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Cosa è la deflazione e perché per i prodotti che compriamo ogni giorno i prezzi aumentano anziché diminuire

Non solo l'Italia, ma l'intera Europa è in deflazione da agosto e, secondo Christine Lagarde, che guida la Banca centrale europea, ci resterà fino a ben dentro il 2021

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
Deflazione (Ansa)
Deflazione (Ansa)

L'inflazione c'è, ma non si vede. L'Istat comunica che, a novembre, rispetto allo stesso mese del 2019, l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,2 per cento. Non è uno scarto improvviso. I prezzi sono in discesa da sette mesi. Non solo l'Italia, ma l'intera Europa è in deflazione da agosto e, secondo Christine Lagarde, che guida la Banca centrale europea, ci resterà fino a ben dentro il 2021.

Cos'è la deflazione

La deflazione è il contrario dell'inflazione, ma è una bestia assai peggiore. L'aumento dei prezzi si può combattere con efficacia facendo salire i tassi di interesse. Quando, invece, c'è la deflazione e i tassi di interesse sono già stati ridotti a zero (e sotto), come ora, per rianimare la domanda e l'attività, la cui paralisi ha determinato – appunto – la deflazione, non c'è molto che si possa fare. Quando avremo superato l'epidemia e l'economia potrà ripartire, supereremo anche la deflazione, ma, intanto, il calo dei prezzi aggrava i danni che il virus sta determinando sull'economia, perché scoraggia anche le attività non direttamente colpite dall'epidemia.

Dal punto di vista delle famiglie

Quello che è vero, ora e in prospettiva, per l'intera economia non vale, però, se lo guardiamo dal punto di vista, giorno per giorno, di una famiglia. I prezzi che ci interessano di più, nella vita quotidiana, deflazione o no, non stanno scendendo affatto, né in Italia, né in Europa. L'inflazione c'è, anche se non possiamo dire che galoppi, e, visto che i redditi sono fermi, si sente.

In parte, non è una novità. Da quando il prezzo del petrolio punta all'ingiù, il suo calo è così vistoso da assorbire gli aumenti degli altri beni e inclinare verso il segno meno tutto l'indice dei prezzi. Anche se quello che gli economisti chiamano “il carrello della spesa” diventa più caro, l'economia resta sulla rotta della deflazione. Ma, adesso, si è aggiunto un altro fenomeno, effetto diretto della pandemia. Il virus, infatti, ha profondamente modificato le nostre abitudini di spesa, ma non ha cambiato affatto lo schema con cui viene costruito anche l'indice dei prezzi del “carrello della spesa”, che è quello pre-Covid. L'Istat, come l'Eurostat, continua a ragionare come se, nel nostro bilancio familiare, noi spendessimo, ogni mese, per trasporti e cinema quanto spendevamo prima dei lockdown. Invece, al cinema non andiamo più e ci muoviamo anche molto meno: è il motivo per cui i prezzi di quei beni sono diminuiti. Ma, proprio perché non li utilizziamo, quel calo dei prezzi ci passa accanto senza toccarci: chi se ne frega se i biglietti aerei costano il 15 per cento meno di un anno fa? Così, leggiamo deflazione, ma sentiamo inflazione. L'Istat lo sa, ma i “pesi” delle singole voci con cui è costruito un complesso modello statistico come l'indice dei prezzi non si cambiamo in un amen.

Il crollo dei beni energetici

Nei dati di novembre, dunque, i prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale risultano scesi dello 0,2 per cento rispetto al novembre 2019. Decisivo il crollo dei beni energetici (oltre l'8 per cento in meno) che cancella anche un aumento non modesto dei cibi freschi (in questo caso, oltre il 3 per cento). Ma, se togliamo l'energia, tutti gli altri prezzi insieme sono aumentati: più 0,6 per cento. E'  la “core inflation” o inflazione di fondo che continua ad esserci. E anche il carrello della spesa diventa più caro: l'indice dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, a novembre è salito dell'1,5 per cento rispetto al novembre 2019, in accelerazione rispetto a ottobre, quando l'aumento, rispetto ad un anno prima era stato dell'1,2 per cento.

Anche quell'1,5 per cento in più, tuttavia, non ce la dice tutta, proprio perché si basa sul paniere della spesa pre-Covid. Per capirci un po' meglio, bisogna prendere un altro indice, quello dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo, che distingue meglio le diverse voci. Dunque, rispetto ad un anno fa, per portare a casa da mangiare, oltre a coca cola e succhi di frutta, abbiamo speso l'1,8 per cento in più. Per vino e sigarette, 1,9 per cento in più. Per la casa, lo 0,7 per cento in più. Per farci portare a domicilio pizza e sushi 0,5 per cento in più. E com'è, allora, che il tutto si traduce in una diminuzione e non in un aumento? Perché voci pesanti, nel paniere di beni e servizi su cui è basato l'indice, sono drammaticamente scese: i prezzi dei trasporti sono scesi del 3,7 per cento, per l'istruzione del 3,7 per cento, per i combustibili del 2 per cento, per abbigliamento e calzature dello 0,2 per cento. Peccato che non ce ne siamo accorti perché  i negozi erano in mezza Italia chiusi, i corsi di inglese pure e stavamo tutti quasi sempre a casa.

In Europa

La stessa cosa è avvenuta in Europa, dove le cose che non interessano, in questo momento, a nessuno costano meno di un anno fa: la benzina del 12 per cento, i treni del 4,5 per cento, gli aerei del 15, gli articoli da viaggio e le vacanze organizzate dell'1,8, i cinema dell'1 per cento. Invece, la colf costa l'1,8 per cento in più, il cibo il 2, la baby sitter il 2, l'idraulico l'1,5, l'affitto il 2,5, la casa di riposo il 3 per cento, il cane o il gatto il 2 per cento.

La BCE

Ma come sarebbe, allora, la questione deflazione-inflazione se tenessimo conto che la pandemia ha modificato le nostre abitudini e il nostro carrello della spesa? A capirlo ci prova la Bce che, da aprile, calcola un suo indice sperimentale dei prezzi (europei) che tiene conto dei nuovi orientamenti dei consumi. L'indice, purtroppo, per ora si ferma ad agosto. Ma, nei cinque mesi calcolati, è regolarmente superiore dello 0,2 per cento a quello ufficiale Eurostat. A dar retta all'esperimento della Banca centrale europea non è vero che l'Europa, ad agosto, era entrata in deflazione. Vista la crisi, è una magra consolazione, ma spiega perché la gente, quando sente dire deflazione, sbuffi.

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
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