[Il caso] Passo indietro di Mittal: ora si tratta e si cerca l’accordo per salvare Taranto, la fabbrica e il lavoro
Quattro ore di vertice. La multinazionale indiana accetta di nuovo il tavolo lasciato bruscamente il 5 novembre. In cambio ottiene una dilazione dei tempi dei processi civile e penale. La svolta dopo l’atto d’accusa dei pm milanesi
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C’è un tavolo su cui trattare. Ci sono le parti protagoniste della trattativa, il governo italiano premier e due ministri, e Lakshmi e Aditya Mittal, padre e figlio proprietari della multinazionale leader al mondo della produzione di acciaio. E c’è un progetto per gli impianti siderurgici di Taranto e per i suoi 10.700 dipendenti più altrettanti dell’indotto. Non c’è ancora una soluzione. Ma la differenza, sostanziale, è che i signori Mittal hanno capito ieri sera che da quel tavolo non se ne possono andare. A meno che non siano disposti a pagare risarcimenti molto alti, penali pari a 150 mila euro per ogni licenziamento, a mettere in conto guai penali di un certo spessore e, perchè no, anche una figuraccia mega galattica che tutto sommato non fa mai piacere anche se sei una multinazionale miliardaria. Il danno reputazionale pesa sui budget.
Conte e i suoi ministri
“L’accordo ora è sul tavolo ma deve essere ancora costruito” sintetizza poco prima della mezzanotte una fonte di governo dopo l’incontro durato quattro ore tra il premier Conte e i ministri Gualtieri e Patuanelli e i signori Mittal. L’ultima volta s’erano visti il 6 novembre. Un incontro drammatico dove padre e e figlio Mittal andarono solo per comunicare il loro addio a Taranto e all’Italia. Nelle stesse ore i legali depositavano a Milano, dove ha la sede legale Arcelor Mittal Italia, l’atto di recesso dal contratto affitto firmato nel 2018 con i commissari della ex Ilva. Poche ore dopo l’ad Lucia Morselli comunicava alla rsu il cronoprogramma delle “ferma” degli altiforni. Insomma, una fuga più che la chiusura di un rapporto produttivo e commerciale. All’avvocato Conte fu subito chiaro che lì c’era qualcosa che non andava. “Ci vediamo in tribunale e sarà la battaglia legale del secolo” fu la promessa del premier che subito dopo ha chiamato il paese a fare “sistema” perchè l’Italia non può perdere l’acciaio e meno che mai Taranto.
La svolta grazie ai magistrati
Una battaglia di principi che in questi venti lunghi giorni non sembrava dare molti risultati. Fino all’inizio di questa settimana. Quando - era lunedì - il presidente del Tribunale civile di Milano, dove i legali di AMI hanno incardinato l’atto di recesso, ha scritto un comunicato per avvisare che era necessario, per non dire urgente, riavviare subito la produzione di acciaio negli altiforni e tenere a regime gli stabilimenti. In caso contrario la lista dei danni e dei guai per la multinazionale sarebbe stata lunga e impegnativa. Se quel giorno il dossier Ilva ha iniziato a cambiare “verso”, oggi è stato chiaro ai manager AMI che a Taranto stanno rischiando grosso. Proprio ieri alle 14, infatti, la procura ha depositato l’atto con cui si schiera al fianco dei commissari straordinari nella vertenza civile (udienza fissata per il 27 novembre). Un atto di dieci pagine che sono un pesante atto di accusa, comunque pieno di ombre e zone grigie, nei confronti del management AMI. E che certamente hanno spinto a più miti consigli Lakshmi, presidente e Ceo del gruppo e Aditya, Mittal già prima di entrare a palazzo Chigi dove alle 19 era previsto l’incontro “decisivo” con il governo italiano.
