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“Mandata allo sbaraglio”. I genitori di Silvia Romano contro la Ong Africa Miele

La Ong si difende: “Non è stata mandata da sola a Chakama”, ma la famiglia Romano chiede di andare a fondo sulla vicenda, per capire se si sia davvero fatto tutto il possibile per evitare che la loro figlia fosse sequestrata

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Silvia Romano e la sua mamma
Silvia Romano e la sua mamma

La prigionia di Silvia Romano è finalmente finita, ma le polemiche e i misteri sul sequestro della giovane cooperante sono appena iniziati. “Mi hanno mandata allo sbaraglio.Senza scorta e senza collaboratori”. Interrogata dai magistrati, la ragazza milanese non ha nascosto d' essersi sentita sola e abbandonata il giorno in cui fu rapita dall'orfanotrofio di Chakama, in Kenya, da un banda di otto criminali, che poi l’anno rivenduta ai terroristi somali di Al Shabaab e portata in Somalia, dove è stata liberata.

I genitori: "Andare a fondo"

E come c’era da aspettarsi il racconto di Silvia ha fatto infuriare i genitori che subito dopo il rapimento avevano comunque già rotto i rapporti con l' onlus Africa Milele di Fano. Secondo la famiglia Romano la Ong aveva ingaggiato la loro figlia mandandola allo sbaraglio in una zona dove in precedenza erano stati denunciati attacchi contro stranieri. E ora anche gli inquirenti vogliono capire se davvero la Onlus con la quale la giovane milanese si è recata in Africa ha fatto tutto il possibile per garantirne la sicurezza. Anche se non c' è ancora una delega formale ai Ros dei Carabinieri, la Procura di Roma intende riprendere in mano il dossier della Farnesina e i controlli che l' Unità di crisi aveva intrapreso dopo il rapimento su quell' attività di volontariato messa in piedi a decine di chilometri da Malindi. I contratti d'assicurazione, le registrazioni in ambasciata e anche le certificazioni delle autorità keniote.

La Ong si difende

“Silvia non è stata mandata da sola a Chakama - si difende Lilian Sora, una marchigiana di buona volontà che nel 2009 era andata in Kenya in viaggio di nozze ed era rimasta colpita dalla povertà, decidendo di fondare la sua onlus: -. È partita con due volontari e ad aspettarli c' era il mio compagno con un altro addetto alla sicurezza, entrambi masai”. Gli uomini “dovevano rientrare a Malindi il 19 novembre e Silvia doveva andare con loro”, ma ci fu un intoppo, la ragazza rimase sola a Chakama e il 20 fu sequestrata: “Qualcuno la spiava”, è convinta Lilian, e sapeva quando entrare in azione. Rientrata sua casa di milano nel quartiere di Casoretto, Silvia non ha chiamato nessuno a Fano. “Aspetto di poterle dire quanto sono felice”, rivela Lilian. Tuttavia viste le dichiarazioni della ragazza agli inquirenti c'e da credere che aspetterà invano.

I soldi del riscatto

Ma la liberazione di Silvia Romano fa scoppiare anche la polemica sui soldi che finiranno a finanziare la jihad come ha confermato in un’intervista telefonica a “Repubblica” Ali Dehere, portavoce del gruppo terroristico Al Shabaab, “ Il denaro servirà in parte ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la nostra guerra santa. Il resto servirà a gestire il Paese: a pagare le scuole, a comprare il cibo e le medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano”. Il portavoce ha anche spiegato poi perché Silvia non è stata maltrattata: “Silvia Romano rappresentava per noi una preziosa merce di scambio. E poi è una donna, e noi di Al Shabaab nutriamo un grande rispetto per le donne”. “Abbiamo fatto di tutto per non farla soffrire, anche perché Silvia Romano era un ostaggio, non una prigioniera di guerra. Quanto alla conversione di Silvia, il portavoce ha detto: “Da quanto mi risulta Silvia Romano ha scelto l’Islam perché ha capito il valore della nostra religione dopo aver letto il Corano e pregato”.

Il post shock 

Oltre ai tantissimi i messaggi di solidarietà e felicità per il ritorno a casa di Silvia, sui social la giovane volontaria liberata dopo un anno e mezzo di prigionia è stata oggetto di migliaia di commenti offensivi e sessisti. Tra i post più violenti c'è sicuramente quello del  consigliere di Asolo (Treviso), Nico Basso, un 'venetista' capogruppo della civica "Verso il futuro", ex assessore della giunta comunale leghista del comune trevigiano che ha postato su Facebook una foto di Silvia Romano e sotto ha scritto "impiccatela". Post che ha subito cancellato, ma che era accompagnato da altri messaggi di odio e offese volgari. Il post, riferisce la stampa locale, è stato duramente condannato anche dal sindaco di Asolo, Mauro Migliorini, che ora sta valutando le richieste di dimissioni di Basso arrivate da più parti. L'uomo non è nuovo ai messaggi d'odio contro politici e rappresentanti delle istituzioni e, sempre sulla liberazione di Silvia Romano, ha pubblicato commenti offensivi anche verso il premier Giuseppe Conte e il ministro Luigi Di Maio

Offese sui social, aperta indagine

La polemica sul pagamento del riscatto, destinato a finanziare organizzazioni terroristiche. unito alle scelta di convertirsi all'Islam dichiarata dalla ragazza ha acceso la discussione sui social fino al punto da diventare offensiva nei confronti della stessa giovane. Per questo motivo il responsabile dell'antiterrorismo milanese, Albero Nobili ha aperto una indagine. L'ipotesi, contro ignoti, è di minacce aggravate. Inoltre si valuta da parte delle forze dell’ordine il tipo di tutela, fissa o mobile, a cui verrà sottoposta la 24enne. E' attesa la decisione della Prefettura.

 

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