Scippi, molotov, bimbe bruciate: la guerra infinita tra nomadi che sconvolge Roma
Tra patteggiamenti e scarcerazioni, da un anno va avanti la faida successiva allo scippo di una studentessa poi finita travolta da un treno durante la sua corsa

Rapine, omicidi, bambine bruciate vive e una serie di vendette che dalla capitale d'Italia arrivano fino al Nord Italia e alla Bosnia. C'è una guerra tra zingari che va avanti incontrastata da un anno a Roma e che sembra destinata a non finire presto. I fatti risalgono al dicembre dell'anno scorso, quando la 19enne studentessa di Belle Arti fu aggredita e scippata da due nomadi di origine slava. Nella fuga e nel tentativo di riprendersi la borsa firmata con quanto ci stava dentro, Zhang Yao attraversò di corsa i binari vicino al campo nomadi di via Salviati e fu travolta dal treno. Il suo corpo fu ritrovato solo molte ore dopo, incastrato dietro un cespuglio. Quella morte, le indagini che ne sono scaturite con la comunità cinese in allarme e i parenti della vittima giunti dalla Cina per manifestare cordoglio e chiedere giustizia, hanno infiammato la faida tra zingari.
L'uomo che ha parlato troppo
Sotto pressione degli inquirenti che chiedevano alla comunità nomade di via Salvati di aiutarli a individuare i responsabili dell'aggressione finita con la morte della studentessa cinese, uno di loro parla. Troppo. Si chiama Romano Halilovic e in una intervista ammette di aver collaborato con le forze dell'ordine, a suo dire per salvaguardare l'onore della comunità. La sua collaborazione porta all'arresto di Serif Seferovic di Gianfranco Ramovic. I due giovani vengono condannati a due anni e un anno e mezzo, patteggiano e in sostanza tornano liberi i breve tempo perché non ci sono abbastanza prove che siano responsabili dello scippo e della morte di Zhang Yao. Da lì si scatena la vendetta de Seferovic contro gli Halilovic. Una ferocia che finora non ha trovato adeguato contrasto.
Il rogo delle bambine
La faida si accende con il rogo di un camper di Romano Halilovic, che capisce di essere in pericolo con la sua famiglia e cambia aria. Lascia il campo di via Salviati e si dirige verso Centocelle, mentre sua madre si ferma nella località di La Barbuta. Niente da fare, la vendetta dei Seferovic non si arresta, il camper della madre di Halilovic viene bruciato, poi tocca a Romano e alla sua famiglia, parcheggiati presso il centro commerciale Primavera di Centocelle. Un furgone bianco arriva rapido, si ferma accanto al loro camper e lancia due molotov nella casa a quattro ruote dove sta dormendo la famiglia Halilovic, tredici persone. Le urla di disperazione e i tentativi di spegnere le fiamme sono inutili: muoiono Francesca Halilovic, di 4 anni, e le sorelle Angelica (8 anni) ed Elisabeth (20). Le telecamere di sicurezza inchiodano i colpevoli, si tratta di Serif Seferovic, di 20 anni, padre di tre figli, l'uomo che era già stato arrestato dalla polizia per lo scippo col morto grazie alla collaborazione di Halilovic. Lo ammanettano a Torino, ma la Procura piemontese è in contrasto con quella romana. Risultato: nonostante il brutale omicidio, Seferovic viene scarcerato e continua a negare le sue responsabilità. Qualche giorno fa finisce nuovamente in manette nel capoluogo piemontese, così come suo fratello Andrea e i parenti Jonson e Renato, presi in Bosnia. La faida prosegue, tra patteggiamenti e scarcerazioni precoci.