Stupro di Rimini, le parole shock del papà dei violentatori marocchini: “Sono ragazzini, tra due anni usciranno dal carcere e si faranno una famiglia”

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"Sono ragazzini, tra due anni usciranno dal carcere, andranno a lavorare, si faranno delle famiglie e faranno figli". Per il padre dei due stupratori di Rimini ciò che hanno fatto i propri figli può esser definita una bravata, una leggerezza che il tempo cancellerà. Il genitore dei due stupratori, fermati a Rimini perché accusati di aver violentato una ragazza polacca e la trans, parla in esclusiva a "Matrix". "Ormai è capitato - ha detto l’uomo che si trova ai domiciliari per furto e per essere rientrato in Italia illegalmente - si tratta di ragazzini. Speriamo che escano puliti e possano andare avanti con la loro vita, perché sono ancora giovani". Le parole dell’uomo hanno sollevato ovviamente una miriade di polemiche. Alla luce di quanto accaduto "è molto difficile rimanere imperturbabili”, afferma il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, che parla di "vergogna". “Pronunciare quelle parole significa non aver compreso per nulla la gravità e l'orrore delle violenze". A giudizio di Gnassi, "quelle frasi, oltre a mettere in rilievo un preoccupante contesto famigliare, culturale, morale, sono inaccettabili innanzitutto per le tre persone oggetto di violenza bestiale e quindi per la comunità riminese, anch'essa in qualche modo costretta nella parte di vittima davanti ai fatti di quella notte agghiacciante". Qualunque sia la provenienza o il credo religioso, chiunque ambisca a fare parte di questo Paese è tenuto a rispettarne leggi e doveri. Gnassi, inoltre, ammonisce, "le parole di quel genitore a Matrix rischiano di portare ancora più acqua a un mulino che ormai macina a pieno regime diffidenza, paura, rifiuto, strumentalizzazioni di ogni tipo. La responsabilità di ciò che si dice vale quanto quello che si fa in uno Stato di diritto come il nostro, governato da Costituzioni e leggi che producono effetti, conseguenze, responsabilità; il non capirlo, il non comprenderlo, dimostra quanto si è lontani prima di tutto dall'empatia con quelle persone cui è stata brutalmente rovinata la vita e verso le quali non è stata ancora pronunciata l'unica parola necessaria: perdono".