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[L'analisi] "Can che abbaia non morde”. Ecco perché Pd e M5S non credono allo strappo di Renzi

Prima di mettersi a far di conto su quanti numeri ha il governo al Senato conviene aspettare di capire cosa vuole fare davvero l'ex premier

Ettore Maria Colombodi Di Ettore Maria Colombo   
[L'analisi] 'Can che abbaia non morde”. Ecco perché Pd e M5S non credono allo strappo di Renzi

Forse è vero, come dicono al Nazareno parlando di Renzi, che “can che abbaia non morde”: paragonano le impuntature di Renzi contro gli altri partner della maggioranza come la finta lite tra Fiorello e Tiziano Ferro al Festival di Sanremo: buona per eccitare le opposte tifoserie, specie sui social, ma superficiale e,soprattutto poco seria. Certo, se invece il rapporto tra Iv da un lato e Pd e M5S dall’altro dovessero trasformarsi nella guerra vera, con tanto di calci e sputi, come quella tra Morgan (alias Renzi) e Bugo (alias Zingaretti), beh allora sarebbe davvero un altro paio di maniche e la situazione, dentro la maggioranza di governo sarebbe più che compromessa. Non resta che attendere qualche giorno, anche perché il tormentone ‘prescrizione sì/prescrizione non così/ prescrizione forse’ durerà molto di più di una settimana, il tempo del Festival di Sanremo. Anzi, rischia di trasformarsi in un ‘Cantagiro’ a tappe dove ognuno urla più forte. In ogni caso, lo stato dell’arte della giornata, sul fronte governo, registra diversi, e assai mutevoli, stati d’animo.  

L’entende cordiale tra Conte, Pd e M5S ha blindato l’accordo  

Il primo è quello che vede, con Conte in mezzo, M5S e Pd, Di Maio e Bonafede, più che il povero Crimi (il quale dimostra di non avere alcuna voce in capitolo, con i suoi imbarazzati silenzi), aver stabilito una ‘entende cordiale’ con Zingaretti e il Pd al grido di ‘bullo di Firenze, non ci fai paura, il tuo è un bluff’. Detta in modo meno volgare, si tratta non tanto di “cacciare” Renzi e Italia Viva dal governo e dalla maggioranza (senza i parlamentari ‘italovivi’, banalmente, non ci sarebbe più né una maggioranza né un governo) ma di neutralizzarne gli strappi e di andare avanti come si può.  

Per i dem “quello di Renzi è un bluff”. I tempi impossibili del voto anticipato  

Anche perché le parole di Renzi di questi giorni (“Io e noi di Iv non vogliamo far cadere il governo, ma se il presidente del Consiglio vuole che lasciamo, ci mettiamo un quarto d'ora”) appaiono, agli smaliziati occhi dei dem, come il gioco del cerino: “Matteo si è messo paura e ora non sa più come rinculare senza perdere la faccia, ma non farà mai cadere questo governo – spiegano – perché Mattarella gli ha fatto sapere chiaramente che, dopo Conte, ci sono solo le urne”. I dem, però, qui fanno i conti senza l’oste: dopo il referendum costituzionale del 29 marzo, un mese di necessaria vacatio legis, due mesi per ridisegnare i collegi e adeguarli al nuovo numero dei parlamentari (tagliato, a occhio), altri 55 giorni minimo per sciogliere le Camere e indire i comizi elettorali, è bella che arrivata l’estate e non si può più andare a votare in via anticipate. I dem e i 5Stelle si fanno scudo di tale timing, ma anche a Renzi può aiutare a convincere i peones che si potrebbe aprire la strada per un nuovo governo ma ‘istituzionale’.  

La via escogitata è di inserire la norma sulla prescrizione in un emendamento al Milleproroghe  

E così gli alleati provano, più che a sanare, a gestire come possono la rottura sulla prescrizione consumatasi nel vertice notturno di giovedì scorso e, in pratica, non ancora sanata, anche perché la patata bollente frena la partenza della “fase due” dell'esecutivo giallorosso. L'intesa raggiunta da M5s, Pd e LeU per modificare la legge Bonafede sulla prescrizione passerà da un emendamento al decreto Milleproroghe, ma dovrà anche registrare il dissenso – ormai conclamato - di Iv nelle votazioni in commissione (si presuppone che escano, al momento del voto, o si astengano) ma poi il provvedimento va blindato in Aula con un voto di fiducia sia alla Camera che al Senato per diventare legge entro fine febbraio, anche perché altrimenti il governo rischia seriamente in entrambi i rami del Parlamento di finire ‘sotto’. E poiché i renziani dicono, da Renzi in giù, di non voler far cadere il governo, dal punto di vista della tattica parlamentare sarebbero costretti a dire sì o non votare.  

