Perché è stato dato l'ok al convoglio? La morte dell’ambasciatore e del carabiniere poteva essere evitata
Il diplomatico era volato da Kinshasha a Goma convinto di trovare un dispositivo di protezione adeguato, invece gli sono stati affidati due vecchi fuoristrada
Le indagini sono già in corso, anche perché nella dinamica che ha portato alla morte dell’ambasciatore italiano a Kinshasa, Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci, e del loro autista congolese Mustapha Milambo, ci sarebbero alcuni tasselli che non combaciano. Secondo le testimonianze raccolte da InfoAfrica, “il convoglio era composto da due autovetture del Programma alimentare mondiale (Pam) e da sette persone, quattro congolesi e tre italiani. Oltre ad Attanasio e Iacovacci, c'era un terzo italiano, dipendente di un organismo internazionale in Congo (si trova libero e in buona salute)". All’appello mancano i tre congolesi (uccisi, ostaggi o complici?)

Condotti nella boscaglia
I membri della colonna sarebbero stati prima fermati e poi condotti nella boscaglia da aggressori “che comunicavano in kinyarwanda, prima di essere uccisi dagli stessi assalitori, nel corso uno scontro a fuoco tra questi ultimi e un gruppo di guardie forestali di pattuglia nella zona, con il sostegno di militari delle forze armate congolesi”, ha detto InfoAfrica riferendosi a una fonte locale rimasta anonima per motivi di sicurezza. La notizia corrisponde a quella diffusa in un comunicato dal ministero degli Interni congolese. “Gli assalitori sono fuggiti” avrebbe sostenuto la fonte, aggiungendo che si tratta di presunti miliziani delle Forces démocratiques de libération du Rwanda (Fdlr), una milizia di origine ruandese che da molti anni imperversa nella regione.
Il Fdlr respinge l’accusa
“Molti attacchi nella regione sono programmati. È raro – spiega il sito africano - che accadano per caso. Si tratta a volte di imboscate a scopo di rapimento per chiedere un riscatto, a volte sono azioni commissionate, o ancora, possono essere commesse per eliminare gruppi rivali”. “Respingiamo categoricamente le accuse rivolte alle Fdlr, accuse che abIl Fdlr respinge l’accusa.biamo visto circolate in alcuni media, e deploriamo l’atto ignobile commesso da questi criminali. Non sappiamo finora chi siano gli autori, ma quello che sappiamo, è che tutto è accaduto in prossimità di una postazione delle Fardc (le forze armate congolesi, Ndr) nei pressi della frontiera tra Congo e Rwanda”: lo ha detto a InfoAfrica il portavoce delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda, Cure Ngoma, che ha firmato il comunicato con quale il gruppo ribelle ruandese ha preso le distanze dall’imboscata a circa 25 km dalla città di Goma, sull’asse verso Rutshuru.
Le forze di difesa ruandesi
“Nella zona sono anche presenti in gran numero le forze di difesa ruandesi”, aggiunge Ngoma, riferendosi a truppe regolari dell’esercito di Kigali, che operano, secondo il portavoce ribelle, in connivenza con le Fardc.“Chiediamo un’inchiesta indipendente per determinare chi sia all’origine dell’accaduto” ha aggiunto Ngoma. I Ros dovranno, fra le altre cose, capire perché il responsabile locale della polizia abbia affermato “di non essere stato al corrente” dello spostamento dell’ambasciatore nell’area, “in una zona così pericolosa, ha suscitato sorpresa e molti interrogativi. Secondo le stesse fonti, è davvero molto strano che l’ambasciatore e la sua scorta si siano spinti in un’area il convoglio dell’Ambasciatore ad addentrarsi in un’area estremamente pericolosa senza scorta armata.
Il comunicato del Pam
In un suo comunicato, il Pam ha sostenuto che l’aggressione “è avvenuto su una strada che era stata precedentemente dichiarata sicura per viaggi senza scorte di sicurezza”. Una dichiarazione che non fa il paio con le le affermazioni di parte congolese. Per ora, si sa per certo che Attanasio conosceva abbastanza bene quest’area e le insidie. In Kivu c'era già stato, e nei giorni scorsi si era trattenuto a Bukavu, prima di far ritorno via battello a Goma. A Bukavu la sua era una presenza abituale. “Un grande amico e molto, molto aperto ai problemi sociali” ha detto alla Rivista Africa padre Sebastiano Amato, missionario Saveriano da circa 40 anni in Repubblica Democratica del Congo. Con padre Amato l’Ambasciatore e gli altri due italiani rimasti uccisi avevano trascorso il sabato e la domenica.
“Sabato pomeriggio – ha raccontato padre Amato a africarivista.it – l’ambasciatore era arrivato a Bukavu in macchina venendo da Goma, aveva visitato alcuni progetti del Programma alimentare mondiale a Goma e poi aveva proseguito fino a Bukavu. Nel pomeriggio di sabato abbiamo organizzato un incontro con gli altri italiani che vivono qui, fino a sera siamo rimasti insieme, un po’ a mangiare, parlare, discutere, darci delle notizie. Ci ha dato una infinità di notizie da Kinshasa”. A Bukavu Attanasio è rimasto fino a domenica per visitare, con lui c’erano anche la moglie e le sue tre figlie.
La ministra degli Esteri congolese
La ministra degli Esteri congolese Marie Tumba Nzeba ha promesso l’impegno del suo governo “per scoprire chi è alla base di questo crimine ignobile”. In un messaggio video, la ministra ha rivolto, a nome proprio e del governo congolese, alla famiglia dell’ambasciatore Luca Attanasio e a “tutto il popolo italiano” le più sentite condoglianze. Lo Stato italiano, comunque, non starà a guardare. “La Farnesina, a livello interno, nell'ambito delle costanti attività di prevenzione e mitigazione del rischio per il personale diplomatico-consolare all'estero, classifica la Repubblica Democratica del Congo in terza fascia di rischio (su 4). Ciò denota un livello di minaccia alto", ha spiegato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
"La sicurezza dell'Ambasciata a Kinshasa - ha aggiunto - è assicurata da due Carabinieri in missione quadriennale, ai quali si aggiungono due carabinieri in missione di tutela che si alternano regolarmente per periodi di 180 giorni. Il Carabiniere Vittorio Iacovacci rientrava in questa seconda tipologia e per questo aveva accompagnato l'Ambasciatore nella missione Onu a Goma e aveva con sé la pistola di ordinanza". "A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa - ha aggiunto Di Maio - vorrei chiarire che l'Ambasciata è dotata di 2 vetture blindate, con le quali appunto l'Ambasciatore si spostava in città e per missioni nel Paese, sempre accompagnato da almeno un carabiniere a tutela". Ha proseguito, "Kinshasa e Goma sono distanti circa 2.500 km. L'Ambasciatore e il Carabiniere si sono quindi affidati al Protocollo Onu, che li ha scortati fino da Kinshasa, su un aereo della missione Onu Monusco, per il viaggio fino a Goma".