Quattro ore
La trattativa è stata lunga. Più di quattro ore. Ma c’è stata. E il confronto è iniziato proprio da quelle dieci pagine che i magistrati milanesi avevano notificato via pec alle parti alle 14. Pagine in cui, sulla base dei verbali - peraltro pieni di omissis, segno che c’è ancora molto da sapere sulla gestione della fabbrica - di quattro manager AMI e uno ex Ilva, viene fuori o una gestione dissennata, da incapaci che sbagliano ogni previsione industriale e dopo appena un anno dall’acquisto; oppure un vero e proprio piano per svuotare Ilva e prenderne le quote di mercato.
Lo scambio
Il bullone che ha tenuto inchiodato il tavolo della trattativa è, in sintesi, uno scambio: Mittal dia garanzie sulla continuità produttiva è in cambio ci potrebbe essere un rinvio sull'udienza processuale a carico di ArcelorMittal in calendario mercoledì prossimo. Fissato il bullone, presa posizione intorno al tavolo, è stata avviata la trattativa impostata con, si spiega, “l’obiettivo di rimettere in piedi le acciaierie e, con loro, la città di Taranto”, città con troppe ferite dopo anni di guai e disastri. Più tardi arriva al tavolo anche Lucia Morselli, ad di ArcelorMittal in Italia, più volte citata nelle carte e nei verbali.
“Lo scudo penale è un pretesto”
Non si parla di scudo penale che i pm hanno definito “un pretesto”. Morselli, in quanto ad, è stata invece responsabile di tutte le comunicazioni di questo ultimo mese, anche quelle fortemente contestate dai pm come l’ordine di spegnimento. Concluso l’incontro, stanchissimo dopo giornate con agende molto fitte - ieri a Roma c’era anche Moscovici per non parlare del dramma 5 Stelle dopo la ribellione su Rousseau e il via libera a liste proprie in Emilia Romagna e Calabria - Conte ha spiegato come il problema non sia lo scudo. “Mi preoccupa molto di più l'obiettivo di ottenere un piano industriale sostenibile. Per noi Taranto non è più solo lo stabilimento ex Ilva ma una comunità di cittadini che attende risposte e la politica deve essere all'altezza di queste richieste”. Ci sono imprenditori e gli altri “campioni nazionali” che hanno risposto all'appello di Conte e hanno presentato progetti per la città di Taranto. Un percorso integrato a quello che porta, nelle speranze del governo, a far tornare le acciaierie un punto di forza dell'economia italiana.
Rinviare l’udienza
Una volta accertato il passo indietro dei Mittal dal proposito di recedere dal contratto, sono stati fissati gli altri paletti. Il rinvio dell'udienza, innanzitutto. “Per consentire che questo processo possa partorire un piano ecologico, il risanamento ambientale e l’acciaio pulito - ha spiegato Conte una volta concluso il faccia a faccia - dobbiamo assicurare un rinvio dell'udienza e chiederemo ai commissari una breve dilazione dei termini processuali, lasciando in pregiudicato qualsiasi diritto di difesa. Siamo disponibili a concedere questo differimento a condizione che ArcelorMittal garantisca la continuità produttiva”. Dunque, oltre che il tavolo ci sono anche gli obiettivi: “Un nuovo piano industriale che assicuri il massimo impegno nel risanamento ambientale”. E, perchè no, “anche nel piano di transazione energetica”. I Mittal avrebbero comunque chiesto garanzie economiche. Il governo sta valutando l'ipotesi di un “coinvolgimento pubblico”. Non si tratta di proprietà ma di quota/parte.
Stop esuberi
Sull’occupazione il paletto alzato da Conte è stato “garantire il massimo livello di occupazione”. Il governo può coprire “anche con misure sociali, se necessarie, in accordo con le associazioni sindacali”. Sono così usciti dal tavolo i 5000 esuberi pretesi fin dal primo giorno della crisi. Semmai duemila messi a riposo e in cassa integrazione. Alla fine Conte si è concesso un siparietto e ha fatto omaggio al vecchio Mittal del suo libro “L’impresa responsabile”. Mittal senior è sembrato contento. L’ha aperto compiaciuto. Di ufficiale, sul tavolo per Taranto, non ha detto però ancora nulla.