"Il mafiodotto che distruggerà 10mila ulivi è un intreccio di strani affari e soldi pubblici". Tap: "Pronti a querelare"
Una inchiesta dell'Espresso denuncia possibili connessioni tra interessi privati, malavitosi e fondi della Comunità Europea. "Un'opera 'strategica' gestita dai privati". Tap: "Inaccettabile, pronti a sporgere querela". Il post di Imposimato

Ferdinando Imposimato in un post sulla sua pagina Facebook parla del mega gasdotto del Salento che “minaccia le coste di San Foca”. Il magistrato, politico e avvocato italiano, nonché presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione definisce “sconvolgente” il servizio di Paolo Biondani e Leo Sisti del 2 aprile 2017 pubblicato sull’Espresso col titolo “Attenti al mafiodotto”. Sottotitolo: “Nel contestato maxi-progetto per portare il gas dall’Azerbaijan in Puglia spuntano manager in affari con le cosche, oligarchi russi e casseforti offshore”. Tutto un programma insomma.
I due giornalisti – ricorda nel post Imposimato – “hanno condotto una inchiesta documentata da cui risulta alla fine che mancherebbe l’interesse pubblico” nella vicenda. Per di più risulterebbero coinvolti appunto "personaggi in contatto con ‘ndrangheta, narcos sudamericani, politici e funzionari”. Un riferimento pesante per il quale la Tap (Trans Adriatic Pipeline) dichiara di voler presentare querela contro il settimanale.

Quando ne parlarono Tarantini e De Santis
Quando si parla del Tap (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto gigantesco che dovrebbe trasportare enormi quantità di metano dall’Azerbaijan all’Italia, si parla di un'opera che tanto interesse sembra aver suscitato fin dagli anni scorsi. Basta, per esempio, rileggere l’articolo de L’Espresso del 29 novembre 2013 per rendersene conto. Già nel 2009 – stando alle intercettazioni dei magistrati – Gianpaolo Tarantini (l’uomo delle inchieste sulle escort di Berlusconi) e Roberto De Santis (manager che l’Espresso definisce legato a Massimo D’Alema) parlavano della guerra tra due gasdotti. “C’è un tubo che sbarca dalla Grecia a Otranto, che è di Edison, e un altro tubo che sbarca dall’Albania a Brindisi, che è quello su cui stavo lavorando io... La società capogruppo si chiama Tap”, affermava De Santis.... Tarantini si offre per parlarne con Berlusconi: “Fammi uno schema di cinque righe, gliele do...al ministro dell’Industria, a Scajola...”.
Quattro anni dopo diventa già evidente come "Giampi" (al secolo Tarantini) e De Santis avessero visto giusto: la battaglia per il "corridoio del Sud" infatti in quel periodo risulta ormai in mano al consorzio Tap mentre il progetto Igi Poseidon (Edison) – benedetto dal governo Prodi nel 2007 – sembra aver perso.
"Vicende pubbliche e segreti privati"
Stando al post di Imposimato, l’Espresso, mette in evidenza “un’opera che viola il diritto all'ambiente (art. 9), alla salute (art. 32) e alla pubblica utilità (art. 41 Cost). Il settimanale pubblica l'nchiesta dopo aver “esaminato documenti riservati della Commissione Europea che provano il ruolo cruciale di una società madre la Egl produzione Italia, che ha ottenuto dalla CE nel 2004 e nel 2005 (attenzione alle date) due finanziamenti europei a fondo perduto per 3 milioni di euro, utilizzati per progetti preliminari e studi di fattibilità del TAP”. L’opera si intreccia a “vicende pubbliche e segreti privati” – fa notare il settimanale nella sua inchiesta – che “fanno da detonatore delle proteste esplose in Puglia contro lo sradicamento degli ulivi”.
L'ad e il "riciclaggio"
Da considerare che “l'Amministratore delegato di Egl Italia è uno svizzero che aprì la società finanziaria Viva Transfer che una indagine antimafia indica come lavanderia di soldi sporchi”. Fu il procuratore aggiunto Michele Prestipino a definire la vicenda “un caso esemplare di riciclaggio internazionale di denaro mafioso” in un servizio della TV svizzera. Davanti al tribunale di Roma oggi pende l’accusa di riciclaggio.

