Il killer del giudice Livatino scrive al Papa e chiede perdono. "Mi sono levato un peso"
Mai pentito, Domenico Pace scrive una lettera a Bergoglio. "Il magistrato che ho ucciso mi tiene compagnia, non mi lascia mai solo"

Il killer del giudice Rosario Livatino, ucciso a Canicattì il 21 settembre del 1990, chiede perdono a Dio attraverso Papa Francesco. Domenico Pace quel giorno aveva 23 anni. Il magistrato - definito allora da Francesco Cossiga con una definizione non certo felice, il "giudice ragazzino" - pochi di più. All'agguato in cui venne ucciso a soli 37 anni Livatino, mentre dalla sua città Canicattì andava verso Agrigento, parteciparono in quattro, sicari della "stidda" agrigentina, una cosca dissidente. Il giudice si recava a lavoro da solo, in auto e senza scorta. Quella mattina venne accerchiato dai killer, e freddato dopo una disperata fuga, mentre ripeteva "ma che vi ho fatto". L'individuazione e la condanna degli assassini fu possibile grazie a un testimone che assistette alla scena.
"Papa Francesco perdonami"
Oggi colui che dice di vivere "ancora con il peso della colpa" chiede perdono dal carcere di Sulmona dove vive detenuto con una condanna all'ergastolo. E lo fa rivolgendosi direttamente al Papa che, tra pochi giorni darà il via al Giubileo dei detenuti. "Livatino mi tiene compagnia, non mi lascia solo", dice Papa in una lettera di cui dà conto La Stampa. L'uomo scrive che avrebbe voluto anche parlare con i genitori di Livatino, morti qualche anno fa. "Quando erano in vita – scrive lo "stiddaro" - ho pensato tante volte di chiedere loro perdono, ma non sono riuscito a farlo. Oggi ho pensato al passato, confrontandomi con me stesso e guardandomi dentro. Mi sono guardato con la lente d’ingrandimento per cercare tutti i chiaroscuri del mio animo. Ho provato dolore, tanto dolore, poi, inaspettatamente, ho provato un poco di serenità".
Mai pentito
E adesso, scrive ancora, il lkiller che mai si era pentio, "mi sono sentito meglio. Mi sono così liberato dal peso più grande della mia esistenza. Vi chiedo perdono in ginocchio e strisciando ai vostri piedi. Se lo farete, mi avrete liberato dal resto del peso". Nella lettera Pace utilizza le parole di Gesù: "Perdona il fratello che ha sbagliato settanta volte sette". Giovanni Paolo II definì Livatino "martire della giustizia" e oggi è un corso un processo di canonizzazione a suo carico.