Tiscali.it
SEGUICI

Come è cambiato il virus visto dagli ospedali, i costi dei no vax e i morti sempre più giovani

I racconti più impressionanti arrivano dai medici, dagli infermieri, dagli Oss, dalle prime linee, da chi da due anni non fa ferie e si trova ad affrontare l’ennesima ondata, sempre più sconfortato da una pandemia che sembra non finire mai

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Covid (Ansa)
Covid (Ansa)

Come sempre, i racconti più attendibili e più impressionanti arrivano dai medici in corsia, dagli infermieri, dagli Oss, dalle prime linee, da chi da due anni non fa ferie e si trova ad affrontare l’ennesima ondata, sempre più sconfortato da una pandemia che sembra non finire mai e, soprattutto, da una fascia di cittadini che non si vaccina e se ne frega dei loro sforzi, della loro disponibilità che a volte arriva anche al sacrificio della vita (è valso soprattutto per i medici di base nella prima ondata).

La Liguria

E, come sempre, la Liguria – che ha la popolazione più anziana d’Italia – è una cartina di tornasole per analizzare i numeri: fra i 28-29 ricoverati di questi giorni, 23 sono le persone che non hanno ricevuto nessun tipo di immunizzazione, nemmeno la prima dose, e gli altri sono persone arrivate gravi in ospedale per varie patologie e a cui il tampone ha evidenziato anche la positività al Covid.

E tutto fa pensare che andrà peggio. Agostino Banchi, che guida lo staff degli statistici che, come abbiamo raccontato spesso su Tiscalinews, ha azzeccato tutte le previsioni preconizza, tabelle e istogrammi alla mano preconizza: “Se non vi sarà un aumento di consapevolezza durante le feste la situazione, dopo, sarà decisamente drammatica”.

Così come fanno impressione i numeri di Giovanni Toti, che oltre ad essere presidente della Regione Liguria è anche assessore regionale alla Sanità: gli over 80 vaccinati con almeno una dose sono il 97,43 per cento, quelli compresi tra i 70 e i 79 anni sono l’85,57 per cento, la fascia 60/69 anni vede l’88,27 per cento di vaccinati, coloro che hanno tra i 50 e i 59 anni hanno almeno una dose nell’87,23 per cento dei casi, la fascia 40/49 è all’84,20 per cento, la fascia 30/39 anni è all’85,41 per cento, la fascia tra i 20 e i 29 anni al 91,25 per cento e i vaccinati con almeno una dose di età compresa tra i 12 e i 19 anni sono l’82,07 per cento.

Il dato che impressiona

Dove il dato che impressiona di più è quello dei ragazzi fra 20 e 29 anni, quasi il sei per cento in più degli ultrasettantenni, segno di un senso civico e di responsabilità di molto superiore a tutti gli altri (fatta eccezione per gli over 80 il cui dato però è molto alto anche per le vaccinazioni a tappeto nelle RSA e fra i ricoverati negli ospedali). “Sicuramente – spiega Toti – dai giovani nella fascia 20/29 abbiamo avuto un ottimo segnale di grande sensibilità perché il 91,25 per cento di questi risulta vaccinato con almeno una dose. Da loro bisogna prendere esempio per evitare che il virus corra e che diventi difficile contenerlo, con le conseguenze che ben sappiamo e la difficoltà per il sistema sanitario regionale di far fronte anche alle altre patologie”.

Ma, oltre ai numeri, ci sono anche le testimonianze di chi vive ogni giorno in prima linea, a partire da Angelo Gratarola, responsabile del Dipartimento interaziendale regionale di emergenza-urgenza e direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, il più grande d’Europa.

Gratarola è il “capo” di tutti i pronto soccorso e quindi monitora di secondo in secondo tutti gli accessi dei malati nei punti di prima assistenza. In una situazione ospedaliera dove, nuovamente, la maggior parte degli ospedali e dei reparti ha richiuso alla possibilità di visite a parenti, esattamente come lo scorso anno.

Le differenze

Ma se c’è un’analogia su questo, sono molte anche le differenze, a partire dalla durata delle degenze, nettamente inferiore: “All’interno degli ospedali vediamo cose un po’ diverse rispetto allo scorso anno: vediamo casi clinici, almeno in media intensità, meno gravi, che generano degenze più brevi con maggiore facilità di dimissione”.

E in questa lettura pesano anche i dati delle ospedalizzazioni rispetto alle positività, un terzo rispetto allo scorso anno: allora erano il 21 per cento dei positivi, oggi “solo” il 7 per cento.

Diversa invece l’esperienza nelle terapie intensive: “I casi che arrivano in terapia intensiva sono gravi come quelli dell’anno scorso e anche la mortalità è la stessa. Devono quindi essere posti in luoghi dove non possano contagiare altri e possano ricevere, al contempo, le cure tipiche delle situazioni critiche. Si trovano in terapia intensiva per ragioni diverse, non per la polmonite da Covid. Se è infatti vero che la media intensità sta vedendo una malattia un po’ diversa rispetto all’anno scorso, lo stesso non è all’interno delle terapie intensive. Ciò è ancora legato al fatto che questa popolazione che si seleziona nella gravità non ha protezione. Non avendo protezione, finisce per sviluppare quadri clinici con mortalità significativa, che supera anche il 40 per cento”.