Barroso
Dall’inchiesta dell’Espresso si apprende che l’operazione TAP è da riportare alla Comunità Europea, che “nel 2004 e nel 2005 finanziò l’operazione con 3 milioni di euro a fondo perduto”. E a questo proposito Imposimato mette in rilievo come “presidente della CE è stato, dopo Romano Prodi, l'ex premier portoghese Jose Manuel Barroso dal 2004 al 2014”, e come questi fosse "affiliato al gruppo Bilderberg e consulente della Goldman Sachs”.
Governo Renzi
Insomma “il dubbio che dietro questa operazione ci sia qualche grande banca straniera, che ebbe come consulenti anche premier italiani, è forte – scrive Imposimato commentando l'Espresso - L'approvazione del progetto, 12 settembre 2014, se esatta la data del settimanale, fu opera del Governo Renzi, in carica dal febbraio 2014, e non di Enrico Letta”.
Il decreto
Per di più “la sentenza che conferma l'approvazione del decreto è stata pronunziata del Consiglio di Stato presieduto da Filippo Patroni Griffi, che forse versava in conflitto di interessi essendo stato ex Ministro e sottosegretario del Governo Letta. Secondo l'Espresso fu scelto come Presidente aggiunto del Consiglio di Stato da Renzi che approvò il progetto". Ed allora, fa notare Imposimato, "esisteva forse il dovere di astensione nella causa”.
Diecimila ulivi secolari a rischio
Intanto a Melendugno - dove c’è la spiaggia di San Foca, approdo previsto del TAP (l’ultimo pezzo di 878 chilometri del gasdotto che dalla Grecia scende sulla costa albanese e s’inabissa in mare arrivando poi in Salento) – è iniziato lo sradicamento degli ulivi secolari. Si preparano così i lavori del microtunnel destinato a passare sotto la spiaggia e riaffiorare nei campi a 700 metri dalla battigia. Il progetto poi dovrebbe continuare su terra - ricorda l’Espresso – per altri 8,2 chilometri fino a un altro terminale di ricezione dove il consorzio Tap prevede di spostare 1900 alberi secolari. Quindi serviranno altri 55 km di condotte fino a Brindisi. In totale così gli ulivi a rischio “salgono a 10mila”.
I cittadini, Michele Emiliano e i sindaci
Anche per questo molti cittadini, oltre ai sindaci interessati e al governatore della Puglia Michele Emiliano, sono scesi sul sentiero di guerra. Proprio quest’ultimo ha chiesto più volte di “far approdare il gasdotto direttamente a Brindisi evitando 55 km di scavi e tubi superflui”. Il TAP però è stato inserito dai governi Monti, Letta e Renzi tra le opere strategiche, per cui basta una valutazione d’impatto ambientale (VIA) gestita dal ministero per ignorare gli enti locali. Ma allora c'è un problema e il settimanale lo rileva (come fa notare Imposimato): se il mega gasdotto è un’opera "dichiarata di eccezionale interesse pubblico addirittura sovranazionale” come mai è "progettata, eseguita e gestita da imprese private"?
La TAP pronta a sporgere querela
La Trans Adriatic Pipeline (TAP) però non ci sta e allerta i propri legali. "E' arbitrario, infondato ed evidentemente inaccettabile l'accostamento di TAP Ag e del progetto del gasdotto transadriatico alla parola mafia effettuato con un suggestivo titolo sul numero in uscita del settimanale l'Espresso", afferma la multinazionale in una nota in cui annuncia che "TAP provvederà nelle prossime ore a sporgere querela contro gli autori e il direttore del giornale, riservandosi la facoltà di adire anche il tribunale civile per il risarcimento del gravissimo danno reputazionale, annunciando fin d'ora che esso sarà devoluto all'associazionismo antimafia. Tap - prosegue la nota della multinazionale - è impegnata con verificabile e verificata coerenza nella più rigorosa applicazione delle leggi e dei regolamenti italiani ed europei nella attribuzione di appalti e subappalti ed ha da tempo sottoposto alla Prefettura di Lecce un protocollo antimafia che garantisca la massima trasparenza della conduzione dei lavori".