Il noto sismologo Domenico Giardini: "Prima o poi un grande evento ci sarà, la geologia non fa sconti"
L'ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia, docente di sismologia al Politecnico di Zurigo e referente della CGR fa notare: "Del resto storicamente è già accaduto"

C'è apprensione nelle zone del terremoto dove si teme qualche evento più potente di quelli già accaduti. Una possibilità sempre latente secondo gli esperti. “Forse non avverrà a breve, ma i grandi eventi prima o poi ci saranno”, dichiara ad Abruzzoweb.it Domenico Giardini, ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia, docente di sismologia al Politecnico di Zurigo e referente della Commissione Grandi Rischi. Uno degli autori del verbale la cui sintesi finita in mano ai media ha destato l'attenzione dell’opinione pubblica e accresciuto la preoccupazione nelle zone d’Abruzzo martoriate da neve e scosse. Specie dopo le dichiarazioni del presidente della Commissione, Sergio Bertolucci, che ha accennato a un “rischio Vajont”, precisando dopo di essere stato vittima di un equivoco e di una errata interpretazione giornalistica.
Il rischio
Il professor Giardini tuttavia - nell'intervista al sito abruzzese - fa presente che i rischi esistono sempre, pur sottolineando l'inopportunità di parallelismi con la tragedia di Longarone del '63 dove morirono 1.910 persone. Dopo aver ribadito come si sia equivocato sulle parole di Bertolucci, spiega che “qualcosa è stata detta” nella riunione della CGR fatta a seguito degli eventi del 18 gennaio. Prima di tutto che “la sequenza sismica non mostra segni di esaurimento e più il tempo passa più un prossimo terremoto potrà essere grande, del resto si parla di una attività sismica appenninica, attesa anche sulla base della storia e del contesto sismo-tettonico regionale”.
Sarebbero tre le zone interessate dalla possibilità di forti scosse e delle quali avrebbe parlato il verbale: la prima quella tra Cascia, Norcia e Montereale; la seconda quella tra Amatrice, Montereale, Campotosto e Pizzoli; la terza quella tra Muccia e Camerino.

(Effetti del terremoto)
"La sismicità delle zone interessate dalle sequenze in corso - si legge su Abruzzonews - si concentra su due allineamenti principali. Quello più occidentale ha prodotto i terremoti del 1703, responsabili anche per la distruzione de L'Aquila, e più di recente i terremoti di Norcia (1979, magnitudo 5,9), Umbria-Marche (1997, magnitudo 6) e L'Aquila (2009, magnitudo 6,2)". Fermando l'attenzione al “sistema di faglie del Monte Vettore-Gorzano (allineamento più orientale) questo ha fatto registrare in epoca storica la sequenza del 1639 e ora la sismicità in corso da agosto. Vari sistemi e segmenti di faglia, contigui a quelli già attivati sino ad oggi, non hanno prodotto terremoti di grandi dimensioni negli ultimi tre secoli", tuttavia "hanno le dimensioni e il potenziale per ingenerare terremoti di magnitudo 6-7”, spiega Giardini ad Alberto Orsini che lo intervista. Finora le scosse che hanno coinvolto la faglia di Gorzano non sono andate in effetti oltre una magnitudo di 5,5, ma l’attività continua ed è possibile il verificarsi di eventi di maggiore entità. Ovviamente “non vuol dire che simili terremoti arrivino domani, ma tali sequenze estese nel tempo e su segmenti contigui nell’Appennino non sono eccezioni”.
In passato le sequenze sono durate anche più di un anno, in questo caso la sismicità è andata crescendo da novembre ed è culminata con gli eventi di magnitudo 5 del 18 gennaio. Cosa succederà dunque d'ora in poi? “Non c’è alcun modo per prevedere i terremoti”, ribadisce lo studioso. Tuttavia “il nostro compito è identificare per la Protezione Civile possibili scenari di preoccupazione”.
Le dighe di Campotosto
Da tale punto di vista una attenzione particolare va data anche alle tre dighe di Campotosto. “Le scosse sismiche infatti possono produrre danni da scorrimento o da fagliazione superficiale”. Con magnitudo oltre 6 o 6,5 "la fagliazione può arrivare in superficie e creare una rottura, e questo può determinare complicazioni se la rottura passa sotto una infrastruttura critica o nelle sue vicinanze”.

(Il professor Giardini)
Il pericolo
In questo caso “l’espressione superficiale della faglia di Gorzano passa sotto il Lago di Campotosto e vicino alla diga Rio Fucino, una delle tre del bacino". La possibilità di un evento di grandi dimensioni su questa faglia implica forti pericoli. Questo non significa la certezza di un crollo o di una inondazione, ma opportunamente “la Commissione ha sollecitato le autorità competenti a effettuare accurate verifiche , considerando la possibilità di un tale scenario”, spiega l'esperto.
E’ vero che l’espressione “effetto Vajont” non è contenuta nella relazione della Commissione, spiega ancora Giardini, ma “l’analisi del rischio per le dighe deve coprire sia gli effetti diretti del terremoto, con scuotimento e possibile fagliazione superficiale, come pure la possibile mobilitazione di frane che potrebbero finire nel lago”.
"La geologia non fa sconti"
Infatti, per adesso, si è verificato un gran numero di terremoti di bassa potenza, in una faglia dalla grandissima produttività, e “dopo eventi di magnitudo 5 e 5,5 sono normali le scosse di assestamento di dimensione più ridotta”, ma eventi di questo livello non possono esaurire il potenziale e, pur non a breve, - conclude Giardini - può avvenire che grandi eventi possano effettivamente manifestarsi”. Anzi, “prima o poi ci saranno" perché "la geologia non fa sconti” e del resto stiamo parlando di "eventi che storicamente sono accaduti altre volte”.