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'Blitz radioattivo' o male oscuro, le due ipotesi. Forse veleno scomparso dopo avere provocato effetto

In attesa dell'autopsia sul corpo di Imane Fadil, la teste chiave del processo Ruby morta il primo marzo, si restringe il cerchio delle ipotesi sulla morte della trentenne marocchina

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Un male oscuro, che potrebbe aver generato una morte improvvisa, o un avvelenamento istantaneo le cui tracce radioattive sarebbero scomparse anche in poche settimane. Una sorta di 'blitz radioattivo' a rapido decadimento che non avrebbe lasciato segni. In attesa dell'autopsia sul corpo di Imane Fadil, la teste chiave del processo Ruby morta il primo marzo, si restringe il cerchio delle ipotesi sulla morte della trentenne marocchina.

Nei giorni scorsi i medici dell'Humanitas hanno cercato di valutare tutte le possibili cause del decesso e, dopo averne scartate diverse (il lupus, il tumore, la leptospirosi), la morte di Fadil resta un rebus che non esclude l'ipotesi di una malattia rara.

Inoltre, dopo le prime analisi sono emersi elementi significativi. Nel sangue di Fadil era presente un'alta concentrazione di alcuni metalli, in particolare il cadmio e l'antimonio. E sono proprio i livelli dei metalli presenti nel corpo della ragazza a gettare ombre sull'ipotesi di un 'avvelenamento radioattivo' che non lascia tracce.

In attesa che gli inquirenti possano pronunciarsi definitivamente sulla vicenda di Fadil, resta la pista dell'assunzione di un prodotto tossico di efficacia immediata e non facilmente rilevabile perché scomparso poco dopo aver provocato il suo effetto.

"I metalli che contengono isotopi radioattivi, come alcuni tipi di cadmio, emettono durante una fase di transizione una serie di particelle che creano danni nell'organismo, per esempio abbassando il livello dei globuli bianchi - viene spiegato in ambienti medici a proposito del caso dell'avvelenamento radioattivo - Tutto dipende dalla durata dei radionuclidi, i cui tempi di vita in alcuni casi possono essere così brevi da rivelarsi in quantità bassissime nel sangue dopo solo un mese. Dunque - si conclude - anche se i livelli riscontrati in Fadil non sono oggi compatibili con un danno biologico, non si può ancora escludere che un mese fa quegli stessi livelli fossero alti".

In ogni caso dopo l'autopsia prevista nei prossimi giorni, i campioni dei prelievi effettuati con il carotaggio degli organi saranno esaminati con dei rilevatori di radiazioni. E solo in seguito sarà possibile stabilire - nel caso emergesse la presenza di radionuclidi - di che tipo di particelle si tratti. Se si trattasse di gamma o beta, queste potrebbero rappresentare un rischio di esposizione a chiunque sia nei pressi del corpo della stessa Fadil, la cui salma al momento è inavvicinabile per motivi di precauzione.

 Nel frattempo, si è saputo che già il 12 febbraio, per la prima volta, Imane aveva rivelato il timore di essere stata avvelenata ma, ha affermato Greco, l'Humanitas non ha mai dato comunicazioni ai pm o alla polizia giudiziaria prima della morte. Circostanza confermata anche dal direttore sanitario della struttura, Michele Lagioia, sentito oggi. Testimonianze che i pm stanno continuando a raccogliere, come quella di un amico 'storico' della 34enne che dallo scorso autunno la ospitava, dopo che lei lasciò una cascina a sud di Milano dove viveva in condizioni disagiate, ma dignitose. "Non era depressa", ha detto ai pm l'amico che la accompagnò all'ospedale a fine gennaio quando venne ricoverata. Lei che continuava a chiedere "giustizia", partecipando a tutte le udienze del 'Ruby ter', e non si fidava più, come ripeteva, nemmeno dei magistrati milanesi.

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