[L'analisi] Dal disastro degli sbarchi al successo internazionale con il modello Italia. In due mesi la svolta Minniti sulla Libia ha conquistato la Merkel e Macron
Solo due mesi fa l'emergenza dei flussi migratori non aveva prospettive di soluzione. Non c'era nessun programma per affrontare il soccorso, l'accoglienza e nello stesso tempo il governo dei flussi migratori

Che soddisfazione per l'Italia, il vertice di Parigi di ieri. Una volta tanto siamo stati presi ad esempio dalla Francia, dalla Germania, dall'Unione Europea e non hanno risparmiato elogi nei nostri confronti i paesi africani e la stessa Libia. Solo due mesi fa l'emergenza dei flussi migratori non aveva prospettive di soluzione. Non c'era nessun programma per affrontare il soccorso, l'accoglienza e nello stesso tempo il governo dei flussi migratori.
Europa poco solidale
Era dalla fine del secolo scorso, ma poi con più insistenza dal 2013 che di fronte alle stragi in mare di donne e bambini, giovani e anziani a poche miglia dall'Italia, chiedevamo all'Europa di assumersi le proprie responsabilità. E l'Europa egoista e indifferente voltava le spalle. Era dal 2002 che dovevamo fronteggiare i flussi migratori che partivano dalla Libia. I numeri di questi flussi, a ricordarlo oggi, erano ridicoli.
L'invasione
Nel 2002 fummo “invasi” da 23.719 migranti arrivati sulle nostre coste dalla Libia di Muammar Gheddafi. Addirittura i giornali parlarono di “assalto” nel 2005, quando di sbarchi se ne registrarono solo 22.939. Dobbiamo arrivare al 2011 per documentare 62.692 arrivi e al 2014 per fare il grande balzo in avanti e accoglierne 170.100. Tutto questo ormai sembra consegnato al secolo scorso, è un'altra storia.
Accoglienza al collasso
Certo, prima di cantare vittoria dobbiamo aspettare di vedere i risultati concreti. Ma come dimenticare il 27 giugno scorso, appena due mesi fa? Il ministro dell'Interno Marco Minniti stava volando per Washington dove l'attendevano impegni istituzionali quando ordinò al comandante del volo di Stato di tornare a Roma. Il ministro venne informato che migliaia di migranti tratti in salvo sulle navi stavano per essere sbarcati. In soli quattro giorni, ne arrivarono oltre 10.000. Il nostro sistema dell'accoglienza stava per saltare. In pochi giorni non saremmo stati in grado di fronteggiare l'emergenza. Il clima era cambiato. E anche i sindaci dei comuni che ospitavano i migranti cominciavano a protestare, sensibili alla “pancia” del Paese che manifestava disagio e tensioni crescenti nei confronti dei migranti.
La questione dei porti
Partì quel giorno, quel 27 giugno del 2017, la grande offensiva italiana che ci ha portato ieri a Parigi a raccoglierne i frutti. Il premier Paolo Gentiloni e il ministro Minniti si rivolsero all'Europa chiedendo ad alta voce che anche nei porti dei paesi europei, da Malta alla Spagna e alla Francia dovevano sbarcare i migranti. Quante questioni di lana caprina furono sollevate. Eh no, non si può fare perché quando fu decisa la missione di polizia europea di pattugliamento dei confini marini dell'Europa, Triton, l'Italia si impegnò ad accogliere tutti i migranti che sarebbero stati salvati. Sembrava destinata a non avere seguito quella richiesta italiana, quello sbattere il pugno sul tavolo, quella invocazione di aiuto. Insomma, l'Italia sembrava aver subito un'altra sonora sconfitta e si accingeva a dover fare retromarcia. Altro che “questa volta facciamo sul serio”.
Cambio di strategia
Ma invece ieri a Parigi, il governo italiano - e soprattutto il ministro dell'Interno Marco Minniti - hanno raccolto i primi frutti di quel cambio di strategia. Non più l'Italia, ma il presidente francese Macron, la Cancelliera tedesca Merkel, il premier spagnolo Rajoy hanno sposato in conferenza stampa la strategia italiana. «Il lavoro dell'Italia in Libia è un modello perfetto».
Minniti: l'uomo forte del governo Gentiloni
E dunque, se siamo diventati un modello da seguire è perché negli ultimi due mesi il ministro dell'Interno Minniti ha giocato d'anticipo, ha agito da ministro degli Esteri, dell'Interno, dell'economia e del lavoro. Insomma si è rivelato l'uomo forte del governo Gentiloni. Mentre metteva ordine (con il Codice di comportamento) agli interventi delle navi delle Ong, tesseva la sua rete di relazioni diplomatiche incontrando sindaci e capi delle tribù del sud della Libia. Contemporaneamente apriva un dialogo con i paesi confinanti con la Libia e di origine dei migranti per discutere progetti di rimpatri volontari e assistiti. È questo il modello di riferimento elogiato ieri a Parigi da Macron, dalla Merkel, da Rajoy. La scommessa italiana è che il nostro modello diventi il modello europeo. Campi di identificazione gestiti da Unhcr e Oim già nei paesi di transito come il Niger e il Ciad, prima che i migranti entrino in Libia. E poi progetti di rimpatri volontari e assistiti. È vero, fino a quando non diventano realtà sono i titoli del libro delle buone intenzioni. Ma questa volta a essere sognatori non siamo solo noi.