"La Nato si è allargata a Est" e l'inviato Rai finisce nel tritacarne. L'Usigrai lo difende
"Contro di lui accuse infondate e pretestuose", scrive il sindacato della Tv pubblica. Ma il Dem Romano presenta un'interrogazione e chiede di far ruotare i corrispondenti. Santanché: "Neanche in Unione Sovietica"

La guerra in Ucraina non è dissimile da altri conflitti consegnati alla storia. Di sicuro non lo è sotto il profilo mediatico, dove assieme alle bombe viene scagliata l'arma della propaganda (o della disinformazione), usata spesso per condizionare le opinioni. A farne le spese è spesso l'infomazione, quella seria e indipendente, che non solo è chiamata a rimettere a posto i fatti distinguendoli dalle fake news, ma spesso si trova a dover combattere contro il "politicamente corretto" imposto dagli equilibri delle parti in campo. Capita così che anche in Italia i giornalisti siano presi di mira proprio per la loro rappresentazione della verità, non consona - è facile pensare - alla narrazione ufficiale. A finire nel tritacarne delle polemiche è stato Marc Innaro, capo dell'ufficio di corrispondenza della Rai a Mosca. Il giornalista, che ricopre la carica dal 2014, durante un collegamento con il Tg2 ha parlato dell'"allargamento della Nato a Est" negli ultimi decenni. Parole scomode, balzate all'attenzione dei social e capaci di scatenare le ire di qualche parte politica. Particolarmente risentito è apparso il Pd, che si è affrettato a portare il caso in commissione Vigilanza Rai, innescando la polemica e mettendo in discussione il posto di lavoro del corrispondente da Mosca.
Ho letto ciò che si dice di alcuni giornalisti Rai accusati di essere "filo #Putin".
— Ciro Pellegrino (@ciropellegrino) February 27, 2022
Non ho giudizi, ma ne hanno parlato giornalisti sul campo come @olgatokariuk.
Mi ha però colpito questa analisi di Marc Innaro su Rai2.
Soprattutto il finale.#27febbraio #UcraniaRussia pic.twitter.com/LjPj0KG8QC
"Basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la Nato", ha detto Innaro durante il collegamento. Immediato l'intervento di Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, per il quale "qui c’è un aggressore, cioè Putin, e una vittima, Zelensky e il popolo ucraino", delimitando subito il campo dell'analisi dei fatti. Per il direttore del Tg2 è necessario piuttosto denunciare "la violazione dei trattati internazionali" e condannare la violenza della guerra.
Un caso non isolato a cui si aggiunge un altro intervento "scomposto", a parere del partito di governo guidato da Enrico Letta, di una documentarista, Sara Reginella, che con Rainews 24 ha parlato dell'invasione russa a seguito della "repressione della popolazione russofona" nel Donbass da parte del govero ucraino. "In Ucraina c’è stato un cambio di governo che da una parte del mondo è stato letto come una rivoluzione democratica, dall’altra parte del mondo come un golpe fatto con una manovalanza nazista - ha detto la regista autrice del libro "Donbass, la guerra fantasma nel cuore dell’Europa" -. Lo dicono le bandiere rossonere che sventolavano durante i giorni di Euromaidan, le bandiere di Pravy sektor, il partito collaborazionista ucraino della Germania di Hitler
Altra rete della tv di Stato, altra polemica: al corrispondente del Tg1 Alessandro Cassieri che ha ricordato durante un collegamento "la solidarietà e la fratellanza dei russi nei confronti dei russi" dimostrati in Ucraina, la direttrice Monica Maggioni ha contestato che "non c’è niente di proporzionato in questa storia", come ricorda il Fatto quotidiano che mette in fila questi episodi. Sembra insomma che nel racconto dei fatti dal fronte ci siano frontiere che non si possano travalicare.
A difesa della professionalità del collega interviene l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti della tv pubblica che prende posizione contro chi vorrebbe fare di lui "un seguace di Putin". "Accuse pretestuose e infondate" contro un giornalista, scrive il sindacato, che "in decenni di attività si è sempre distinto per competenza e rigore. Qualità che non sono venute meno neanche nei momenti più concitati e difficili di questi giorni di guerra", si legge nel comunicato. All'azienda il sindacato chiede "di non rimanere inerte davanti ad accuse infondate, capziose e di parte e di intervenire finalmente a difesa dei propri giornalisti che sul campo stanno assicurando un flusso informativo senza precedenti su tutte gli aspetti della guerra in corso in Ucraina".
Un intervento necessario se è vero, come si vocifera, che l'incarico di Innaro sarebbe pronto a saltare, dopo l'interrogazione presentata dal deputato Pd Andrea Romano in commissione Vigilanza Rai. Il capogruppo Dem chiede "se la Rai non ritenga doveroso da parte dei propri corrispondenti garantire, pur in un quadro di rispetto del pluralismo, una piena attendibilità e completezza delle informazioni, esplicitando le fonti dei fatti e distinguerli dalle opinioni". L’interrogazione di Romano continua chiedendo ai vertici Rai se non sia il caso di "avviare una strategia chiara e trasparente sui tempi di rotazione dei propri corrispondenti nelle sedi estere al fine di garantire pari opportunità alle tante professionalità presenti, assicurando così anche attraverso la mobilità interna alla Rai un maggiore pluralismo". Gli risponde Daniela Santanché, capogruppo Fdi in Vigilanza, che non ci sta e accusa: "Manco in Unione sovietica o nella Cina comunista si ha la pretesa di piegare la tv di Stato agli umori del segretario del Partito democratico".