[La polemica] Lo tsunami silenzioso che sta travolgendo le banche: 22 mila impiegati perderanno il lavoro e i manager prenderanno il bonus
Entro il 2019, dalle banche italiane dovranno andarsene più di ventimila addetti. C’è infatti un piano esuberi che prevede 22mila uscite a fronte di quasi 3.600 assunzioni. Si tratterebbe in gran parte di un esodo incentivato per evitare – come invece accade in altri Paesi europei – un’ondata di licenziamenti più o meno a raffica. Secondo il sindacato in sette anni in Italia sono stati chiusi quasi 7.000 sportelli bancari
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La notizia in apparenza non è tra quelle che appassionano più di tanto, perché quando si parla di banche c’è sempre la sensazione che la realtà raccontata sia assai diversa dalla “realtà reale”. Del resto, i recenti salvataggi di istituti di credito messi a rischio dal perverso intreccio politica-finanza, hanno rafforzato nell’opinione pubblica l’idea che comunque c’è un’Italia di privilegiati e di intoccabili che alla fine si salva sempre a scapito della collettività. Quindi le banche non sono quasi mai un tema di grande appeal.Semmai sono fonte di rabbia e di feroci frustrazioni.
Ma la notizia a cui accennavo all’inizio è un po’ diversa dal solito
Entro il 2019, dalle banche italiane dovranno andarsene più di ventimila addetti. C’è infatti un piano esuberi che prevede 22mila uscite a fronte di quasi 3.600 assunzioni. Si tratterebbe in gran parte di un esodo incentivato per evitare – come invece accade in altri Paesi europei – un’ondata di licenziamenti più o meno a raffica. Ma tant’è. Secondo il sindacato autonomo Fabi, in sette anni in Italia sono stati chiusi quasi 7.000 sportelli bancari: scelte che non sono frutto di strategia aziendale ma indirizzate semplicemente ad abbattere i costi di gestione. Della serie: anche le banche tagliano. Tutte, o quasi tutte, riducono il personale.Anzi, quelle che più funzionano, più tagliano, perché oggi la buona gestione aziendale sembra essere quella che prescrive di incidere sulle cosiddette “risorse umane”, mettendo in campo tutti gli accorgimenti e gli strumenti del caso: tecnologia, delocalizzazione, outsourcing e contratti a scadenza ravvicinata.
Le banche, almeno in teoria, sono macchine per far soldi
Nella pratica costituiscono un settore che non è immune dalla rivoluzione digitale e dagli sconvolgimenti che essa sta provocando in tutto il mondo. Secondo uno studio condotto da esperti dell'università di Oxford, nel settore finanziario potrebbero essere persi da due a sei milioni di posti di lavoro. In particolare, si fa riferimento allo sviluppo che stanno avendo le “Blockchain” (tecnologia che regola i meccanismi delle transazioni in criptovalute, di cui la più nota è il Bitcoin) e le nuove frontiere della “Intelligenza Artificiale”, che potrebbe portare le banche tradizionali a ridurre il numero dei dipendenti fino al 90%.
Si “stressano” gli utili per far felici analisti e azionisti
Spesso però la “digital disruption” viene usata per far passare operazioni il cui obiettivo primario è semplicemente quello di “stressare” gli utili facendo felici analisti e azionisti, con scarso interesse alle politiche di media e lunga durata. Ovvero, si raccoglie tutto quel che c’è da raccogliere nell’immediato e pazienza per chi verrà dopo. Questo, ovviamente, riguarda nonsolo il settore del credito, ma con le banche il panorama diventa più plumbeo che altrove, caricandosi di interrogativi preoccupati e perfino paradossali. Del tipo: quelli che dovrebbero custodire i nostri risparmi e magari ci consigliano investimenti di lunga durata, sono gli stessi che puntano a razzolare nel breve e poi chi vivrà vedrà? Andiamo bene...
L’equilibrio tra stabilità e sviluppo non è mai un gioco facile
In questo quadro di “mordi e fuggi”, la categoria protagonista è quella del management. I manager delle banche chiamati a gestire gli istituti alle prese con la difficile transizione di questi anni, spesso hanno il compito di garantire alla proprietà la preservazione del capitale con la contestuale attivazione di tutte quelle leve utili a non perdere il treno dell’innovazione e della globalizzazione dei mercati. Insomma: non arretrare e al tempo stesso porre le condizioni per lo sviluppo. Detta così sembra semplice, ma l’equilibrio tra stabilità e sviluppo non è mai un gioco facile, sia per l’enorme fluidità delle condizioni di contesto, sia per i tempi (e la pazienza) che un lavoro simile richiederebbe.
“Razionalizzare” e “ottimizzare”
Dunque i manager che fanno? Nella gran parte dei casi lavorano sul breve (brevissimo) periodo e puntano a portare risultati che siano facili da percepire e da apprezzare. Quindi da premiare. E qui veniamo al punto centrale del problema. Da sempre, nelle banche, la strada più breve ed efficace per far quadrare i conti è quella di incidere sul costo del personale. In qualche caso si possono vendere proprietà e cespiti messi via negli anni, ma gli interventi strutturali sono quelli che mirano agli organici. “Razionalizzare” e “ottimizzare” sono i verbi che vanno per la maggiore. Suonano bene ma la loro traduzione è quasi sempre la stessa: taglio. Tagliare i costi alla voce “lavoro dipendente”, spesso significa far girare i numeri in maniera virtuosa cambiando drasticamente i destini di un bilancio. Significa, in poche parole, portare da subito quei risultati che ai manager fanno brillare i bonus di cui è costituita la cosiddetta “parte variabile” delle loro retribuzioni. Più il manager taglia, più guadagna: questa è la sintesi. Un po’ brutale se vogliamo, ma anche i tagli agli organicisono leggermente brutali. Si taglia e si scarica sulla collettività il peso di migliaia di persone espulse dal ciclo lavorativo.
Il Governo dovrebbe vigilare
In tutto questo, come è piuttosto semplice vedere, il convitato di pietra è sempre lo stesso: la politica. Non dovrebbe essere forse il governo - e più in generale lo Stato attraverso i suoi strumenti d’indirizzo e controllo - a sorvegliare e, se necessario, a intervenire? I costi delle brillanti operazioni di manager più o meno disinvolti, non si ripercuotono forse sulla collettività in termini di tensioni sociali, riduzione della capacità di spesa delle famiglie, mancanza di prospettive per i figli? Se una banca taglia centinaia di dipendenti, sarà legittimo chiedersi quale strategia stia perseguendo e pretendere di radiografare il suo piano industriale?
Top-manager saluteranno tutti con una liquidazione milionaria
L’esperienza anche recente di aziende italiane che hanno espulso migliaia di lavoratori, insegna che poi quelle persone si ritrovano con i loro sindacati sotto i ministeri italiani a urlare slogan all’indirizzo del tal ministro o del sottosegretario di turno. E intanto il Ceo dell’azienda che ha messo quelle donne e quegli uomini in mezzo a una strada, saluta tutti con una liquidazione da decine di milioni e si prepara ad assumere un nuovo incarico. Dove porterà la sua esperienza e la sua squadra di tagliatori. Con le principali testate giornalistiche del Paese che - anziché farsi delle severe domande sul valore etico e sulle conseguenze strutturali di tutto ciò - compileranno gustose classifiche sui top-manager più pagati e sulle loro spettacolari buonuscite, non mancando - naturalmente - di ricordarne le ultime imprese nel teatrino del gossip.