Caso Cucchi, la procura della Repubblica mette sotto accusa otto carabinieri: “attestavano il falso in una annotazione di servizio”
Per la procura di Roma "la catena di falsi sulla salute" del giovane geometra sarebbe partita da un generale. Si voleva procurare “l'impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso"

“… in concorso tra loro attestavano il falso in un’annotazione di servizio, datata 26.10.2009 e sottoscritta dal carabiniere scelto Di Sano Francesco, relativamente alle condizioni di salute di Cucchi Stefano, tratto in arresto da carabinieri appartenenti al Comando Stazione di Roma Tor Sapienza nella notte fra il 15 e il 15 ottobre …”. Se l’accusa contenuta nell’avviso della conclusione delle indagini preliminari dovesse essere dimostrata nel corso di un dibattimento, l'immagine dell’Arma dei carabinieri ne uscirebbe piuttosto offuscata: i reati contestati dal procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone e dal sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Musarò sono quelli di falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. Rischiano di finire sotto processo otto carabinieri, tra cui il generale Alessandro Casarsa (all'epoca capo del Gruppo Roma) e il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma).
Le responsabilità del generale Casarsa
Per la procura "la catena di falsi sulla salute" di Stefano Cucchi sarebbe partita da Casarsa. Fra gli altri indagati spiccano, oltre a quello del generale, i nomi del tenente colonello Francesco Cavallo (addetto al comando del Gruppo Roma), del maggiore Luciano Soligo (comandante della compagnia Carabinieri di Roma Montesacro, da cui dipendeva il comando stazione dei carabinieri di Roma Tor Sapienza), del Luogotenente Massimiliano Labriola (comandante della stazione di Tor Sapienza) e di Di Sano Francesco (carabiniere scelto a Tor Sapienza). Per l'accusa, il falso fu confezionato "con l'aggravante di volere procurare l'impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso". Per depistare gli inquirenti, secondo la Procura di Roma, fu stesa una seconda nota sullo stato di salute del geometra, con la data truccata del 26 ottobre, nella quale si asseriva “falsamente” che il giovane aveva riferito “di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza”, omettendo quindi ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate dallo stesso Cucchi.
La presunta falsa relazione di Di Sano
In sostanza, secondo la nuova relazione di Di Sano, i dolori accusati dal giovane sarebbero stati causati dal letto, dal freddo e dalla magrezza. La prima annotazione del carabiniere scelto aveva invece dato atto delle precarie condizioni di salute del Cucchi (“riferiva di avere dolori al costato e tremore dovuto al freddo e di non poter camminare, veniva comunque aiutato dal personale della Pattuglia Mobile di Zona a salire le scale”)”. Tutto questo, sempre secondo l’accusa, farebbe parte di questo piano di depistaggio che anche il colonello dell’Arma Lorenzo Sabatino e il capitano Tiziano Testarmata avrebbero condiviso, perché, pur essendosi accorti che le relazioni che scagionavano i colleghi erano ideologicamente false in merito alle condizioni di salute di “manifestate da Stefano Cucchi nella notte fra il 15 e il 16 ottobre 2009, omettevano di presentare denuncia per iscritto all’autorità giudiziaria, così come prescritto dalla legge”.