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Occhi puntati sulla Corte Suprema, possibile arbitro. Come per Bush-Gore nel 2000. Casa Bianca decisa a carte bollate?

Vent'anni fa ci volle oltre un mese tra udienze e ricorsi incrociati, stress e adrenalina alle stelle, compensati da parcelle da record per lo sciame di legali di entrambe le campagne scesi nel Sunshine state

di Alessandra Baldini   
Occhi puntati sulla Corte Suprema, possibile arbitro. Come per Bush-Gore nel 2000. Casa Bianca...

Dopo una notte elettorale al cardiopalma, l'America punta gli occhi sulla Corte Suprema: 'Bush vs. Gore', il verdetto del 2000 che consegnò ai repubblicani di George W. la Casa Bianca, fa ombra al futuro del Paese. Quella sentenza segnò il primo intervento in un'elezione della Corte, ma andrà così anche stavolta? L'esito di una corsa presidenziale sarà di nuovo decisa a colpi di avvocati e di carte bollate?

Vent'anni fa ci volle oltre un mese tra udienze e ricorsi incrociati, stress e adrenalina alle stelle, compensati da parcelle da record per lo sciame di legali di entrambe le campagne scesi nel Sunshine state. In uno dei tanti paradossi della storia, alla fine furono gli avvocati repubblicani - tra loro tre togati di oggi, l'attuale presidente John Roberts, il conservatore di nomina trumpiana Brett Kavanaugh e l'ultima arrivata, Amy Coney Barrett, 28enne fresca di law school - a difendere "i diritti degli elettori e l'obbligo di considerare ogni voto".

Del cast dei giudici di allora, soltanto due restano ancora in pista: Clarence Thomas a destra, Stephen Breyer a sinistra. Ancora sulla breccia, dopo la condanna per ostruzione della giustizia nel Russiagate e il successivo perdono da parte di Trump, è anche il faccendiere Roger Stone: orchestrò la protesta dei 'colletti bianchi' finita a botte in un albergo di Miami dove era in corso la conta dei voti e passata alla storia come "la rivolta dei Brooks Brothers".

Il 2000 fu lo spartiacque che pesa sui prossimi giorni. "Temo in una nuova rivolta dei Brooks Brothers, stavolta con gli Ar-15 al posto del cellulare", ha paventato Sherrilyn Ifill, presidente del braccio legale della Naacp, mentre Matthew Seligman, avvocato di Harvard, ha denunciato la "crescente litigiosità" delle presidenziali, un fenomeno che si è accentuato da venti anni a questa parte trasferendo alle corti l'ultima parola sui processi elettorali.

Quest'anno, a differenza dal 2000 quando la battaglia per la Florida fu improvvisata all'ultimo momento, squadre di legali da entrambi le parti sono in campo da mesi, ma ad alimentare incertezze sull'esito elettorale, oltre alla valanga dei voti per posta ancora non contati, è la percezione che molti americani hanno di una sempre maggiore politicizzazione della Corte Suprema: dopo il successo ottenuto da Trump con l'insediamento di Kavanaugh, della Coney e del terzo conservatore Neil Gorsuch, gli equilibri potrebbero essere spostati a destra per decenni a venire.

di Alessandra Baldini   
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