Il fratello del ministro Alfano assunto alle Poste come super-dirigente. Indaga la Corte dei Conti
I magistrati contabili hanno infatti ricevuto dai colleghi di piazzale Clodio una relazione che mette in fila le tappe della brillante carriera del manager

La Corte dei Conti indaga sull'assunzione di Alessandro Antonio Alfano, il fratello minore del ministro dell'Interno entrato in Postecom nel settembre 2013. I magistrati contabili hanno infatti ricevuto dai colleghi di piazzale Clodio una relazione che mette in fila le tappe della brillante carriera del manager che «brucia le tappe», laurea triennale in Economia a 34 anni e un contratto da dirigente, senza concorso, nella società di servizi internet del gruppo Poste Italiane. Sei pagine ed una marea di allegati sono ora al vaglio della procura contabile. Le toghe vogliono vederci chiaro: l'ipotesi è che l'assunzione del fratello di Angelino possa aver provocato un danno all'Erario.
L'affaire viene fuori nell'ambito della recente operazione «Labirinto» della guardia di finanza di Roma impegnata a ricostruire la matrioska di società utilizzate per creare fondi neri da distribuire, sotto forma di presunte tangenti, a dirigenti pubblici per l'aggiudicazione di appalti per la fornitura di servizi all'Inps, all'Inail, al ministero della Giustizia e alle Poste. Proprio durante una telefonata intercettata durante l'inchiesta il faccendiere Raffaele Pizza, fratello dell’ex sottosegretario del governo Berlusconi, ritenuto vicino al titolare del Viminale, rivendica la paternità dell’assunzione di Alessandro Alfano da 160 mila euro all’anno. In quella conversazione Pizza si vantava con Davide Tedesco, collaboratore del ministro, dei suoi rapporti con l'ex amministratore di Poste Massimo Sarmi. E' quella chiamata del 9 gennaio 2015, durante la quale l'uomo delle relazioni «ad altissimo livello» si lamenta con Tedesco delle pretese del fratello del ministro, il punto dal quale parte il nucleo valutario delle fiamme gialle.
Pizza: «Angelino lo considero una persona perbene, un amico. Se gli posso dare una mano...».
Tedesco: «Una scheggia che non, hai detto bene tu l’altra volta... Non è gestibile».
Pizza: «Cioè ma Angelino che è intelligente ha capito... Tu devi sapere che lui va dicendo ... Lui come massimo poteva avere 170 mila euro, io gli ho fatto avere 160 mila... Tant'è che Sarmi stesso gliel'ha detto ad Angelino 'Io ho tolto 10 mila euro d’accordo con Lino (Pizza, ndr) per evitare'... 'No no ha fatto benissimo' e lui adesso va dicendo che la colpa è mia che l'ho fottuto che non gli ho fatto dare i 170 mila euro. Cioè gliel'ho pure spiegato poi ti facciamo recuperare...». «Pizza - annotava la Gdf - sostiene di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste». Tra promozioni e ritocchini - secondo Il Fatto Quotidiano - Alfano jr ora guadagna 200mila euro all'anno.
C'è però un'altra questione: Sarmi, intervistato da Repubblica, aveva risposto con una domanda al giornalista: «Secondo lei l'ad di un gruppo da 150mila persone può occuparsi anche delle assunzioni nelle controllate?». In realtà, invece, pare sapesse, considerato che tra quelle sei paginette inviate alla Corte dei Conti - racconta Il Fatto - ci sono le dichiarazioni di Claudio Picucci, capo delle risorse umane di Poste, secondo cui il curriculum di Alessandro Alfano gli sarebbe stato recapitato da Sarmi in persona.
Alfano jr viene assunto nel 2013 a Postecom, società controllata al 100 per cento da Poste Italiane: stipendio da 160mila euro all'anno. Che diventano 180mila quando passa ad un'altra società del medesimo gruppo, Poste Tributi, nella veste di responsabile soluzioni di offerta e vendita. Nel frattempo, nel 2014, dal vertice di Poste sono usciti sia Sarmi, sia l’ex presidente Giovanni Ialongo. Il nuovo amministratore delegato è «Mr Agenda digitale» Francesco Caio, il supermanager individuato dal premier Matteo Renzi per risanare la holding, e sotto la sua gestione, nel maggio 2016, Alfano entra nella capogruppo Poste Italiane con un ingaggio di circa 200mila euro all'anno. I pm non hanno indagato nessun manager ma hanno inoltrato le carte alla giustizia contabile che, in presenza di eventuali illeciti, valuterà se presentare il conto.