I renziani potrebbero astenersi o uscire dall’aula, ma se votano no la crisi di governo di fatto è aperta, ma nessuno gli crede… 

Un voto contrario, infatti, al di là del suo successo pratico (se si sommassero ai voti delle opposizioni di centrodestra a ranghi compatti, la maggioranza gialloverde avrebbe i numeri lo stesso alla Camera, ma rischierebbe molto al Senato fino al punto di poter persino cadere), comporterebbe, nella prossemica della politica, un segnale chiaro: su un tema cruciale come quello della giustizia, la maggioranza va in pezzi. Conte non potrebbe che prenderne atto e, come minimo, salire al Colle per una valutazione sul da farsi. La crisi di governo sarebbe di fatto aperta anche se potrebbe, paradossalmente, risolversi con un nuovo voto di fiducia al governo: i renziani, infatti, potrebbero dire prima un rotondo ‘no’ al compromesso trovato sulla prescrizione e poi dire un altrettanto rotondo ‘sì’ a una nuova fiducia cui si sottoporrebbe il governo. Gli italiani capirebbero poco il tutto, ma il governo sarebbe salvo.

Dato che, però, una crisi di governo sai quando e su cosa la apri, ma non sai mai con chi e soprattutto come la chiudi, meglio non rischiare. Conte e Zingaretti, più i ministri ‘governisti’ dell’M5S, più LeU, lavorano dunque, alacramente, a possibili compromessi.  

Sull’accordo di governo arriva il via libera anche dell’Anm  

Un assist all'intesa siglata dal premier con Pd, M5s e Leu arriva anche dall'Anm. L'accordo, l’ormai famoso “lodo Conte bis” prevede che la prescrizione si blocchi dopo sentenza in primo grado ma venga “restituita” all'imputato in caso di assoluzione in appello. C’è chi giudica l’escamotage un pasticcio giuridico, ai limiti dell’incostituzionalità, e c’è a chi piace, specie tra i giudici. “Non ci sembra una soluzione irragionevole” dice il segretario dell'Anm Giuliano Caputo che contestualmente invita il governo a “riprendere la riforma del processo penale”, ma avverte anche che, nel merito, se la norma è incostituzionale sarà la Consulta a dirlo.  

Zingaretti avverte: “basta picconi, è tempo della ‘fase due’”  

L'intenzione di Conte è di portare in Consiglio dei ministri la prossima settimana - forse non lunedì ma nei giorni successivi - la riforma del processo penale, ma depurata dalla controversa norma sulla prescrizione. Il Pd, sia con Nicola Zingaretti che con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, lo sprona ad andare avanti con l'agenda di governo per lanciare la “nuova fase” a partire dall'economia: “Basta polemiche e picconi, è il tempo di costruire”. Insomma, per il Pd è sempre di più lui, Conte, “il punto di riferimento dei progressisti” come già detto dal leader dem.  

E così seguendo il metodo del ‘compromesso’ e della ‘coincidentia oppositorum’ di gesuitica memoria (ma il vicesegretario Andrea Orlando la mette giù cattiva: “Ora è il tempo di mediare, non di fare le verginelle” e ce l’ha, appunto, con quelle che considera le ‘finte’ verginelle renziane), si proverà a superare non solo il nodo della prescrizione, ma anche il prossimo scoglio della revoca della concessione ad Autostrade (in questo caso la mediazione potrebbe portare a una revoca parziale, da fare solo in Liguria).  

Ma Renzi assicura che “io sulla prescrizione non mollo”  

Ma sulla giustizia Renzi non intende mollare e fa sapere che le sue ministre valuteranno se votare la riforma del processo penale e potrebbero decidere di non partecipare al Consiglio dei ministri. Un atto di guerra che, appunto, se portato alle estreme conseguenze sul piano del voto parlamentare porterebbe dritti al patatrac mentre se si tramutasse in un’astensione o in un’uscita dall’aula saremmo sempre nel campo dei proverbi contadini (can che abbaia, etc.). Quanto al merito, cioè all’accordo tecnico sulla prescrizione, si era valutata l'ipotesi di un decreto per recepire l'accordo a tre, ma la via non pare praticabile perché non vi sono ragioni di particolare urgenza e il Colle, sugli strumenti, vigila sempre corrucciato.  

