francesi, produttori audiovisivi asiatici e un importante gruppo di ristrutturazioni parigino che si sviluppa in Asia", secondo Le Monde.

Spunta il nome del Nobel Llosa

Anche lo scrittore peruviano - naturalizzato spagnolo - Mario Vargas Llosa, Nobel per la letteratura, comparirebbe nei Panama Papers. Lo scrittore e la sua ex moglie sarebbero stati azionisti per circa un mese nel 2010 di una compagnia offshore delle Isole Vergini britanniche. L'agente dello scrittore nega. Il sito scrive che alcune e-mail testimoniano che un rappresentante dello scrittore chiese agli avvocati di rimuoverlo dalla lista degli azionisti il 6 ottobre 2010, il giorno prima cioè di vincere il Nobel. Né Vargas Llosa né l'ex moglie hanno avuto mai rapporti con lo studio legale panamense Mossack Fonseca, al centro dello scandalo sui paradisi fiscali. Ed ha aggiunto che il suo assistito ha rispettato tutte le normative fiscali in Spagna e altrove.

 

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