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[L’inchiesta] Il Nord intasato dalla immondizia brucia gli impianti dei rifiuti per risparmiare sullo smaltimento

Dal primo gennaio ad oggi un impianto ogni sei giorni ha preso fuoco. Al Nord sono stati 32, 7 al centro e 16 al sud. L’anno scorso un incendio scoppiava ogni tre giorni. E ben il 47.5% sono avvenuti al Nord, il 16.5% al centro, il 23.7% al sud e il 12.3% sulle isole

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
[L’inchiesta] Il Nord intasato dalla immondizia brucia gli impianti dei rifiuti per risparmiare...

È allarme rifiuti. Il sistema Italia rischia di implodere. Ma non avendo le prime pagine dei giornali, l’emergenza non esiste. Un incendio a settimana sta piegando, affumicando, incenerendo le fondamenta del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Italia. E questa volta, purtroppo, la Terra dei fuochi, Gomorra, le discariche di veleni c’entrano poco. Perché è il sistema rifiuti ufficiale, quello legale, che sta bruciando. È una corsa contro il tempo e se non si interviene subito potremmo trovarci sommersi da migliaia ditonnellate di bottiglie di plastica, di rifiuti di ogni tipo. E il fuoco divampa soprattutto al Nord. Ecco perché l’emergenza è seria. Gli interessi in gioco sono molteplici: ci sono imprese che hanno difficoltà a sbarazzarsi dei rifiuti e che vogliono “risparmiare” i costi dello smaltimento. Il 33% degli incendi non censiti sono risolti dalle aziende stesse con i loro sistemi antincendio.

Quel che fa comodo a tanti

Ci sono poi le pastoie burocratiche, le guerre tra cittadini e amministrazioni su dove aprire gli impianti e gli inceneritori che scarseggiano, che andrebbero moltiplicati. E ci sono i poteri criminali che sul business dei rifiuti sono sempre stati sensibili. Gli ultimi dati sui quali invita a riflettere il generale di Corpo d’Armata Antonio Ricciardi, a capo delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma, sono impressionanti. Dal primo gennaio ad oggi un impianto ogni sei giorni ha preso fuoco. Al Nord sono stati 32, 7 al centro e 16 al sud. L’anno scorso un incendio scoppiava ogni tre giorni. E ben il 47.5% sono avvenuti al Nord, il 16.5% al centro, il 23.7% al sud e il 12.3% sulle isole. «Il fenomeno degli incendi di natura dolosa ai danni di impianti dediti - a vario titolo - alla gestione dei rifiuti - è l’analisi degli investigatori - è apparso sin da subito come una diffusa speculazione criminale inerente al business dei rifiuti».

Se la Cina si allontana da noi

Agli inizi di quest’anno, la commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti ha approvato una relazione sul fenomeno degli incendi degli impianti di trattamento di rifiuti e di discariche. Secondo la relazione, sono molteplici le cause degli stessi incendi: la fragilità degli impianti, che spesso non hanno una sorveglianza adeguata; la rarefazione dei controlli e la possibilità di ritrovarci siti di stoccaggio sovraccarichi di materiali “non gestibili”. Che si traduce, secondo la commissione parlamentare di inchiesta, in «incendi dolosi liberatori». In particolare la bomba che ha inceppato il meccanismo della raccolta e dello stoccaggio e delle discariche di rifiuti è stata la decisione della Cina, due anni fa, di chiudere seicento aziende che si occupavano del trattamento e del riciclaggio degli imballaggi e di materiali riciclabili in genere. Questo ha prodotto un intasamento dei magazzini delle ditte operanti nel settore. E quindi gli incendi sono stati “liberatori” di spazi occupati senza prospettiva di essere smaltiti regolarmente.

Restare nell'emergenza e farci affari

Ma gli 007 dei carabinieri che si occupano dei reati ambientali, sono convinti che tra le cause degli incendi vi possano essere «tentativi di agevolare e mantenere la situazione di emergenza che obbliga le amministrazioni pubbliche a intervenire sul mercato con affidamenti diretti, senza procedere a gare d’appalto, ovvero per prorogare contratti in scadenza». Potremmo parlare di clientelismo criminale che muove l’industria della catastrofe ambientale. Si incendiano discariche o impianti di trattamento dei rifiuti per favorire aziende amiche. O per non bloccare la produzione di impianti e industrie. Ma il vero problema irrisolto dell’emergenza rifiuti continua ad essere la mancanza di inceneritori, di impianti di compostaggio e in generale di impianti di trattamento legale dei rifiuti. Ma parlarne diventa un problema di sicurezza nazionale.

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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