Il percorso parlamentare potrebbe aiutare a trovare l’intesa  

Di qui un cambio di strategia. Una soluzione sarebbe affidare il “lodo Conte bis” a un percorso tutto squisitamente parlamentare. Vorrebbe dire, come osserva Federico Conte di Leu, autore del marchingegno che ha fatto quadrare il cerchio tra Pd e M5S, “fare uno sforzo per recuperare Italia viva sul merito”. Un’apertura, dunque, per cercare di ‘sopire’ i bollenti spiriti dei renziani. C'è anche – nel campo dei ‘tessitori’ e dei ‘mediatori’ chi, tra i dem, sarebbe per concedere una sospensione della riforma Bonafede di sei mesi e chi da Iv fa sapere che se il blocco della prescrizione partisse dal secondo grado e non dal primo, ci si potrebbe ragionare. Ma Bonafede non vuole concedere più di quanto ha già fatto e fonti di governo M5s fanno sapere che l'accordo “è granitico”, Renzi o non Renzi. Dunque, lunedì dovrebbe essere presentato alla Camera un emendamento al decreto Milleproroghe per recepire l'accordo sulla prescrizione. Sulla norma ci sono forti dubbi di ammissibilità perché il decreto contiene solo norme di proroga dei termini: per superarli, si sta studiando un meccanismo che preveda una breve sospensione della legge Bonafede entrata in vigore a gennaio, dopo la quale scatta la modifica. L'emendamento dovrebbe essere depositato lunedì e, se ammissibile, essere votato prima in commissione (senza i voti di Iv) e poi in Aula con la fiducia. In ogni caso, il governo deve agire con una certa fretta perché entro fine mese andrà convertito il Milleproroghe e il 24 febbraio arriverà nell'Aula della Camera la pdl di Enrico Costa (Fi) che chiede l'abrogazione della riforma Bonafede sulla prescrizione: su entrambe le misure – anche se, come già detto, più al Senato che alla Camera - potrebbero convergere i voti del centrodestra e dei renziani, con il reale rischio di mandare sotto la maggioranza.  

I problemi stanno, però, tutti al Senato, ‘ballerino’ di suo… 

Ma i problemi, appunto, stanno tutti altrove, e cioè al Senato: già in commissione, quando ci arriverà, ficcato dentro al Milleproroghe, la norma-accordo sulla prescrizione rischia di essere bocciata, proprio grazie ai voti di Iv. Anche lì l'idea sarebbe poi blindare l'accordo con la fiducia in Aula e, se Iv votasse contro la questione di fiducia posta dal governo, saremmo al punto di partenza: un manifesto atto ostile contro la maggioranza che, provocherebbe, di fatto, l’apertura formale della crisi di governo. L'effetto che si prefigge il governo, con la norma sulla prescrizione, sarebbe inoltre anche far decadere la proposta di legge Costa che mirava a riformare, cancellandola, la legge Bonafede. Ma Costa fa sapere di avere pronte nuove iniziative e lo stesso Renzi sarebbe pronto a presentare una legge sulla prescrizione in Senato, anche perché – dicono fonti di Iv – “sono loro che vogliono buttarci fuori dal governo. Se fanno un emendamento e lo ficcano nel Milleproroghe, facendo decadere i nostri, è un atto di guerra”.  

La decisione finale di Renzi farà la differenza: cane o lupo?  

Il percorso è irto di ostacoli, insomma, e non privo di incognite. C’è una sola consapevolezza che mette di buon umore Pd e M5S: “Iv, per ora, non intende far cadere il governo” dicono entrambi. Can che abbaia, appunto, non morde. Sarà davvero così? Prima di mettersi a far di conto su quanti numeri ha il governo al Senato (pochi, di fatto sotto la maggioranza assoluta e fatidica dei 161) conviene aspettare di capire cosa vuole fare davvero Renzi. Se il solito ‘giamburrasca’ e ‘guastatore’ che urla alla luna, abbaia, ma non morde, o il cane lupo che la luna, e il governo, se lo mangia.  

 

Ettore Maria Colombodi Di Ettore Maria Colombo   
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