[L’inchiesta] I 13 terroristi nascosti tra i disperati sui barconi: preparavano un attentato mentre alloggiavano in un Centro di accoglienza
Le carte dell’indagine: erano pronti a colpire. Fondamentale la confessione di uno degli arrestati. Non volevano colpire l’Italia ma la Germania e la Francia
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Arrivano con i barconi di disperati, solcando il Mediterraneo, mescolandosi ai richiedenti asilo e alle donne incinte. La conferma, in queste ore: una nuova operazione di polizia ha portato all’arresto a Bari di un gambiano di 34 anni, Sillah Ousman (nome di battaglia «Abou Lukman»), pronto ad azioni terroristiche in Occidente nel nome dell’Isis. Era amico fidato di Alagie Touray, 21 anni, un altro gambiano arrestato a Licola, vicino Napoli, due mesi fa. Proprio grazie alle rivelazioni di Touray, gli investigatori sarebbe arrivati a Ousman. Entrambi avevano risalito l’Africa, si erano addestrati e radicalizzati in Libia e, dopo essersi mescolati ai disperati, erano sbarcati in Sicilia per attaccare l’occidente per conto dello Stato islamico.
La rete di tredici terroristi
Nell’ordinanza di arresto del Gip di Napoli, Alfano, viene ricostruita nel dettaglio la modalità e la rete, le intenzioni e l’organizzazione dentro la quale si muovevano Alagie Touray e Sillah Ousman. Sarebbero parte di una struttura di 13 cittadini del Gambia, tutti addestrati in Libia e preparati ad azioni in Occidente. Non tanto in Italia quanto in Francia e Germania. Pronti all’uso delle armi, organizzati per attentati col metodo ormai famigerato tir lanciato sulle folle. La rete è stata svelata da un attento lavoro di intelligence dei carabinieri del Ros e degli agenti della Digos. I due arrestati erano quelli che sembravano più vicini all’azione. Ma gli inquirenti sarebbero sulle tracce anche degli altri componenti della cellula. Una osservazione stretta per mettere le mani sulle complicità e tenere sotto controllo l’intera ramificazione europea.
Nel deserto in auto
I tredici gambiano avrebbero attraversato il deserto l’11 maggio del 2016. Lo ha rivelato il primo degli arrestati, Touray. Sigillati in una sola auto, i 13 affrontano un lungo viaggio e approdano in Libia. Qui restano due mesi in un centro di addestramento clandestino, dove superano prove durissime di resistenza al dolore, di privazione, esercitazioni di combattimento. Quando vengono ritenuti pronti, si mescolano ai barconi dei disperati, attraversano il Mediterraneo e nel dicembre del 2016 sbarcano in Sicilia. Qui entrano nella rete dei Centri di accoglienza, presso la quale chiedono asilo politico. I tredici si dividono. Touray approda a Napoli, a Licola, un borgo marino abbandonato vicino Pozzuoli. Sillah finisce in Puglia, tra Bari e Lecce.
Nella processione
Due mesi fa, gli inquirenti arrivano a Touray. Lo arrestano in un albergo dismesso strutturato come centro di accoglienza. Da lui arrivano le prime rivelazioni, che consentono di ricostruire la rete e il percorso. L’arresto di Sillah Osman è scattato, invece, quando, ai primi di giugno (la notizia è stata diffusa solo ieri), in preda a un delirio religioso e dopo aver assunto alcol e droghe, prima aveva telefonata alla moglie in uno stato di alterazione psichica, poi aveva cominciato ad aggirarsi in una processione cattolica in un paesino pugliese. Per tutto il tempo è stato monitorato dagli 007 italiani, pronti a intervenire. Non ce n’è stato bisogno, sul momento. L’uomo cambia direzione, scavalca il muro di una villa, si allontana dalla processione. Ma per lui scatta subito il fermo.
Microspie e telecamere
Prima c’erano state microspie, conversazioni telefoniche intercettate, chat spiate e perfino una telecamera nascosta nella stanza del Centro di accoglienza. Una quantità di materiale che ha consentito agli inquirenti di fugare ogni dubbio, non solo sulla volontà dell’uomo di colpire ma anche sull’esistenza di una vera e propria organizzazione. Ovviamente Osman ha negato le accuse di terrorismo, confermando invece una sorta di delirio mistico. Resistono, invece, le accuse di Touray, che racconta dettagli sulla vita di Sillah (ama Bob Marley, suona il tamburo, conosce le lingue), e fa riferimento a Batch Jobe, uno dei reclutatori più noti. L’obiettivo è sempre quello: colpire l’Occidente. Dopo la caduta di Raqqa, in Siria, e il disfacimento dei presidi territoriali, l’Isis ha avviato una nuova fase. Piccoli campi in Libia e in Africa, reclutamento di mini gruppi, infiltrazione sulle rotte dei migranti. Non più la sofisticata struttura militare e organizzativa degli anni scorsi ma un nuovo volto del terrorismo: più rudimentale, con meno mezzi, su nuove rotte, e una preferenza per la via africana, sia per il reclutamento sia per l’addestramento.
Trecentomila addestrati
«Il Daesh – scriveva in un dossier la Nato un anno fa - sta operando tra i migranti per un ampliamento dei propri combattenti, seppur con un livello di addestramento limitato». E i primi atti si sono già registrati. Salman Abedi provocò 22 vittime a Manchester, durante il concerto di Ariana Grande. Era partito dalla Libia e si era addestrato lì. Dalla Libia anche gli attentatori di Susa e del museo del Bardo. Secondo i Servizi segreti – così come riportato oggi dal Mattino di Napoli – sarebbero 300mila i miliziani dell'Isis sparsi per la Libia: gran parte di paesi dell’Africa centrale. Addestrati soprattutto in Cirenaica, imbarcati tra i disperati, sbarcati tra i richiedenti asilo, accolti nei centri italiani e da qui, pronti a colpire.