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La fine del matrimonio dell'ex ministro cambia il divorzio all'italiana. Addio alle mantenute o ai mantenuti a vita

Gli ex coniugi finivano per dormire nelle macchine per pagare mantenimento e mutui pregressi, costretti a impoverirsi per garantire la felicità altrui, ad ammazzarsi di lavoro per assicurare una rendita "analoga a quella maturata in costanza di matrimonio".

Luca Telesedi Luca Telese   
L'ex ministro Vittorio Grilli con l'ex moglie
L'ex ministro Vittorio Grilli con l'ex moglie

Ci sarà ancora un assegno di mantenimento: non ci saranno più "le mantenute" (o "i mantenuti") Non date ascolto ai catastrofisti, alla vetero-femministe, ai garantisti estremi, ai doppiopiesisti spudorati, ai pessimisti perenni: mai, negli ultimi anni, sentenza di Cassazione fu così saggia e giusta. E questa sentenza, la 11504, per l'esattezza (partorita per una causa di divorzio che riguardava l'ex ministro Vittorio Grilli) merita di essere inscritta negli annali, per la rivoluzione che produce: il coniuge che si separa non avrà più diritto in ogni caso ad un assegno a vita, ad una rendita a scatola chiusa, ad un salario di divorzio.

D'ora in poi - fatti salvi accordo prematrimoniali particolari - non gli dovrà più essere garantito il fatidico "tenore di vita precedente". Questa norma, immaginata e scritta in un'altra società (e in un altro tempo), era fino a ieri responsabile della precipitazione in stato di povertà di una parte considerevole della popolazione italiana. Produceva ex coniugi che finivano a dormire nelle macchine per pagare mantenimento e mutui pregressi, costretti a impoverirsi per garantire la felicità altrui, ad ammazzarsi di lavoro per assicurare una rendita "analoga a quella maturata in costanza di matrimonio". Attenzione: non era più neanche vero che la norma di tutela del "coniuge debole" fosse stata pensata come garanzia per le donne.

Non sempre, infatti, il "debole" apparteneva al gentil sesso. E aveva fatto giurisprudenza - per esempio - la sentenza sul divorzio fra Simona Ventura e il suo ex marito Stefano Bettarini. E proprio oggi arriva la notizia che Barbara D'Urso viene esonerata - dopo il pronunciamento di un giudice - dall'obbligo di "solidarietà coniugale", tradotto ovviamente in un assegno di mantenimento, nei confronti del suo ex marito.

Nel caso della Ventura i giudici stabilirono che il coniuge "debole", rispetto al tenore di vita della presentatrice era lui, l'ex calciatore, con un reddito più basso, e meno sicuro. E a lui, avevano destinato - per esempio - con grande clamore nelle cronache rosa della stampa, la casa di lei. Ma cos'era effettivamente "il tenore di vita"? In nome di quale legame si poteva garantire ad un divorziato - tanto per fare un esempio - il diritto alla ricchezza, o anche semplice al benessere? E a che prezzo questo mantenimento doveva essere garantito? Le attuali norme non si ponevano questo problema, e spesso la garanzia del più presunto debole produceva l'impoverimento del presunto più forte.

Oggi i giudici mettono nero su bianco che se c'è autosufficienza economica del coniuge separato in mantenimento può cessare. Questo - ovviamente - fatto salvo il diritto/dovere di garantire i figli dei genitori separati e le loro esigenze economiche. Oggi molte voci protestano contro questa sentenza (che produrrà anche la divisone di trattamenti in corso), ma gli allarmismi non hanno senso. Questa sentenza non distrugge la società italiana, come paventa qualcuno, non è contro le donne: ricostruisce un principio di equità grazie a cui i meno ricchi protraemmo finalmente rifarsi una vita, e i più benestanti si salveranno dall'onere di dover garantire rendite parassitarie.

Luca Telesedi Luca Telese   
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