Un numero impressionante

Un numero impressionante, il 40 per cento di mortalità in terapia intensiva, quasi sempre per il quadro clinico più grave di chi ha il Covid insieme a comorbidità e che quindi, indirettamente, è una delle cause della morte di questi pazienti, spesso anche relativamente giovani.

Fa impressione, infatti, leggere i bollettini quotidiani delle morti, dove si incontrano molti cinquantenni a fianco dei più anziani, mentre lo scorso anno erano soprattutto ultraottantenni e ultranovantenni, con un calo drastico dell’età dei morti per Covid, nella stragrande maggioranza dei casi non vaccinati e spesso anche senza altre malattie, con i polmoni devastati dal virus e in particolare dalla variante Delta.

In prima linea

E in prima linea, come sempre, è anche Matteo Bassetti, responsabile del Dipartimento interaziendale regionale di Malattie Infettive e direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino che spiega: “Per quanto riguarda la media intensità e quindi i reparti di Malattie Infettive, al San Martino in questo momento, su circa cinquanta pazienti ricoverati, tolti quelli in terapia intensiva, solo uno ha bisogno di alti flussi di ossigeno, ovvero del casco. Ciò significa che il 98 per cento dei pazienti ricoverati ha un quadro non grave, che non configura il quadro di Covid, ma nella maggior parte dei casi si configura semplicemente la positività del tampone con presenza di altre patologie. Questa è la grande differenza che c’è tra il dicembre di quest’anno e lo stesso periodo del 2020 quando, su quaranta posti letto in Malattie Infettive, avevamo trentacinque pazienti con il casco”.

E proprio la mancata necessità del casco è la chiave di volta per capire le differenze fra le varie ondate: “La diversità dell’attuale situazione è frutto del fatto che molti dei pazienti che noi oggi abbiamo ricoverati sono vaccinati, ma si trovano in ospedale perché presentano una positività al tampone, senza tuttavia avere una patologia Covid. Un ulteriore punto riguarda la grande spinta che abbiamo ricevuto negli ultimi dieci giorni sui monoclonali, che non solo vengono recepiti dai Medici di Medicina Generale, ma per i quali ha iniziato ad esserci anche il passaparola tra le persone. Posso dire che questa settimana i monoclonali sono veramente esplosi come mai era avvenuto sino ad oggi: solo negli ultimi due giorni abbiamo somministrato oltre trenta monoclonali nella Clinica di Malattie Infettive del San Martino di Genova. Ad oggi, in Liguria, abbiamo trattato oltre mille pazienti con gli anticorpi monoclonali, ponendoci, in rapporto al numero di abitanti, nettamente al primo posto in Italia come utilizzo di questo presidio farmacologico, che ha dato una grande mano in termini di riduzione dei ricoveri. Di questi mille pazienti, probabilmente più della metà non sono transitati in ospedale. Un risparmio, a livello di ricoveri, anche in termini di costi”.

I costi

Certo, perché ci sono anche i costi: solo in settembre, quindi in un mese non particolarmente drammatico, anzi “soft” in qualche modo il costo dei non vaccinati è stato di 70milioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Non serve aggiungere altro.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
I più recenti
Scontri derby Juve-Toro, 23 ultras denunciati e 73 daspo
Scontri derby Juve-Toro, 23 ultras denunciati e 73 daspo
Scontro auto-corriera, un morto e diversi feriti nel Bolognese
Scontro auto-corriera, un morto e diversi feriti nel Bolognese
Manfredi: dall'impegno dei sindaci agenda Anci dei prossimi anni
Manfredi: dall'impegno dei sindaci agenda Anci dei prossimi anni
Plenum Csm boccia riforma Giustizia, votata proposta critica
Plenum Csm boccia riforma Giustizia, votata proposta critica
Teleborsa
Le Rubriche

Alberto Flores d'Arcais

Giornalista. Nato a Roma l’11 Febbraio 1951, laureato in filosofia, ha iniziato...

Alessandro Spaventa

Accanto alla carriera da consulente e dirigente d’azienda ha sempre coltivato l...

Claudia Fusani

Vivo a Roma ma il cuore resta a Firenze dove sono nata, cresciuta e mi sono...

Claudio Cordova

31 anni, è fondatore e direttore del quotidiano online di Reggio Calabria Il...

Massimiliano Lussana

Nato a Bergamo 49 anni fa, studia e si laurea in diritto parlamentare a Milano...

Stefano Loffredo

Cagliaritano, laureato in Economia e commercio con Dottorato di ricerca in...

Antonella A. G. Loi

Giornalista per passione e professione. Comincio presto con tante collaborazioni...

Lidia Ginestra Giuffrida

Lidia Ginestra Giuffrida giornalista freelance, sono laureata in cooperazione...

Alice Bellante

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli...

Giuseppe Alberto Falci

Caltanissetta 1983, scrivo di politica per il Corriere della Sera e per il...

Michael Pontrelli

Giornalista professionista ha iniziato a lavorare nei nuovi media digitali nel...