Francesco e la pace da ricucire, un appello anche per la giornata mondiale dei lebbrosi
All’Angelus gli auguri a quanti festeggiano il Capodanno lunare. La priorità di stare dalla parte dei giovani alla maniera di don Bosco.

Impegnarsi per la pace e la concordia, essere operatori di pace cercando di ricucire le divisioni e i conflitti è un modo di vivere la fede cristiana. Lo ha ripetuto oggi papa Francesco all’Angelus. Essere cristiani non alla maniera dei compaesani di Gesù, che – osserva Francesco - pur ascoltandolo non lo riconobbero, ma alla maniera di Dio. Da Gesù i suoi compaesani “più che una parola di verità, volevano miracoli, segni prodigiosi”, insomma una scorciatoia ricorrendo all’intervento straordinario di Dio che ci libera dall’impegno attivo e responsabile per fare il bene. Anche oggi Dio invita “anche noi a” credere nel bene, a non lasciare nulla di intentato nel fare il bene”.
Analoghi pensieri il papa li aveva inseriti già ieri sera nel telegramma di felicitazioni a Sergio Mattarella per la sua rielezione a Presidente della Repubblica. “In questi tempi caratterizzati dalla pandemia in cui si sono diffusi molti disagi e incertezze – vi si legge tra l’altro – specialmente nell’ambito lavorativo, ed è aumentata, insieme alla povertà, anche la paura che porta a chiudersi in se stessi, il suo servizio è ancora più essenziale per consolidare l’unità e trasmettere serenità al Paese”. Due gli esempi portati oggi dal papa sul come è possibile fare il bene. Quello dei ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma che hanno concluso proprio oggi l’annuale iniziativa della Carovana della Pace e don Bosco, il santo dei giovani di cui si celebra domani la festa liturgica.
“Con affetto – ha detto Francesco - saluto i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma! Sono qui in gruppo. Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dai genitori, dagli educatori e dai sacerdoti assistenti, siete venuti – un piccolo gruppo, per la pandemia – al termine della Carovana della Pace. Il vostro slogan è Ricuciamo la pace. Bello slogan! È importante! C’è tanto bisogno di “ricucire”, partendo dai nostri rapporti personali, fino alle relazioni tra gli Stati. Vi ringrazio! Andate avanti! E adesso liberate verso il cielo i vostri palloncini come segno di speranza… Ecco! È un segno di speranza che ci portano i ragazzi di Roma oggi, questa “carovana per la pace”.
Quanto a don Bosco, il papa ha invitato a pensare “questo grande Santo, padre e maestro della gioventù, non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica. Tanti auguri a tutti i salesiani e le salesiane!”. Di pace il papa ha continuato a parlare in un altro saluto a quanti, in tutto l’Estremo Oriente e in varie altre parti del mondo, celebrano dal 1° febbraio il Capodanno Lunare, una sorta di festa della Primavera alla quale prendono parte anche i cattolici dei rispettivi paesi. “In questa circostanza, rivolgo il mio cordiale saluto ed esprimo l’augurio che nel Nuovo Anno tutti possano godere la pace, la salute e una vita serena e sicura. Com’è bello quando le famiglie trovano occasioni per radunarsi e vivere insieme momenti di amore e di gioia! Molte famiglie, purtroppo, non riusciranno quest’anno a riunirsi, a causa della pandemia. Spero che presto potremo superare la prova. Auspico, infine, che grazie alla buona volontà delle singole persone e alla solidarietà dei popoli, l’intera famiglia umana possa raggiungere con rinnovato dinamismo traguardi di prosperità materiale e spirituale”.
Da ultimo un ricordo per la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. Che ricorre oggi. “Esprimo la mia vicinanza a quanti soffrono di questa malattia e auspico che non manchino loro il sostegno spirituale e l’assistenza sanitaria. È necessario lavorare insieme alla piena integrazione di queste persone, superando ogni discriminazione associata a un morbo che, purtroppo, colpisce ancora tanti, specialmente in contesti sociali più disagiati”. Un invito infine a tutti per non somigliare ai compaesani di Gesù tanto saccenti e orgogliosi pensando di conoscerlo davvero mentre non furono capaci di riconoscerne la sua realtà profonda.
“E noi – chiede papa Francesco suggerendo un possibile esame di coscienza -, siamo accoglienti o assomigliamo ai suoi compaesani, che credevano di sapere tutto su di Lui? “Io ho studiato teologia, ho fatto quel corso di catechesi… Io conosco tutto su Gesù!”. Sì, come uno scemo! Non fare lo scemo, tu non conosci Gesù. Magari, dopo tanti anni che siamo credenti, pensiamo di conoscere bene il Signore, con le nostre idee e i nostri giudizi, tante volte. Il rischio è di abituarci, abituarci a Gesù. E così come ci abituiamo? Chiudendoci, chiudendoci alle sue novità… Noi dobbiamo uscire da questo rimanere fissi sulle nostre posizioni. Il Signore chiede una mente aperta e un cuore semplice. E quando una persona ha una mente aperta, un cuore semplice, ha la capacità di sorprendersi, di stupirsi.