"Sono un sopravvissuto": la storia di Beniamino Zuncheddu, 33 anni di carcere per un clamoroso errore giudiziario
Aveva solo 26 anni l'ex pastore quando venne incarcerato per un triplice omicidio che non aveva commesso. Ora la revisione del processo lo ha certificato. Un'incredibile errore giudiziario, la Garante dei detenuti: "Chi gli restituirà la vita?"
"Sono un sopravvissuto". E' questa la frase che forse tocca più di tutte. Beniamino Zuncheddu, assolto con formula piena pochi giorni fa nella revisione del processo che lo aveva condannato all'ergastolo per omicidio, si concede a interviste e telecamere. La sua casa domnica è stata invasa dai giornalisti: le Iene per una lunga intervista e tanti altri. "Voi giornalisti non ci state concedendo neppure il tempo di fare una doccia", ha detto con tono di rimprovero la sorella Augusta. "È stanco, dobbiamo farlo riposare. Non sta bene: ha mal di testa e problemi all’occhio destro. Martedì dovrà fare una visita specialistica", ha aggiunto invocando la calma a questo punto necessaria.
"Sono un sopravvissuto"
Una frase che contiene tutto: il dramma della pena, pesantissima, per un reato mai commesso, il carcere con il suo carico di sofferenza, una vita interrotta a soli 26 anni. "Mi sentivo come un uccellino in gabbia, senza la possibilità di poter fare niente", aveva detto a caldo. "Non avevo nemmeno voglia di urlare perché non sapevo cosa stesse succedendo - ha aggiunto con amarezza -. Neppure oggi ho capito perché lo abbiano fatto, sono errori che fanno i giudici". Ma nelle sue parole nessun sentimento di odio nei confronti di chi, con testimoniaze o indagini forse approssimative o forse tendenziose, gli ha strappato la vita. "Sono vittime, come lo sono stato io per colpa dell'ingiustizia", ha detto dopo essere tornato lo scorso novembre, a seguito della sopensione della sentenza, nella sua Burcei, il paese natale.
La vita spezzata a 26 anni
Era giovane Beniamino, aveva tutta la vita davanti quando venne accusato del triplice omicidio nell’ovile di Cuile is Coccus, sulle montagne di Sinnai, un comune alle porte di Cagliari, l'8 gennaio 1991. Il supertestimone, Luigi Pinna, l'unico sopravvissuto alla strage, lo aveva riconosciuto in una foto segnaletica, forse imbeccato da un carabiniere troppo zelante. Un'identificazione che lasciava una scia di dubbi e sospetti. "In carcere mi dicevano sempre: 'se ti ravvedi ti diamo la libertà'. Però non ho accettato, perché non c'entro niente, perché mi dovrei ravvedere se non ho fatto nulla?", ha raccontato l'ex pastore, lasciando intuire la sua diffidenza anche verso gli avvocati che negli anni lo hanno affiancato.
L'avvocato Trogu gli ha creduto
Il legale Mario Trogu ha il merito di aver creduto che le incongruenze del caso fossero troppe. Nel 2017 ha cominciato la sua personale indagine, partendo proprio dagli atti processuali, fino all'avvio di un nuovo procedimento nel 2020, grazie alla competenza di Francesca Nanni, allora procuratrice generale della Corte d’appello di Cagliari. "All'inizio pensavo fosse colpevole - ha raccontato l'avvocato in un'intervista al Corriere della sera -. Ma quella diffidenza si scioglie quando inizio a leggere gli atti del primo processo. Fanno paura...". Il difensore, nominato dalla sorella di Zuncheddu, Assunta - che sempre ha lottato per far riconoscere l'innocenza del fratello - intuisce che nella notte in cui avvenne la strage, il buio rendeva pressoché impossibile riconoscere con certezza una persona. Ma Pinna raccontò la sua verità e il processo si basò solo su quella circostanza, ignorando l'alibi del pastore che, come testimoniò una sua amica, quella sera si trovava in casa sua a giocare con il figlio tetraplegico. Parole che non vennero prese in considerazione, incredibilmente.
Le nuove intercettazioni e un altro inquietante movente
"La denuncia che presentammo (ai carabinieri, ndr) per l’occasione contribuì a far riaprire le indagini. Da lì la procura di Cagliari dispose nuove intercettazioni che portarono a prove schiaccianti sulla falsità della testimonianza di Pinna", ha detto ancora Trogu. E poi il legame con il sequestro Murgia, avvenuto negli stessi luoghi pochi mesi prima del triplice omicidio, che in qualche modo abbatteva il debole movente iniziale, ovvero una lite tra pastori. Determinante il passo indietro di Pinna: "Ho mentito spinto da un carabiniere". Un serie di errori giudiziali, di depistaggi e circostanze sottovalutate che hanno portato a un clamoroso errore giudiziario.
La Garante: "Gli è stata sottratta la sua gioventù. Chi pagherà per questo?"
Davanti al quale si rimane attoniti. La Garante dei carcerati nota che la "verità è venuta fuori troppo tardi: Beniamino è entrato in carcere che aveva 27 anni, oggi ne ha 59. Penso che una giustizia giusta non debba aspettare 33 anni. Gli è stata rubata la vita, è stata sottratta la sua gioventù", ha detto consapevole che recuperare sarà impossibile. Negli occhi dell'ex pastore, immortalato da tv e siti di informazione a casa di sua sorella a Burcei, lasciano trasparire gioia, ma anche amarezza perché ciò che si è perso non si può recuperare. Davanti a Zuncheddu ora c'è la possibilità di chiedere un risarcimento allo Stato per gli anni passati ingiustamente in carcere. Lui dice: "Vedremo, ma non ci conto". E spiega che ciò che gli interessa ora è curarsi, perché "anche la salute oggi non è buona".